18/2/2008
(RENATA SCIELZO) – Bentornati all’appuntamento del lunedì, cari lettori. Ci siamo fatti un po’ attendere, ma troppo duro da digerire è stato il verdetto del S. Paolo.
Lo stadio era vestito a festa come nelle migliori occasioni, grazie alla lodevole iniziativa della società di dimezzare il costo dei biglietti. Purtroppo però non tutto è andato nel migliore dei modi, come si addice alle occasioni speciali.
Ad oggi c’è ben poco da festeggiare, poche foto da mostrare, pochi momenti da immortalare. Solo molta rabbia. Un capitombolo che si doveva evitare. Un’umiliazione che i tanti tifosi accorsi al S. Paolo davvero non meritavano.
Sul banco degli imputati Reja, Marino e la squadra, ieri sera riunita a cena dal presidente, forse per parlare, forse per discutere.
Su tutti per noi Paolo Cannavaro e Maurizio Domizzi, ieri baluardi difensivi, oggi giocatori faciloni e forse privi di stimoli. Difficile dire di chi sia la colpa, rintracciare il peccato originale, inutile lavorare sui se e sui ma.
Se la nostra difesa era fino all’anno scorso il fiore all’occhiello di una squadra che tuttavia – lo ricordiamo per amor di cronaca – militava nella serie cadetta, oggi è proprio la difesa uno dei punti dolenti. La difesa è traballante, priva di esterni degni di essere chiamati tali, che siano in grado di garantire copertura difensiva e al contempo di spingere e di proporsi in avanti, con un portiere che – non ce ne voglia il povero Gianello – non trasmette la stessa sicurezza al reparto come era per Superiezzo. Sembra quasi incredibile a dirsi ma proprio la retroguardia azzurra si rivela ad oggi uno dei grattacapi principali per il mister, al di là del cambio di modulo.
I moduli sono importanti, ma il calcio non vive di soli moduli. Sono i giocatori che fanno il modulo. Non viceversa.
Tra le tante x c’è l’incognita Navarro, perché non far giocare questo oggetto misterioso… poi c’è il poco polso di chi è deputato a scegliere, timoroso di togliere un Cannavaro e di lanciare nella mischia un Santacroce... e poi ancora c'è un ragazzo che si sta bruciando, uno che ieri abbiamo portato sugli altari oggi in un batter di ciglia gettiamo nella polvere, queltal Calaiò che forse prima di essere giudicato senza appello meriterebbe qualche minuto in più...
Beghe di casa nostra, che terranno banco per parecchi giorni perché noi siamo sapientoni e c’è sempre chi ci dà modo di essere tali.
Affacciamoci altrove, così tiriamo un sospiro di sollievo e dimentichiamo i nostri mali , anche se come diceva qualcuno: “Chi è causa del suo mal pianga se stesso”.
Guardiamo verso l’alto, così lontano da noi, speriamo un giorno così vicino.
L’Inter si laurea con parecchie giornate di anticipo “campione di Italia” in un campionato che è la quasi fotocopia di quello dello scorso anno; quasi fotocopia perché quest’anno c’è una signora che si chiama Juve, che è lì pronta ad insidiare il secondo posto dei giallorossi. Per il resto tutto scorre quasi abbastanza uguale, con una Fiorentina sempre più tosta e tonica grazie alla cura Prandelli, una buona Udinese, un Milan in formato Champions (e vuoi vedere che la vince di nuovo…) e una novità di nome Sampdoria: una squadra che sta venendo fuori nelle ultime giornate, una squadra rinata a nuova vita grazie non solo all’abile tecnico Mazzarri ( e magari si fosse seduto sulla nostra panchina), ma grazie alle magie del talento più disordinato e imprevedibile del pianeta: Antonio Cassano.
Cassano sta tornando quel Cassano lì, quello visto nell’ultima stagione di Capello alla Roma, quello che mai scambieremmo con Lavezzi, quello che tuttavia potrebbe essere di non poco aiuto alla nazionale azzurra in occasione di Euro 2008.
E qui si aprirebbero un’altra parentesi, altri sondaggi, altre discordanti opinioni. Stavolta siamo pro Cassano, purché la smetta di fare il buffunciello e continui a deliziarci con i piedi come ha fatto ieri pomeriggio.
Per il resto tante chiacchiere e un grosso dispiacere, una sconfitta che brucia forte e che nemmeno il Pocho, anima e corpo di questa squadra e lottatore fino all’ultimo, ha saputo rendere meno amara.
Guardiamo avanti, incrociando le dita e sperando che comunque vada sarà un successo.
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