(VINCENZO
CIMMINO)- Campione è colui, almeno
nell’immaginario collettivo, che associa a
delle gesta eroiche una bontà d’animo fuori
dal comune. Nel mondo dello sport il
campione è colui che possiede una tecnica
sopraffina abbinata a correttezza e lealtà
nei confronti dell’avversario. Baggio era un
grande campione, Zola altrettanto, Maldini
pure, Totti invece non può essere definito
tale.
Trentottesimo minuto di Roma-Reggina: alla
squadra capitolina viene fischiato un calcio
di rigore, Totti si avvicina al dischetto di
gesso, il portiere della Reggina Campagnolo,
ex compagno ai tempi delle giovanili della
Roma, gli dice scherzoasamente “Tanto te lo
paro, lo so che tiri a destra”. Totti calcia
il pallone proprio a destra del portiere che
puntualmente lo blocca. Epilogo della
storia: il Pupone si incavola e va su tutte
le furie inveendo contro il numero uno
calabrese. Ma la partita del capitano
giallorosso continua sulla linea del
nervosismo andando poco dopo a ‘sfidare’
Aronica e riprendendo il discorso interrotto
con Campagnolo al momento dell’imbocco del
tunnel degli spogliatoi. Eppure motivi di
tanto nervosismo non c’erano: la Roma si è
sbarazzata agevolmente per 3-0 della Reggina
e l’episodio del rigore poteva
tranquillamente essere preso con ironia,
magari con un sorriso, così come ha provato
a fare Campagnolo in primo momento.
La realtà è che Totti non è nuovo ad episodi
del genere, indipendentemente da rigori
segnati o meno, il numero 10 spesso si è
lasciato sopraffare dal proprio sistema
nervoso-emotivo, caratteristica che lo ha
portato molte volte a perdersi per strada
proprio nei momenti più importanti della sua
carriera, tra zuffe ed espulsioni.
Ricordiamo per esempio l’ultimo episodio in
ordine cronologico quando, indispettito da
una prova non alla sua altezza, al momento
di una giusta espulsione scaraventa
malamente per terra il suo preparatore-amico
Vito Scala, reo di essersi avvicinato a lui
per rincuorarlo.
Probabilmente Francesco Totti, come
sostenuto da più parti, è stato viziato
troppo dall’ambiente che lo circonda; ha
scelto di restare a Roma a vita e Roma lo ha
ringraziato osannandolo ed assecondandolo
sempre e comunque, anche quando ha
palesemente torto.
Apriamo un altro capitolo, Totti e la
Nazionale: quanti di noi capiscono veramente
i motivi della rinuncia del fantasista alla
maglia azzurra? Pochi, perché il pretesto di
voler stare più vicino alla sua famiglia
cade subito quando si pensa che la
convocazione nella selezione del proprio
paese dovrebbe essere il traguardo massimo
per un calciatore, Totti o Pinco Pallino che
sia. Se in centinaia di calciatori fanno
volentieri sacrifici del genere perché non
potrebbe farlo anche lui? Oltretutto Totti
con la maglia dell’Italia non ha mai fatto
vedere cose eccelse e quindi in lui avrebbe
dovuto prevalere il desiderio di rivalsa,
cosa che evidentemente non tange il romano.
Per tanti, troppi di questi motivi, Totti
ormai viene indicato da molti, romani
esclusi, ‘l’eterno incompiuto’, colui che
proprio in questi anni avrebbe dovuto fare
il salto di qualità per diventare il primo
vero campione italiano del nuovo millennio
ma che invece sembra si stia perdendo per
strada.
Totti, il campione che avrebbe potuto essere
Campione…