5/7/2006
(RENATA SCIELZO) - 4 luglio 2006, nasce
Signor Calcio: azzurro e in fasce tricolori.
Classe 1976, come Totti, come Nesta e forse
qualcun altro tra gli azzurri.
Italia – Germania 4 – 3 di Messico 1970 l’ho
vista solo nelle retrospettive proposte alla
tv. I mondiali dell’82 a malapena li
ricordo: non avevo ancora compiuto 6 anni.
Ero a Milano per la finale, i caroselli e i
tricolori, a stento quelli. Mia madre era su
per lavoro.
Daniele De Rossi, classe ’83, come altri
azzurri nati negli ’80, non ha mai visto
vincere l’Italia, proprio come mio fratello,
nato qualche mese dopo la vittoria dell’82.
In famiglia tutti lo prendiamo in giro: “da
quando sei nato tu l’Italia non vince più”.
Corsi e ricorsi, Fratelli d’Italia e Tv
accese, pizze, birre e famiglie, maxischermi
e adolescenti appassionati, il compianto
Pertini e il presidente Napolitano, Rossi e
Toni, Grosso e Tardelli, analogie e
differenze, sfottò e tanta voglia di urlare
ora come allora, quando Pablito Rossi e gli
uomini di Bearzot ci regalarono la terza
coppa della storia mundial.
C’è fame di vittoria in giro, entusiasmo
alle stelle come non si vedeva da tempo. Eh
sì perché di Italia ‘90 ci ricordiamo sin
troppo bene (il cuore fu diviso e Dio solo
lo sa quanto…), Usa ’94 fu una grande
delusione, poi fu lo sconforto di Francia
’98 e poi l’oblio dell’oblio.
Fino ad oggi, quando - diciamocelo pure - a
crederci non c’era quasi nessuno, nemmeno
gli azzurri stessi, come è scappato in
diretta tv ad un ingenuo Luca Toni.
L’Italia a lottare con i suoi scandali e le
sue pastette, a difendersi dagli attacchi
esterni e dalle critiche piovute a raffica;
il calcio visto come male assoluto della
nostra penisola, quando in realtà ne è
soltanto lo specchio, è soltanto la punta di
un iceberg (vedi altri casi e analoghi
sistemi in voga in altri settori della vita
del Bel Paese…) e tutti a sparare a zero su
calciatori strapagati e multimilionari,
tutti ad ergersi a giudici più o meno
sommari, a proferire il fatidico “Ma dove
siamo andati a finire”.
Eh già, dove siamo andati a finire.
Siamo finiti dritti dritti in finale,
prossimi a sentire qualcuno che imiterà il
compianto Nando Martellini nel suo
indimenticabile triplice urlo (non bisogna
nemmeno pronunciarlo, la scaramanzia deve
accompagnarci fino all’ultimo), pronti forse
a dimenticare. Ma dimenticare non si può.
GIOIRE SI’, FESTEGGIARE ANCOR DI PIU’,
DIMENTICARE NO.
Il calcio va riformato, come ha detto il
nostro premier Romano Prodi, e risanato -
aggiungiamo noi - e sarebbe bello ripartire
proprio da qui, da Germania 2006. Un segnale
forte.
L’Italia come un’araba fenice che rinasce
dalle sue ceneri, si rigenera, ritorna
grande tra le grandi, dà spettacolo, mette a
tacere tutti, cancella via il marcio e ci
regala il più grande dei sogni azzurri: la
coppa del mondo e soprattutto un calcio vero
e genuino, spontaneo e pulito, collettivo e
offensivo, sofferto e voluto, meritocratico
e sudato.
Il sogno di tutti: ricostruire e rifondare
il nostro calcio da qui. Dimostrare che
sappiamo vincere sempre e comunque, senza
bisogno di interventi esterni, di deus ex
machina.
Struggenti i gridi liberatori degli
juventini in campo ieri (e chi parla, lo
assicura, non è una simpatizzante
bianconera…), la loro gioia alle stelle.
Loro più che mai avevano qualcosa da
dimostrare: di saper vincere comunque, di
essere campioni veri.
E nella giornata in cui per la loro squadra
si prospettava l’inferno della C1 hanno
dimostrato quello che chi ama il calcio
sapeva e chi non sapeva auspica: il calcio è
dei calciatori e dei tifosi, dei campioni
veri, non dei Moggi e dei Giraudo, dei
procuratori e dei designatori.
Il calcio va giocato sui rettangoli verdi,
non nelle stanze dei bottoni. Il calcio è
fatica, sudore, passione, non sorteggi
truccati, arbitri compiacenti, dirigenti
mercanti.
E ieri si è visto Signor calcio. Nato il 4
luglio, azzurro e in fasce tricolori,
partorito sui campi di Germania, sotto
mentite e collettive spoglie, quelle di un
gruppo compatto e unito, in cui tutti sono
utili e nessuno è indispensabile, pronto a
farsi grande condottiero, a regalarci una
grande notte magica e spettacolo per i
campionati a venire: A, B, C, quali che
siano.
Le piazze di Italia hanno festeggiato tutte,
da un capo all’altro dello stivale. Non
esistevano differenze tra Nord e Sud,
rivalità tra Totti e Del Piero, tra
juventini e milanisti. Tutti stretti intorno
agli azzurri, tutti a festeggiare il grande
meraviglioso spettacolo del calcio,
l’emozione che quella che è la più grande
delle soddisfazioni sportive solo può dare:
la vittoria. Tutti alla ricerca di quell’
azzurro perduto, ma a lungo agognato.
Un unico grande abbraccio, un tripudio di
tricolori, suoni e colori, quello stesso
tripudio che, accompagnato da simpatici e
mai offensivi sfottò, vorremmo vedere ogni
domenica allo stadio, a partire dal prossimo
RISANATO, PULITO, ONESTO campionato. Perché
il nostro, signori, deve tornare ad essere
il più bel campionato del mondo. Un
campionato che si vince sul campo, perché si
è sudato, lottato e si è stati i più forti.
VIVA L’ITALIA DEL 4 LUGLIO.
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