• CALCIO = GIOCO, IL CALCIO SPIEGATO AI NOSTRI BAMBINI… •

2/12/2005

(RENATA SCIELZO) - Genitori, lasciate che i bambini giochino al calcio anche per divertirsi.
Questo l’appello accorato del ct azzurro Marcello Lippi, il quale ha così proseguito:
"La peggiore categoria in questo settore sono i genitori, quelli che vogliono dai loro figli solo prestazioni da campioni - ha detto - invece, quando un bambino inizia a praticare il calcio lo deve fare per divertirsi". Redarguiti anche gli allenatori delle giovanili: "non devono pensare solo ai risultati e far giocare anche i meno bravi".
Non succede spesso, perché molte volte, le parole e soprattutto le presunte scelte tecniche di Marcello Lippi non ci trovano d’accordo, ma stavolta, almeno in parte, vogliamo complimentarci per quanto dichiarato, apportando una piccola, ma necessaria modifica alla sua dichiarazione.
Genitori, lasciate che i bambini giochino al calcio SOLO per divertirsi.
Le nostre non sono parole a vanvera, ma che derivano dall’esperienza di chi ha visto pulcini ed esordienti, vessati dai genitori, investiti di compiti più grandi di loro, nervosi prima di entrare in un campetto, presi dall’ansia di deludere le aspettative dei genitori, colpevoli spesso di riversare sui figli le proprie frustrazioni, i propri desideri di rivalsa, e talvolta di considerare i propri pargoli non come piccoli calciatori o talenti in erba, ma come potenziali macchine da soldi. Sono parole forti, vero. Ma a chi scrive è capitato spesso, troppo spesso, di assistere a malsane abitudini. “Papà ti compra tutta l’attrezzatura nuova, ti regala questo e questo e quest’altro ancora, ma ti raccomando, devi segnare, devi essere il migliore, altrimenti nulla, giocherai ancora con gli scarpini vecchi e logori”, “Ma come hai fatto a sbagliare quel goal, il nonno al tuo posto avrebbe stecchito quel portiere da quattro soldi, niente giochi per una settimana e niente play station…”. Si potrebbe pensare che sono parole per dare motivazione e stimolo ad un ragazzino, e invece no, bisognerebbe sentire il tono con il quale parole simili vengono pronunciate e ci si renderebbe da subito conto che spesso è tutta un’altra musica.
Intendiamoci, lungi da noi non voler abituare anche i piccoli alla gara, alla competizione (“sana”), stimolarli a migliorarsi, a dare il massimo, ma dobbiamo farlo con moderazione, senza creare ansia da prestazione e soprattutto ricordandoci che è un gioco ed è un gioco di squadra. Non bisogna quindi alimentare logiche egoistiche ed individualistiche o, peggio ancora, incitare allo scontro fisico o ancora, urlare parole e cori davvero poco edificanti contro la squadra avversaria.
Spesso accade. In ogni dove. Su tutti i campetti di Italia. Non ci sono solo i facinorosi degli stadi di serie A, B,C, ci sono anche genitori pronti a prendersi a bottigliate pur di far valere le proprie assurde ragioni(e non si esagera, è un episodio al quale strabuzzando gli occhi abbiamo realmente assistito, dovendo intervenire e dovendo richiedere addirittura l’intervento delle forze dell’ordine…).
Ci è capitato tante, troppe volte di assistere a litigi non solo verbali tra adulti, di vedere ragazzini rimproverati e vittime di scappellotti per non aver dedicato il goal al papà o al nonno o al parente di turno. Non è questo l’esempio che dobbiamo dar loro.
Certo ormai il calcio è dominato da logiche affaristiche e politiche che non è facile spiegare ad un bambino, e nemmeno ad un adolescente, ma è compito precipuo di genitori e mister instillare nei ragazzi il desiderio di entrare sì a far parte del luccicante “pianeta calcio”, ma di farlo divertendosi. Sono proprio i primi calci ad un pallone, le prime emozioni, le prime vittorie, gli inizi, quelli che si ricordano di più. Anche chi salirà sul tetto d’Europa o conquisterà il tanto ambito pallone d’oro, ne siamo convinti, mai dimenticherà le prime partitelle, i primi mirabolanti goal, le prime piccole delusioni, le prime grandi vittorie, che saranno lì a ricordargli quanto lunga è stata la strada percorsa.
E’ stato uno dei campioni di casa nostra, Francesco Totti, a ribadire più volte quanto è delicato il compito di un genitore che segue il proprio figlio sui rettangoli di gioco; spesso ha raccontato quanto gli siano state d’aiuto le scorazzate in macchina con la mamma in giro per Roma da un campetto all’altro, la stima del fratello maggiore o quanto gli pesassero i silenzi del papà, mai prodigo di complimenti, mai pronto a regalargli qualche soddisfazione. Parole che dovrebbero farci riflettere, farci capire quanto importante è insegnare ai nostri ragazzi a crescere con il calcio, a maturare, solo ed esclusivamente divertendosi, seguendoli passo dopo passo, stimolandoli e complimentandosi per i miglioramenti raggiunti, non rimproverandoli per ciò che non si è fatto o che si è sbagliato, evitando di ingenerare ansie e insicurezze. Poi se arriveranno i grossi traguardi, i salti di categoria, i riflettori, il successo e tutto ciò che esso comporta, non sarà che una gioia, una gioia da condividere con coloro che hanno creduto nel talento di turno, lo hanno accompagnato e seguito con amore e dedizione.
Oggi si rivela sempre più difficile rispondere ad un bambino che desidera giocare al calcio e che potrebbe chiederci: “Perché si sono presi a botte?”, “Perché si sono detti brutte parole?”. Proviamo a dire ai nostri ragazzi che sono comportamenti sbagliati, educhiamoli al gioco, al divertimento e prendiamo in prestito le parole che il nostro Marco Capparella, che non ha affatto dimenticato i primi calci ad un pallone a Cinecittà o nella Libertas Centocelle, rilasciò qualche tempo fa in una bella intervista:
“Divertitevi spensieratamente. Il calcio è bello perché vi dà la possibilità di mettervi alla prova con i vostri amici. Non ha senso prendersela tanto. Non esasperate i toni, giocate col massimo impegno e poi si vedrà”.
E ne ebbe anche per i genitori: “Se contate quanti sono i bambini che riescono nel calcio, scoprirete che non sono poi così tanti, almeno in proporzione a quelli che cominciano. Dunque non assillate i vostri figli, non devono essere per forza dei fenomeni, oltretutto nel calcio sfondare è oggettivamente difficile. Lasciateli tranquilli. Saranno loro a verificare le proprie attitudini per poi decidere sul da farsi”.
Che i ragazzi possano divertirsi, giocare con serenità, passione e serietà e se poi all’orizzonte si profileranno scenari più ambiziosi allora: “buona fortuna” e soprattutto “buon divertimento”. Va in scena lo spettacolo più bello del mondo.

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