Cerco l'estate tutto l'anno
e all'improvviso eccola qua.
Lei è partita per le spiagge
e sono solo quassù in città,
sento fischiare sopra i tetti
un aeroplano che se ne va.
Azzurro,
il pomeriggio è troppo azzurro e lungo per
me.
Mi accorgo di non avere più risorse, senza
di te,
e allora io quasi quasi prendo il treno
e vengo, vengo da te,
ma il treno dei desideri
nei miei pensieri all'incontrario va.
(RENATA SCIELZO) - Si è consumato sotto il
solleone di luglio un addio da tempo
annunciato, che polemiche e frasi dette a
metà, interventi a proposito e a sproposito
di addetti e non addetti ai lavori, amici e
non amici, compagni e non compagni,
estimatori e invidiosi, hanno sicuramente
contribuito ad affrettare. Forse il diretto
interessato ci avrebbe anche pensato un
altro po’, ma la fretta – si sa – è cattiva
consigliera e, stanco anche lui di
“vengo/non vengo”, “gioca/non gioca” “è
convocato/non è convocato”, “parla Donadoni,
parla Riva, parla Albertini, parla Abete,
parla Matarrese”, “interviene Zambrotta e
passa la palla a Materazzi, continua Oddo”,
si scatena Platini (che pensasse all’addio
di Zidane o ancor meglio che stesse zitto),
ha detto picche.
"Ho deciso di smettere per non creare alcun
problema al gruppo e allo staff tecnico;
l'ho presa per motivi fisici e non tecnici.
Ho valutato la cosa per un anno dopo il
Mondiale e ho deciso di smettere. Per me la
mia salute è la cosa più importante. Un tot
di partite all'anno non riesco a farle, a
qualcosa devo rinunciare. Quindi alla
Nazionale. È una decisione che fa più male a
me che ad altre persone. A qualcosa devo
rinunciare e purtroppo devo dire alla
nazionale perché alla Roma non posso, la
Roma ha la priorità".
Troppo azzurro e lungo il pomeriggio, troppo
azzurro nell’aria.
L’addio era ormai prossimo e di sicuro le
tante polemiche sollevate intorno alla
questione non hanno contribuito alla
serenità di un calciatore da questo punto di
vista non troppo maturo e di sicuro - per
chi ha imparato ad apprezzarlo - un po’
permaloso. Un altro clima, di maggiore
comprensione e apertura, forse avrebbe
portato il numero dieci giallorosso ad un
altro tipo di decisione, più meditata e meno
sofferta.
Perché sbaglia chi pensa che a Totti della
nazionale non interessi nulla, sbaglia chi
pensa che la neo scarpa d’oro non abbia
ancora fame di riscatto e di vittorie,
soprattutto con quella maglia che pare
essergli stata sempre troppo stretta o
ancora essere sempre stata foriera di
sventure piccole o grandi. Avrebbe
continuato, se solo avesse trovato non
quello che ha a Roma e che la sua Roma gli
dà, ma un po’ di stima in più, un po’ di
affetto sincero.
Ma non siamo qui per fare i difensori
d’ufficio di Totti, sarà lui stesso con le
sue battute talvolta incomprensibili e con
il suo sorriso sornione, o con il volto
accigliato del dopo Manchester a spiegare
per almeno un altro milione di volte.
Inutile negarlo, anche adesso che l’addio è
definitivo, che Roma ha avuto la priorità su
tutto - come lui stesso ha detto e in molti
con sarcasmo ribadiranno - e che tutto
sommato di carne da mettere al fuco ce n’è
tanta con il calciomercato - pioveranno
critiche e domande che si protrarranno per
l’intera stagione. Tutta manna dal cielo per
giornali, pseudo giornali e salottini
televisivi. CRONACA DI UNA NOIA ANNUNCIATA.
Torniamo all’addio. Un addio che alcune
immagini farebbero rivivere in maniera più
vivida e completa, meglio ancora se
accompagnate dalle tante, troppe
dichiarazioni e dicerie su una delle
questioni che ha tenuto più banco
nell’ultima stagione calcistica (e da qui a
posteriori si deduce quanto poco
entusiasmante sia stato il campionato appena
trascorso). Vorremmo avere la possibilità di
utilizzare tutte le forme di comunicazione
per alternare cucchiai e sputi, occhi di
ghiaccio contro l’Australia e tiri sbilenchi
nelle prime partite mundial, polemiche
ravvicinate e a distanza. Ci scapperebbero
qualche lacrima e un po’ di risate per un
caso creato ad arte dai nostri media, in cui
tutti hanno detto la loro e che si sarebbe
potuto risolvere con poche telefonate e
qualche dichiarazione.
E’ invece ne è venuta fuori una telenovela
degna della nostra Italietta del pallone,
quella stessa che compra i giornali
scandalistici e segue ancora gli sviluppi
della liaison Albano – Lecciso, quella
stessa che trova persino da ridire sul nome
che Totti dà ai propri pargoli.
Basterebbe poco per capire. Basterebbe
accendere play sulla traccia di Azzurro, la
celebre canzone di Paolo Conte,
magistralmente interpretata dal molleggiato
di casa nostra, per capire Totti e la
nazionale, per capire Totti e l’azzurro, per
capire che Totti non è un calciatore
viziato, è un calciatore tifoso. E le due
cose sono ben diverse. Nulla vieta che si
possa condividere o biasimare il suo
atteggiamento, ma lo ribadiamo, è tifoso. Ha
Roma e la Roma nel cuore, ha fatto una
scelta che ha perseguito fino alla fine…ed è
così: PRENDERE O LASCIARE. POLLICE SU O
POLLICE VERSO.
Obiezioni certe: sarà chiamato in causa
Daniele De Rossi, atteggiamento diverso,
ossequioso, qualche stagione orsono ottimi
risultati in nazionale e più discutibili
nella Roma. Tutto vero e giusto. Peccato che
a Daniele sia stato sempre riconosciuto il
suo talento, peccato che Daniele sia stato
sempre portato sugli allori da media ed
esperti. Anche in occasione delle brutta
gomitata mundial è stato perdonato, tutto è
stato come dimenticato. Ha persino timbrato
la vittoria ai rigori…ma se quella gomitata
l’avesse rifilata Totti al malcapitato di
turno…sarebbero ancora fulmini e saette…
Onde evitare fraintendimenti chiariamo
subito che a De Rossi riconosciamo tutto
quello che c’è da riconoscere, tra cui anche
la fortuna e il privilegio di avere un
rapporto più disteso con la stampa e di
veder riconosciuta e stimata la sua bravura.
Totti no. Totti ha sempre fatto parte di
quel manipolo di giocatori che non rientrano
nel novero di “THE UNTOUCHABLES” quanto nel
novero di “suonare la carica = dargli
addosso”. Sebbene con dei distinguo, come
Del Piero o come Baggio, andando un po’
indietro nel tempo. Insomma come i migliori
campioni di casa nostra. Forse aveva ragione
il buon Oscar Wilde: “che se ne parli bene o
che se ne parli male, l’importante è
parlarne”?
Il pomeriggio è stato davvero troppo azzurro
e lungo, Totti quel treno, nonostante quello
dei desideri andasse all’incontrario, l’ha
preso, e in questa calda estate romana è
arrivato al capolinea e ha scelto lei (mi
accorgo di non avere più risorse senza di
te..e allora io quasi quasi prendo il treno
e vengo vengo da te…): la sua Mamma Roma.
Prego signori ultima fermata, accomodarsi e
non dimenticare i bagagli a bordo. HAPPY
END.
E se il viaggio è stato lungo, stancante e
noioso…chiediamo venia anche noi, finalmente
il treno è arrivato.
Godetevi le vacanze ed esercitatevi con
l’inglese:
“Ah! Don’t say you agree with me. When
people agree with me I always feel I must be
wrong”.