25/11/2005
(RENATA SCIELZO) -
Si è spento a 59 anni, al Cromwell Hospital
di Londra
Non l’ultimo dei ribelli, ma uno dei più
famosi. Famoso per le sue mirabolanti giocate
e finte in campo, per il suo essere sempre e
comunque sopra le righe, per la sua dipendenza
dall’alcool, che alla fine lo ha annientato.
Non è riuscito a dribblare il peggiore degli
avversari George Best e si è spento a soli 59
anni al Cromwell Hospital di Londra, dove era
ricoverato dal primo ottobre in terapia
intensiva.
Nato a Belfast, Irlanda del nord, il 22 maggio
1946, si è reso famoso per partite
indimenticabili e per dichiarazioni
irriverenti. Pallone d’oro nel 1968, la sua
carriera è stata di quelle brevi ma intense,
stroncata troppo presto a causa dei suoi tanti
vizi, non tutti conciliabili con chi deve
scendere in campo e portare una squadra alla
vittoria.
Gli ultimi giorni ce lo hanno mostrato in una
veste inedita. Dai tabloid inglesi la foto di
un uomo stanco, con gli occhi scavati, che ha
vissuto tanto, se l’è goduta troppo, tra
alcol, pallone e belle donne, che ha dribblato
il suo passato in un ultimo esemplare gesto,
che si addice ai grandi. Ritratto in tutta la
sua fragilità, non più il mito di un tempo,
Gorge Best, vittima di se stesso e del suo
successo, si fa promotore di una campagna
contro l’abuso di alcool, costipato in un
letto di ospedale, flebo, tubi e
quant’altro, grida disperato: “Ragazzi,
non morite come me!”.
Cercando di evitare falsi moralismi e buonismo,
dai quali anzi volutamente vorremmo astenerci,
ci piacerebbe ricordare Gorge Best, eroe sul
campo e calciatore maudit, senza incorrere in
stereotipi e cliché.
La sua vita, fatta di istantanee, è stata
come un film, hanno detto i più, uno di quei
film con l’inizio tra i palazzoni di
periferia a tirar calci ad un pallone, il
successo e le belle donne, la parabola
discendente, con l’abbandono del calcio
giocato, il ricordo dei bei tempi che furono,
il peso del successo, le risse, la galera, il
baratro dell’alcool.
Ma chi è stato “The Best”, il quinto
Beatle, come lo chiamavano gli inglesi? E’
stato davvero uno che ha rivoluzionato il
calcio, come i quattro ragazzi di Liverpool
hanno rivoluzionato la musica?
Pare che sia andata proprio così.
Basti raccontare che il soprannome gli viene
affibbiato dalla stampa portoghese nel 1965,
dopo uno storico match, in cui il buon vecchio
George, calciatore nelle file del Manchester
United, praticamente da solo, mette KO il
Benefica, quello di Eusebio, una delle squadre
da Olimpo calcistico.
Da lì in poi per lui è tutto in discesa: è
idolatrato ed osannato dai tifosi, apprezzato
dalla stampa e dagli esperti del settore; in
tre anni la sua popolarità cresce a dismisura
e il campione ha modo di distinguersi e di
bruciare tutte le tappe.
E’ il 1968, infatti, quando sempre contro il
Benfica, Best si rende protagonista di una
finale di coppa campioni passata alla storia.
A Wembley il Benfica domina fin quando George,
il solito George, non prende per mano la
squadra e segna un indimenticabile goal:
dribbla un avversario con una finta, si
presenta dinanzi al portiere, lo invita
all’uscita e lo infila con una palla
depositata lentamente in rete. Finisce 4-1 con
Best autore di una doppietta e il Manchester
che porta a casa la coppa con le orecchie.
E’ l’anno della definitiva consacrazione,
dell’apoteosi, George a soli 22 anni vince
l’ambito pallone d’oro. Ma come in tutte
le pseudo-favole, parecchie, troppe nuvole si
addensano all’orizzonte. E l’inizio della
fine.
Best fa sua la filosofia dell’eccesso, si
cala nel ruolo di maudit, genio e
sregolatezza, alla stregua di contemporanee
icone pop, tra donne (famose le sue relazioni
con svariate Miss Mondo), motori e fiumi di
birra e alcool: “Ho speso un sacco di soldi
per alcool, donne e macchine veloci... Tutti
gli altri li ho sperperati”.
Di lì a poco, dopo una carriera fulminante,
nel 1974 finisce tutto, dopo l’ultimo
allenamento saltato, dopo le tante troppe
intemperanze, Best abbandona definitivamente i
Red Devils. Tenterà la carriera americana, ma
nulla sarà più come prima. Vittima di se
stesso e fagocitato dal successo, fragile a
tal punto da non riuscire a convivere con il
suo mito, si avvierà sul viale del tramonto
in compagnia di un terribile avversario:
l’alcool, quello stesso alcool, che dopo
averlo annientato e dopo un trapianto al
fegato, oggi ha avuto definitivamente la
meglio.
Nel bene e nel male G. Best ci mancherà,
mancherà agli inglesi, che nel 2004 lo hanno
eletto il miglior sportivo britannico di tutti
i tempi, mancherà a tutti gli appassionati
del bel calcio, perché eroe di un calcio che
fu, il cui talento, come ha detto Sven Goran
Eriksson, ct della nazionale inglese, ha
ispirato chiunque amasse il calcio. La premier
League osserverà un minuto di silenzio in
ricordo del campione, di cui speriamo tutte le
nuove generazioni possano ricordare il talento
e il genio e raccogliere l’ultimo accorato
monito.
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