ADDIO
AVVOCATO
Ricordare
la figura di Gianni Agnelli
è un compito arduo, in
poche righe non si può
minimamente pensare di poter
riassumere la storia
di un uomo che nel corso
della sua vita ha cambiato
letteralmente le sorti
economiche del nostro paese.
La FIAT nell’occhio del
ciclone da sempre, oggetto
di battibecchi all’interno
delle camere, destra e
sinistra con i loro ideali
hanno osannato e buttato nel
fango il nome di una persona
e di una azienda che da
sempre rappresentano
l’Italia nel mondo per
quanto riguarda
l’economia. Crediamo che
l’immensa folla di operai
stia a testimoniare la
grandezza di questo
personaggio che dall’alto
della sua posizione ha
sempre rispettato umilmente
tutti i suoi lavoratori. Dal
punto di vista sportivo
Agnelli è sempre stato un
presidente con la “P”
maiuscola. Il suo stile di
vita si rifletteva nello
sport,
chi entrava a far
parte della famiglia della
“ sua” Juve doveva
accettarne anche le regole.
Mai una polemica contro
arbitri ed avversari e
soprattutto mantenere un
decoro personale nel campo e
fuori. Nacque così il
leggendario “stile
Juve”, il modo di essere
dell’avvocato veniva
rispecchiato nella dirigenza
da Gianpiero Boniperti e nel
campo da Giovanni Trapattoni.
Erano gli anni della grande
Juve, una squadra fatta di
lottatori alla quale però
mancava la stella che ben
presto arriverà. Agnelli
rimase incantato in una
notte parigina da un nuovo
fuoriclasse che portava il
nome di Michel Platini. Il
francese quella sera 23
febbraio 1982 fece gol
all’Italia in una partita
amichevole, mostrando colpi
di genio. Gianni Agnelli per
un “tozzo di pane”
acquisterà quello che poi
rimarrà alla storia come il
più grande calciatore della
storia bianconera.
L’avvocato stravedeva per
i cosiddetti “Numeri
10”, diceva sempre di
possedere un fiuto per i
campioni e come dargli
torto, dopo Michel,
arrivarono alla Juve in
successione Baggio, Del
Piero e Zidane un parterre
davvero fenomenale. Per
Agnelli la Juve non è stato
mai un passatempo, al
contrario lo ha aiutato a
scandire il tempo che passa,
aggiungendogli vita agli
anni, e non anni alla vita.
Un giorno un cronista gli
domandò: “Avvocato vinca
la Juve o vinca il
migliore?”, la risposta
eloquente è di quella che
rimane ben impressa: “Sono
fortunato perché spesso le
cose coincidono”. Mai una
polemica, mai una frase di
troppo, i suoi commenti
erano riflessivi e
soprattutto onesti.
Criticava la squadra quando
era il caso di farlo e ne
elogiava le lodi nei momenti
più belli. Simpatiche le
sue battutine ironiche, ne
ricordiamo una davvero molto
bella nel periodo dei
processi di Palermo alla
mafia: “Buscetta è tifoso
della Juve? Questa è
l’unica cosa della quale
non si deve pentire”. Il
suo arrivo al campo di
allenamento dei bianconeri,
era sempre atteso - e
desiderato - dai cronisti,
sicuri di avere da lui
battute destinate
immancabilmente a fare
titolo. E l'appuntamento di
metà agosto a Villar Perosa,
per la tradizionale
amichevole in famiglia della
Juventus nella Valle Chisone,
era il prologo alla stagione
calcistica. "Voglio
ricordare che gli sarebbe
piaciuto festeggiare la
terza stella - ha detto un
commosso Marcello Lippi,
allenatore della Juve,
appresa la notizia - chissà
chi gliela regalerà,
comunque la vedrà di sicuro
dal cielo". Un signor
Presidente, rispettato ed
amato da tutti proprio per
il suo modo di essere.
Ritornare alle polemiche di
Sensi, alle frasi di Moratti
dopo lo scudetto perso lo
scorso anno, ci fa
rabbrividire, pensando che
oggigiorno lo stile e la
classe di chi dovrebbe
guardare gli altri da una
posizione privilegiata è
ben poca cosa, forse si
tratta di eccesso di potere,
sta di fatto che l’umiltà
è un dono di Dio del quale
l’avvocato era ben
fornito. Ultimamente Agnelli
versava in cattive
condizioni fisiche, dalle
sue visite americane non
arrivavano buone notizie,
una telefonata a Moggi
nell’aprile dello scorso
anno faceva capire a tutti
quello che poi sarebbe
accaduto: “Moggi si
sbrighi a vincere che non mi
resta troppo tempo”.
Quello scudetto strappato
all’Inter in quel famoso 5
Maggio solo ora acquista un
valore davvero importante,
quel 26° scudetto cucito
sul petto rappresenta un
successo da ricordare,
l’unico davvero importante
per una società abituata a
vincere che deve davvero
molto a chi ha dedicato la
sua vita per un unico grande
amore a tinte bianconere.
di Gianmarco Balestrieri
27/01/2003
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