8/2/2006
Arbitri e dintorni: il caso della domenica.
(di RENATA SCIELZO) - Circa un anno fa, per
la precisione il 31 marzo, a ridosso delle
elezioni regionali del Lazio, governato
all’epoca da Francesco Storace, poi passato
a Piero Marrazzo, AdnKronos batteva questa
notizia, che, alla luce degli ultimi eventi
domenicali, ci fa non poco sorridere. Se
difatti le nostre considerazioni a suo tempo
furono ironiche, ad oggi potrebbero essere
confermate dalla prima all’ultima battuta e
trasformarsi in sarcasmo al vetriolo.
Per i curiosi ad oltranza riportiamo il
testo della notizia, gelosamente custodita
sul fondo di un cassetto, certi di doverla
recuperare ai primi, lampanti errori delle
nostrane giacchette nere:
“Il Centro nazionale di formazione per gli
arbitri di calcio sorgerà a Subiaco, in
provincia di Roma, su un'area di 18 ettari
che ospiterà 2 campi di calcio, 2 di
calcetto, 1 piscina e 1 centro medico. Il
progetto, pensato due anni fa (n.d.r nel
2003) dall'Associazione italiana arbitri
(Aia), è stato finanziato dalla Regione
Lazio con un investimento di 5 milioni di
euro, che andrà a sostenere le spese
dell'opera che si aggireranno intorno ai 19
milioni di euro. L'accordo è stato firmato
nella sede della Regione Lazio dal
governatore Francesco Storace e dal
presidente dell'Aia, Tullio Lanese.”
Così recitava, alle 14.21 del 31 marzo 2005,
AdnKronos.
Se l’ operazione, l’anno scorso, precisiamo,
ben lungi dal farci avvertire odore di
“politica”, aveva allettato e solleticato i
nostri pensieri e la nostra immaginazione,
oggi ci fa quanto meno sorridere, per non
dire ridere a crepapelle, viste le nuove, e
non solo, leve arbitrali all’opera.
Sarà che siamo in clima carnevalesco, ma la
situazione arbitrale degenera sempre più e
gli errori macroscopici sono all’ordine del
giorno: pane per i moviolisti, argomenti di
discussione per i tifosi, oro colato per i
quotidiani sportivi.
La prima domanda, quella che sorse
spontanea, a mo’ di “Carneade chi era
costui?” fu - non a caso - :“Chi formerà
queste future giacchette nere?”. La risposta
più appropriata, anch’essa di manzoniana
memoria fu: “Ai posteri l’ardua sentenza”
ovvero, riletta a modo nostro, “meglio
lasciar correre”. I vari Bertini, Paparesta,
Trefoloni, Rosetti alle prese con le giovani
leve del futuro? Pensammo che sarebbero
stati educati e formati allievi, che, con
non troppe difficoltà, avrebbero messo in
pratica il vecchio adagio: “l’alunno ha
superato il maestro”.
A quanto pare, tuttavia, centro o non centro
sublacense, l’adagio si è rivelato più amaro
del previsto e gli allievi hanno sì superato
i maestri, ma non nella direzione che noi, e
immaginiamo tutti gli sportivi, agognavamo.
Se ieri gli errori arbitrali erano frequenti
più che mai, ora sono la prassi. A farne le
spese prima erano soltanto le piccole a
vantaggio delle grandi, la famosa e tanto
sbandierata “sudditanza psicologica”, oggi
come oggi assistiamo ad errori a go-go ed a
farne le spese sono sempre le piccole contro
le grandi, ma, lorsignori, incredibile,
anche le piccole contro le piccole.
Basti pensare all’ultima domenica italiana,
che ha visto una Juventus prima in
classifica, ma in visibile affanno e
difficoltà contro l’Udinese, aiutata da un
provvidenziale deus ex machina, la giovane
giacchetta nera Dattilo, che con il suo
fischietto ha provveduto a regalare ai
bianconeri (naturalmente quelli made in
Torino) i soliti tre punti e a mantenerli
saldi al vertice della classifica di serie
A.
Ma al contempo bisogna rilevare la splendida
prova di Rosetti e del suo guardialinee sul
campo del Livorno, dove è stato concesso
alla squadra avversaria (n.d.r il Messina)
un rigore per un fallo fuori area di almeno
due metri. Che fortuna la vecchia
signora…all’errore di Dattilo ha risposto
Rosetti e così cade tutto nel dimenticatoio,
o meglio, la discussione si allarga a
macchia d’olio e poco ci si sofferma sui
tanti, piccoli, SUPERFLUI aiuti che nel
corso della storia (si pensi alla stagione
81/82 ed al famoso goal di Turone) la più
amata dagli italiani (e gli arbitri sono
italiani…) ha ricevuto. E del resto VOX
POPULI VOX DEI, senza voler scadere nel
qualunquismo, non è un caso che sulla rete
fioriscano interi siti sulle sviste degli
arbitri quando in campo c’è la vecchia
signora (si sa bianco+nero dà grigio e
annebbia la vista), altro che l’imminente
dossier al quale Moggi starebbe lavorando
per dimostrare che i nerazzurri in questa
stagione sono stati superfavoriti (Ma Signor
Moggi: “l’Inter non vince nemmeno con la
beneficenza!!!”).
Boutade a parte. Che dire? Se alcuni errori
sono umani, altri sono per sudditanza
psicologica, altri, e ci si perdoni, sono la
maggior parte, sono, secondo noi, per
comprovata e, volutamente taciuta, malafede.
Con la casistica e con le statistiche alla
Tosatti potremmo elencare una serie infinita
di episodi, ma non è nelle nostre intenzioni
tediare i nostri 25 lettori, preme solo
rilevare, a due giorni dalla sacrosanta
sospensione di Dattilo, di Rosetti e di
alcuni guardialinee, che questi
provvedimenti andrebbero presi con maggiore
frequenza.
Molti sostengono che sia tutto inutile,
tanto il danno si è consumato, ai danni di
questa o quella squadra, noi non
condividiamo questo modo di fare.
Sospendere un arbitro, fargli capire che non
può con i suoi errori decidere un incontro,
e talvolta modificare il corso di un
campionato, significa dirgli: o righi dritto
e non ti comporti come le famose tre
scimmiette oppure te ne stai a casa.
Sono molti i contrari alla moviola in campo,
al microchip nel pallone e ad altri mezzi
che potrebbero aiutare le giacchette nere ed
ovviare, diciamo così, ad alcuni deprecabili
errori UMANI. E del resto anche noi sulla
moviola in campo nutriamo qualche dubbio:
sospendere le azioni, fermarsi, bisognerebbe
poi riprendere il tempo, come si fa nel
basket, o trovare altre modalità per la
gestione dei 90 minuti. Insomma non ci
convince.
Quello che invece riteniamo possa essere un
metodo infallibile è la prova tv, quella
adottata per punire e squalificare i
giocatori, dopo comportamenti
ingiustificati, falli di reazione,
atteggiamenti violenti e quant’altro. Bene
che la si applichi anche alle giacchette
nere. Chi sbaglia paga. E se gli arbitri
comminano ingiuste ammonizioni o, peggio
ancora, espulsioni, che si restituisca, con
l’ausilio delle immagini, il maltolto alle
vittime sacrificali di turno e che si
puniscano gli artefici di sì marchiani
errori. Non si potranno restituire i tre
punti maltolti o i rigori negati, ma quanto
meno fare un minimo di sacrosanta giustizia.
Ora, ancora non paghi delle nostra
filippica, desideriamo fornire ai nostri
soliti 25 lettori, giusto per dovere di
cronaca, qualche informazione su Subiaco, il
locus amoenus di cui sopra, vale a dire il
posto in cui dovrebbe vedere la luce, cosa
che non è a tutt’oggi accaduta, il Centro
Nazionale e – si dice – addirittura
INTERNAZIONALE - per gli arbitri (altro che
Coverciano!!!!)
Subiaco (dal lat. sub lacus) si trova alle
porte della capitale, precisamente nella val
d’Aniene, prende il nome dai tre laghi
artificiali che si vennero a costituire ai
tempi di Nerone, quando l’imperatore,
seguendo forse il tracciato di anteriori
bacini naturali, fece sbarrare la valle in
tre punti. E’ un ridente e tranquillo
paesino quello che dovrebbe vedere le future
giacchette nere nostrane alle prese con
regole, allenamenti e compagnia bella.
E’ località famosa oltre che per i
lussureggianti boschi soprattutto per essere
un vero e proprio paradiso, un tempo
selvaggio e inaccessibile; è in questo luogo
infatti che nel medioevo si ritirò ad
eremitaggio S. Benedetto ed è qui che
sorsero i due monasteri benedettini di S.
Scolastica e del Sacro Speco, monasteri che,
ancor oggi, è possibile ammirare in tutta il
loro splendore e che costituiscono il vanto
dell’intera comunità sublacense.
Una comunità che ha visto chiudere
definitivamente uno dei suo centri
produttivi più importanti, la Cartiera, 500
anni di storia, sostituita da una non ben
definita attività industriale per lo
stoccaggio dei rifiuti, ma che ha
sicuramente di che rallegrarsi per
l’iniziativa dell’Aia: ben 18 ettari di
verde dedicati allo sport, tanta pubblicità
e tanti nuovi turisti!
E allora! Sarà piacevole fare una
passeggiata in quel di Subiaco, tra
monasteri, campi di calcio e giacchette
nere, godersi le bellezze locali, i boschi,
la cultura che trasuda da ogni luogo e
soffermarsi a pensare ai nostri arbitri, che
nel silenzio che ha visto protagonista S.
Benedetto, a contatto con una natura
lussureggiante, si alleneranno e forse
mediteranno un po’ sul loro prossimo futuro.
Quale luogo migliore del resto per
concentrarsi, per lavorare duramente e con
serietà in vista di un compito così arduo e
impegnativo?
Per i “cattivi” gli arbitri di ieri, di oggi
e di domani, andrebbero ridotti in ginocchio
a consumare il pavimento, in segno di
penitenza; per i “cattivissimi” andrebbero
esposti al pubblico ludibrio ad espiare i
propri peccati; per noi erranti, ma troppo
spesso buoni, andrebbero lasciati in pace in
quel di Subiaco, tra monasteri e campi di
calcio, a godersi aria buona e scorci
naturalistici spettacolari, tra una lezione
sul fuorigioco e una sulle espulsioni.
Forse una mano dall’alto li guiderà (la
solita)? O Forse la divina Provvidenza – ci
si perdoni la blasfemia - farà in modo che
possano redimersi prima del tempo? Ai
posteri l’ardua sentenza.
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