(RENATA
SCIELZO) - Nulla da aggiungere ormai.
Nulla più da eccepire. La nostra nazionale
ha vinto la coppa del Mondo, ma continuiamo
ad essere e forse lo saremo per sempre il
paese dei Pulcinella, dei tarallucci e del
vino. Luoghi comuni, pregiudizi.
Nient’affatto. La triste verità. E’ tardi,
ma stare zitti, non si può. Far finta di
nulla, solo perché tutto era ormai così
SCONTATO, e perdonateci il voluto gioco di
parole, proprio non si può.
Il calcio è ora più che mai lo specchio di
un paese che va a rotoli. Ma quale esempio
diamo alle generazioni future?
Alle 22.30 arriva e avanza lo sconforto. Le
sentenze dell’arbitrato confermano la
peggiore delle certezze, è stato tutto una
grossa bufala, anzi una grossa bolla di
sapone. Abbiamo discusso, litigato, passato
l’estate a sperare in un repulisti e in una
palingenesi generale ed eccoci di nuovo al
punto di partenza. Anzi peggio. Perché ora
si ha anche la certezza più assoluta che
qualsiasi illecito si compia si è coperti,
si è tutelati. Perché quando tutto va male
ci sono i saldi.
Alle 22.30 sono arrivate le sentenze
dell'arbitrato: restituiti 8 punti ai
bianconeri e ai biancocelesti, 4 ai viola.
Nessuno al Milan. Eh già il regalo il Milan
lo aveva già avuto. Alle 22.35, immediata e
subitanea, è sopraggiunta la nostra rabbia,
una rabbia che non riusciamo ad urlare più
con la forza necessaria, e forse nemmeno
vogliamo più urlarla, perché non avrebbe
senso, perché cadrebbe inascoltata.
Stamane un ragazzo di 16 anni ci chiedeva
che ricordi avevamo del primo scudetto del
Napoli. Che ricordi avevamo. Eh già ricordi.
Sono passati venti anni e tanta acqua sotto
i ponti. E non perché adesso il Napoli è in
serie B. Quando vincemmo per la prima volta
la gioia fu immensa, la festa ancor di più.
Il più bello dei sapori: sapore della
vittoria. Ma da oggi cosa racconteremo ai
ragazzini? Che sapore avranno le vittorie?
Esisteranno vittorie da festeggiare?
Esisterà ancora qualcuno che riuscirà a
seguire una partita di pallone, per quella
che dovrebbe essere, uno spettacolo di
sport, o tutti, vivremo con il dubbio che le
partite, che quella partita finirà così
perché un deus ex machina, in giacchetta
nera o meno, ha deciso che così deve finire.
SCORAMENTO.
La tristezza si fa strada. Pensare che un
pallone che rotola e che ci fa venire gli
occhi lucidi non lo vedremo nemmeno più sui
campetti polverosi di periferia dove ormai i
ragazzini si scassano di sostanze proibite
nella speranza di diventar campioni o che
gli stadi saranno teatro di farse di
primissimo ordine ci dice dove siamo
arrivati e dove proprio non dovevamo
arrivare. ABSOLUTELY. E non c’è
giustificazione che tenga. Gli sconti
dell’ultima ora hanno confermato una sola
cosa: viviamo in un paese di marionette e
brogli, un paese che non merita un futuro
diverso, migliore.
Chi scrive non è di quegli struzzi, di
quelli che insabbiano la testa, che
camminano con gli occhi foderati di
prosciutto, ma aveva sperato che qualcosa,
solo qualcosa, potesse cambiare. Un’utopia.
Stasera ci hanno ammazzato il calcio per la
seconda volta, hanno disonorato quello che
era il gioco più bello del mondo, l’hanno
violentato e spogliato della sua poesia. E a
chi lo ama, fa male, troppo male.
Forse chi non ama il calcio in maniera
viscerale faticherà a capire, faticherà ad
accettare le parole di chi, profondamente
deluso ed amareggiato, domani proverà a
fatica a spegnere la tv,a dimenticare il
rettangolo verde e a dedicarsi ad un buon
libro.
Forse è solo amarezza e forse siamo ancora
troppo arrabbiati, forse non ci eravamo
preparati psicologicamente all’arbitrato, ma
diteci voi, e ci rivolgiamo a chi di anni ne
ha parecchi, quale favola racconteremo ai
nostri figli? La favola dell’orco cattivo
Moggi che fagocita tutto o la favola
dell’Italia, paese di belle statuine che si
lascia trascinare dalla corrente e inerme
affonda sotto il peso della vergogna?