(GIUSEPPE
PALMIERI) - Calciopoli? I fatti di
Catania? Stadi cristallizzati ai tempi di
Italia '90? Queste, o ancora altre, le cause
della clamorosa bocciatura della candidatura
italiana ad ospitare la fase finale degli
Europei 2012? A Cardiff, il comitato
esecutivo dell'Uefa, presieduto da Michael
Platini, neo-presidente francese, ha deciso
di assegnare a sorpresa Euro2012 a Polonia e
Ucraina, che hanno presentato una vincente
candidatura congiunta. All'apertura della
busta, l'esplosione di gioia dei sostenitori
dei due Paesi dell'Est europeo, e la
contemporanea, evidente doccia fredda dei
vari Pancalli, Carraro, Zoff, Lippi e
persino le lacrime del ministro Giovanna
Melandri.
Ora, a margine della grande delusione, resta
soltanto molto da interrogarsi sui motivi
della bocciatura, sui motivi di quei due
voti in meno (8 a 4 per Polonia-Ucraina),
che ha capovolto le aspettative della
vigilia, favorevoli all'Italia per le note
tradizioni calcistiche e per gli impianti,
sia pure obsoleti, ma comunque tanti
presenti nel nostro Paese.
L'Italia si presentava all'Uefa da Campione
del Mondo in carica (non vogliamo
considerare eventuali "gelosie" come causa
della bocciatura), con sulle spalle
l'esperienza dell'organizzazione dei
Mondiali nel 1934, 1990 e degli Europei nel
1968, vinto proprio dagli azzurri, e 1980.
Presentava la sua grande tradizione
calcistica, il suo n.1 nella classifica
Fifa, le sue metropoli note in tutto il
Mondo, Roma, Milano, Napoli, Firenze e cosi
via. Presentava i suoi stadi, capienti e
pieni di storia di questo sport. Presentava
la sua voglia di migliorare e ripulire il
pallone nostrano, per ospitare alla grande
una edizione da ricordare del Campionato
Europeo. E invece no. Bocciati. Tutte queste
credenziali ignorate, o battute dalla
candidatura polacco-ucraina, due nazionali
mai qualificate alla fase finale degli
Europei, nonostante i due terzi posti
mondiali della Polonia datati '74 e '82, due
nazioni nelle quali gli impianti di Kiev,
Donetsk e Lvov sono da costruire da zero e
gli altri, a Danzica, Poznan, Varsavia,
Wroclaw (Polonia) e Dnipropetrovsk
(Ucraina), da ristrutturare completamente.
Anche i nomi delle città sono, con tutto il
rispetto, davvero poco paragonabili alle
città piene di storia e tradizioni,
calcistiche e non, della penisola italiana.
Allora perchè questa scelta? Come sappiamo,
nel calcio, quando un avversario è più
forte, quando perde, spesso ci sono gol in
contropiede e autoreti. E di autogol
l'Italia del pallone in questi mesi ne ha
fatti tanti. Dallo scandalo nel periodo del
trionfo mondiale di Calciopoli, che con
partite truccate e manovre di controllo del
mondo arbitrale, ha gettato un ombra lunga e
nerissima sul calcio italiano. Alla morte
dell'ispettore Raciti, nella folle notte di
Catania, che ha decretato la bocciatura
totale della sicurezza negli stadi italiani.
Alla notte di Roma-Manchester che ha
confermato questa tesi, con l'aggiunta delle
accuse alla polizia italiana, considerata
inutilmente violenta. Fino a tutti i
problemi emersi nella gestione degli stadi,
tra le città che volevano ristrutturare gli
impianti, a quelle che volevano costruirne
uno nuovo, nonostante il parere contrario
delle società di calcio (vedi caso Napoli).
E alla nota, discutibile gestione dei soldi
derivanti dall'organizzazione del Mondiale
italiano del '90.
Insomma tante, troppe autoreti, soprattutto
negli ultimi mesi, e Polonia e Ucraina hanno
piazzato il contropiede decisivo, con una
candidatura ritenuta più convincente,
ottenendo quei due voti in più che sono
bastati a sovvertire i pronostici, lasciando
all'Italia solo una cocente delusione, una
bocciatura pesantissima sulla quale
riflettere. E le lacrime della Melandri.
Davvero troppo poco.