(RENATA
SCIELZO) - “Ci sono calciatori che con
un miliardo si fanno la Ferrari, lo yacht,
io mi ci sono comprato la maglietta del
Livorno. Tutto lì.”
A pronunciare questa frase il numero 99
amaranto, capitano, bandiera e simbolo del
Livorno. Insieme a Igor Protti al quale
l’amministrazione comunale ha di recente
conferito la cittadinanza onoraria,
Cristiano Lucarelli, bomber e talento
indiscusso del calcio nostrano, è diventato
il simbolo della squadra e della città
labronica. Ma non solo. E’ il simbolo
dell’attaccamento alla maglia, dell’ amore
per la propria squadra del cuore, di un
calcio dal sapore antico, che non insegue
lustrini e miliardi, ma si muove lungo le
coordinate del cuore e della passione.
A testimoniarlo la storia di questo ragazzo.
Piedi buoni, stacchi di testa imperiosi, un
talento innato, il fiuto del goal e una sola
maglia: quella amaranto. La maglia di una
squadra che il “calciatore che disse no al
miliardo” ha trascinato in A, con la quale
l’anno successivo ha vinto la classifica
marcatori, realizzando ben 24 reti, con la
quale, dopo che erano suonate le sirene di
grandi e grandissime, ha disputato la coppa
Uefa.
A rendere onore alle scelte antisistema e in
controtendenza di Cristiano Lucarelli da
oggi c’è un film che ne racconta la
parabola, tra difficoltà, dubbi e rifiuti.
Il docu-film, perché si tratta di un film
documentario, ricco di testimonianze e
aneddoti, e di cui è protagonista lo stesso
Lucarelli, è stato realizzato da Federico
Micali ed è liberamente ispirato al libro
“Tenetevi il miliardo” di Carlo Pallavicino,
edito da Baldini e Castoldi.
La storia sembra un racconto di Osvaldo
Soriano o di Edoardo Galeano, ma non ha
nulla di fantastico e immaginifico, è storia
vera e tutti lo sappiamo.
E’ la storia di un calciatore che ha
trasgredito le regole del sistema calcio, un
sistema che non conosce sogni e passioni, un
sistema che rende molti calciatori zingari
di professione, quando non addirittura
mercenari alla mercè (ci scusi il gioco di
parole) del dio denaro. E’ il racconto di
una rinuncia e di un rifiuto d’amore che in
pochi avrebbero fatto. Qualche altro
giocatore è rimasto legato alla sua maglia,
ma con ben altre prospettive, ben altri
compensi, ben altri sponsor, ben altra
visibilità.
ll film è uscito dopo più di un anno di
lavorazione ed è stato presentato giovedì in
anteprima a Livorno, la Livorno di Cristiano
Lucarelli:quella città diversa, popolare,
passionale, diffidente, orgogliosamente
“rossa”, che si snoda tra i cantieri navali
e le gradinate dell’Ardenza. Quella città
che ha dato i natali ad uno che la domenica
non dedica i suoi goal alla moglie o alla
fidanzata, all’allenatore o alla famiglia,
ma agli operai cassintegrati. In palese
dissonanza con lo sport system - molti non
condividono le sue esternazioni sopra le
righe - a Cristiano Lucarelli non si possono
non riconoscere coerenza, una buona dose di
talento, uno spirito libero e anarchico,
fieramente anticonformista, fieramente
orgoglioso e una passione vera per il
pallone e per il gioco, una passione da
tifoso che si palesa ogni domenica sul
campo.
Il film è stato distribuito nelle edicole
toscane in allegato a “Il Tirreno” e alla
rivista “L’occhio e la Luna”.
A partire dai primi di aprile, dopo rigorosa
anteprima nelle sale di Livorno, potrà
contare su una capillare distribuzione
nazionale che partirà dal circuito delle
sale cinematografiche.
Un film indipendente e con un bellissima
colonna sonora perfettamente in linea con il
progetto, cui hanno partecipato i Modena
City Ramblers, la Banda Bardò, la Banda
Bassotti, gli Yo yo Mundi, i Gatto ciliegia
contro il Grande Feddo; un film che chi ama
il calcio DEVE andare a vedere; un film che
farà commuovere, sognare e soprattutto
sperare, sperare in un calcio nuovo, non
mercificato; un calcio che guarda a
Lucarelli e che non ne giudica i “pugni
chiusi”, ma ne esalta le scelte e la
sensibilità.
Ultimo dei romantici, Cristiano Lucarelli,
ha interpretato e interpreta alla perfezione
il senso romantico e la possibilità di
salvezza di un calcio ormai quasi scomparso.
“La storia del calcio è un triste viaggio
dal piacere al dovere. A mano a mano che lo
sport si è fatto industria è andato perdendo
la bellezza che nasce dall’allegria di
giocare per giocare. Per fortuna appare
ancora sui campi di gioco, sia pure molto di
rado, qualche sfacciato con la faccia sporca
che esce dallo spartito per il puro piacere
di lanciarsi verso l’avventura proibita
della libertà”
Eduardo Galeano – Splendori e Miserie del
gioco del calcio
Vedere per credere!