• TRA RABBIA E FRUSTRAZIONI •

27/10/2006

(RENATA SCIELZO) - Nulla da aggiungere ormai. Nulla più da eccepire. La nostra nazionale ha vinto la coppa del Mondo, ma continuiamo ad essere e forse lo saremo per sempre il paese dei Pulcinella, dei tarallucci e del vino. Luoghi comuni, pregiudizi. Nient’affatto. La triste verità. E’ tardi, ma stare zitti, non si può. Far finta di nulla, solo perché tutto era ormai così SCONTATO, e perdonateci il voluto gioco di parole, proprio non si può.
Il calcio è ora più che mai lo specchio di un paese che va a rotoli. Ma quale esempio diamo alle generazioni future?
Alle 22.30 arriva e avanza lo sconforto. Le sentenze dell’arbitrato confermano la peggiore delle certezze, è stato tutto una grossa bufala, anzi una grossa bolla di sapone. Abbiamo discusso, litigato, passato l’estate a sperare in un repulisti e in una palingenesi generale ed eccoci di nuovo al punto di partenza. Anzi peggio. Perché ora si ha anche la certezza più assoluta che qualsiasi illecito si compia si è coperti, si è tutelati. Perché quando tutto va male ci sono i saldi.
Alle 22.30 sono arrivate le sentenze dell'arbitrato: restituiti 8 punti ai bianconeri e ai biancocelesti, 4 ai viola. Nessuno al Milan. Eh già il regalo il Milan lo aveva già avuto. Alle 22.35, immediata e subitanea, è sopraggiunta la nostra rabbia, una rabbia che non riusciamo ad urlare più con la forza necessaria, e forse nemmeno vogliamo più urlarla, perché non avrebbe senso, perché cadrebbe inascoltata.
Stamane un ragazzo di 16 anni ci chiedeva che ricordi avevamo del primo scudetto del Napoli. Che ricordi avevamo. Eh già ricordi. Sono passati venti anni e tanta acqua sotto i ponti. E non perché adesso il Napoli è in serie B. Quando vincemmo per la prima volta la gioia fu immensa, la festa ancor di più. Il più bello dei sapori: sapore della vittoria. Ma da oggi cosa racconteremo ai ragazzini? Che sapore avranno le vittorie? Esisteranno vittorie da festeggiare? Esisterà ancora qualcuno che riuscirà a seguire una partita di pallone, per quella che dovrebbe essere, uno spettacolo di sport, o tutti, vivremo con il dubbio che le partite, che quella partita finirà così perché un deus ex machina, in giacchetta nera o meno, ha deciso che così deve finire. SCORAMENTO.
La tristezza si fa strada. Pensare che un pallone che rotola e che ci fa venire gli occhi lucidi non lo vedremo nemmeno più sui campetti polverosi di periferia dove ormai i ragazzini si scassano di sostanze proibite nella speranza di diventar campioni o che gli stadi saranno teatro di farse di primissimo ordine ci dice dove siamo arrivati e dove proprio non dovevamo arrivare. ABSOLUTELY. E non c’è giustificazione che tenga. Gli sconti dell’ultima ora hanno confermato una sola cosa: viviamo in un paese di marionette e brogli, un paese che non merita un futuro diverso, migliore.
Chi scrive non è di quegli struzzi, di quelli che insabbiano la testa, che camminano con gli occhi foderati di prosciutto, ma aveva sperato che qualcosa, solo qualcosa, potesse cambiare. Un’utopia.
Stasera ci hanno ammazzato il calcio per la seconda volta, hanno disonorato quello che era il gioco più bello del mondo, l’hanno violentato e spogliato della sua poesia. E a chi lo ama, fa male, troppo male.
Forse chi non ama il calcio in maniera viscerale faticherà a capire, faticherà ad accettare le parole di chi, profondamente deluso ed amareggiato, domani proverà a fatica a spegnere la tv,a dimenticare il rettangolo verde e a dedicarsi ad un buon libro.
Forse è solo amarezza e forse siamo ancora troppo arrabbiati, forse non ci eravamo preparati psicologicamente all’arbitrato, ma diteci voi, e ci rivolgiamo a chi di anni ne ha parecchi, quale favola racconteremo ai nostri figli? La favola dell’orco cattivo Moggi che fagocita tutto o la favola dell’Italia, paese di belle statuine che si lascia trascinare dalla corrente e inerme affonda sotto il peso della vergogna?
 

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