• DETTI E CONTRADDETTI – AMENITA’ DALLA TERZA DI RITORNO E DINTORNI •

11/2/2008

(RENATA SCIELZO) – Il campionato è finito ieri sera sotto gli occhi di tutti. E’ Cambiasso il giocatore che ha decretato il verdetto. L’Inter è anzitempo campione di Italia.
Da decidere il secondo posto, con la Juve a quattro lunghezze dalla Roma, lunghezze che potrebbero decisamente diminuire sabato prossimo venturo, quando all’Olimpico di Torino si consumerà lo scontro diretto tra la seconda e la terza.
Per decidere il secondo posto, lettori, stesso meccanismo in vigore per il primo. Ieri le ex giacchette nere nostrane, all’uopo colorate, si sono esercitate a partire dal pomeriggio, per mostrare la loro super condizione (n.d.r. sono davvero in ottima forma) in serata.
Prima a Udine, poi a Catania, i signori preposti all’assegnazione del tricolore hanno sfoderato una prestazione coi fiocchi. Gli spettatori allo stadio e quelli numerosissimi alla tv non hanno potuto fare altro che plaudire dinanzi a tanto rigoroso impegno. E tra un rigore non dato e un fuorigioco grande quanto una casa non segnalato, ieri - ed è il caso di dire finalmente – i direttori di gara e i loro fidi collaboratori hanno portato a termine egregiamente il loro compito, la loro piccola rivoluzione. Sull’onda dello slogan “Decidiamo noi, decidiamo noi” hanno preso il sopravvento su tutto e su tutti e dimostrato spirito di corpo e potere decisionale DA VENDERE.
Peccato che il super partes Collina non abbia potuto subito redimere i sobillatori. Il nostro era a Marassi a seguire Sampdoria – Napoli, partita il cui direttore di gara non ha aderito alla manifestazione “Decidiamo noi, decidiamo noi”.
Questo ed altro ieri dai campi, questo ed altro ieri durante le cronache alla tv, questo ed altro ieri nei salotti televisivi tra commenti imbarazzati, giustificazioni inaccettabili e moviole incontrovertibili. Spettatore d’eccezione sprofondato in poltrona Luciano Moggi avrà ghignato e sorriso. Il sistema Moggi ha fatto proseliti. Lo stile Juve fa tendenza. Sull’onda del trendy che impazza, Inter e Juve, chi più chi meno, vanno a braccetto, inossidabile coppia, come e meglio di Domenico DOLCE e Stefano GABBANA. La Roma di R. Sensi, con qualche ritocco, si attesta sullo stile “DOLCE E GABBATA”, sebbene Zamparini la pensi diversamente. Il presidente del Palermo continua ad attribuire il successo giallorosso sul Palermo ad un raccattapalle – ironia della sorte juventino - , che anzi tempo avrebbe rimesso in campo la palla che Mancini avrebbe mandato in goal.
Pensavamo a dribbling, tunnel, parabole perfette, goal da metà campo, rovesciate e colpi di testa? Niente di più peregrino e fuori moda. Il nostro calcio è avanti. Queste sono bazzecole per ragazzini, quelle che si vedono nei polverosi campionati sudamericani.
Il nostro paese deve svecchiarsi, seguire la moda, lanciare la moda. Dobbiamo essere trendy, stilish, cool.
Indossiamo tutti una bella maglia a strisce, questa stagione vanno le righe nere e azzurre, ma in seconda battuta il bianco e il nero sono un classico che non passa mai di moda, andiamo allo stadio per assistere alla farsa, antico genere teatrale oggi davvero a la page, oppure accomodiamoci a casa in poltrona per seguire alla tv le ultime tendenze della moda, per apprendere come si sfila tra fuorigioco non visti, calci di rigore non dati o regalati, ammonizioni e espulsioni comminate e dosate a creare un’atmosfera perfetta e situazioni di cui poi nessuno, visti gli ampi successi, potrà lamentarsi.
Ma non dappertutto nell'italico bel paese la moda impazza. Alcune città di Italia continuano ad essere terribilmente dietro, TERRIBILMENTE OUT. Città piccole, un tempo le chiamavano “provinciali”, che contro Milano e Torino non hanno speranze. Qui la moda del fuorigioco non visto, del calcio di rigore non dato o regalato non la fanno, la subiscono.
Catania, Parma, Empoli e persino Napoli, la terza città di Italia (e qui la spiegazione è semplice: anche in questo caso è colpa della “munnezza”) non riescono a seguire la corrente, ad essere alla moda.
Anche Roma, la capitale, sembra essere indietro; a Roma si decidono i giochi, si lanciano le strategie, le tendenze del momento, ma poi la città con quel giallorosso e con quel biancoceleste d'antan rimane ancorata a vecchie logiche, guarda ai suoi antichi fasti e non si sente votata a certe nuove stupefacenti tendenze.
Che dire è la moda! Tutti pronti a seguirla e a sfilare sul carrozzone, anche gli artisti della penna e della carta. Ma noi no, noi su quel carrozzone non vogliamo salirci.
Preferiamo rotolarci nel fango con abiti lisi e cibarci di pane e sudore. Tutto ciò che conquisteremo sarà nostro: non sarà sfavillante e di tendenza, ma sarà bello, emozionante e senza tempo.
 

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