(RENATA SCIELZO) - Corri capitano e non aver
paura di sbagliare un calcio di rigore/ non
è mica da questi particolari che si giudica
un giocatore/ un giocatore lo vedi dal
coraggio, dall'altruismo e dalla fantasia.
[F. De Gregori]
Per i suoi numerosissimi detrattori il
Francesco nazionale è quello dello sputo a
Poulsen, è quello delle reazioni a caldo, è
quello degli eccessi, è il sopravvalutato, è
quello dei mondiali di Corea finiti male, è
quello che a livello internazionale non ha
vinto nulla, è quello che ha vinto ancora
troppo poco con la sua casacca giallorossa,
è quello che fuori del GRA (grande raccordo
anulare) non conta nulla, è lo sbruffone
esibizionista, icona pop di una Rometta,
come hanno detto in molti, che fatica ad
esser grande e che raccoglie record, ma non
vince nulla, è quello che va in tv a fare la
vittima per le caviglie martoriate, è quello
su cui Lippi avrebbe puntato costringendo
l’Italia a giocare con un uomo in meno, è
quello che non maturerà mai, perché i
campioni sono altri, fuori e dentro il
campo, e si chiamano Alex Del Piero. Alex il
corretto, il buonista, quello che non alza
mai la voce, quello che non risponde alle
provocazioni, quello che ha vinto tanto con
la sua Juventus (e che Juventus…), quello
che ha messo su muscoli e non pancia, quello
che dice di sentirsi come Achille, di essere
al 100%, di meritare un posto da titolare,
quello che ha conquistato molto più di Totti
la fiducia di Lippi, che ieri, da gran
prestigiatore (perché questo è il mestiere
del nostro ct…), – coup de theatre – ha
schierato il bianconero nell’undici
iniziale.
Ma per essere dei campioni non bisogna solo
vincere e non è necessario chiamare in causa
il vecchio adagio di Pierre de Coubertin
“L’importante è partecipare”. CAMPIONI FORSE
SI NASCE. E’ qualcosa che hai dentro.
E Francesco Totti è un CAMPIONE e
soprattutto è un giovane uomo che sta
crescendo. E lo sta dimostrando. Sul campo e
fuori, anche se talvolta manca agli
appuntamenti importanti, anche se delude
proprio quando deve dare il meglio.
E’ un CAMPIONE UOMO. Un campione con le sue
fragilità, le sue debolezze, le sue piccole
grandi intemperanze, i suoi indimenticabili
lampi di genio, le sue iniziative di
solidarietà, mai ostentate come si dice in
giro, ma nella maggior parte dei casi
condotte in sordina e sottobanco..
Non è un fuoriclasse - perché se si cerca la
parola sul vocabolario, accanto non ci si
trova il significato, ma due nomi e un
cognome: DIEGO ARMANDO MARADONA - ma è uno è
uno che ha messo il cuore dentro alle scarpe
e corre più veloce del vento, come dice un
altro Francesco (De Gregori).
E’ uno che ha saputo rialzarsi dopo la più
brutta delle cadute, l’infortunio più grave
della sua carriera, in un momento in cui la
Roma andava a mille e a pochi mesi dai
mondiali che avrebbero dovuto consacrare una
stagione che fino al 19 febbraio era stata
esaltante. Il numero dieci ha trascorso gli
ultimi mesi tra fisioterapia, dieta e
allenamento con un solo obiettivo: giocare i
mondiali di Germania. E forza di volontà,
caparbietà, abnegazione l’hanno portato
direttamente in terra di Germania, ma non
sono bastate tuttavia a spegnere e sedare le
solite, ovvie, stanche, stantie critiche del
giorno dopo e non solo, di giornalisti più o
meno da strapazzo, più o meno improvvisati,
di ex giocatori votati ad una carriera da
commentatori, che si preannuncia peggiore di
quella non sempre esaltante condotta sul
campo.
Ieri finalmente, dopo non giorni, ma anni di
polemiche e contestazioni, di critiche
spesso ingiuste e talvolta provocatorie e
cattive, Er Pupone de Porta Metronia, come
con fare dispregiativo lo chiamano ormai
solo i suoi detrattori, si è preso la sua
rivincita.
Ha calciato il più pesante dei rigori. Un
rigore che significava o dentro o fuori e
l’ha calciato da fuoriclasse. Teso in volto,
ha preso una piccola rincorsa e poi freddo e
impassibile ha tirato spiazzando il portiere
australiano. Lo stadio di Kaiserlautern è
esploso, la gioia degli azzurri è stata
incontenibile, l’Italia intera ha
festeggiato. In molti hanno temuto che Totti
facesse il cucchiaio o che sbagliasse il
rigore e molti, Buffon compreso, non hanno
voluto guardare, ma Totti ha messo a tacere
tutti. E qualcuno ancora dirà che era un
rigore e che chiunque poteva segnarlo, Totti
comunque l’ha segnato.
Lungi da noi ad oggi volerlo elevare al
rango di eroe nazionale, come stanno facendo
proprio coloro che fino a ieri l’avevano
braccato, bistrattato e criticato persino
per essersi portato il parrucchiere di
fiducia (ma saranno pure fattacci suoi…),
noi vogliamo soltanto restituirgli quello
che più volte gli è stato tolto e negato: la
dignità di un campione che non ha nulla da
invidiare a quelli che giocano in club più
blasonati e vincenti, la dignità di un
campione uomo che vuole vivere tra la sua
gente, che ama la sua maglia e i suoi
colori, che ha fatto una scelta d’amore
legandosi alla Roma a vita, che ha resistito
e lottato per giocare questi mondiali e che,
nonostante non sia in forma, potrebbe, anche
con una sola giocata, portarci lontano.
Ieri Totti ha vinto la sua partita più
importante: non ha reagito alle provocazioni
della stampa prima, degli avversari poi, ha
risposto alla grande all’esclusione di Lippi,
facendosi trovare pronto e carico, ha tirato
il rigore più importante. E per favore non
chiamiamolo più Pupone, ma Francesco, come è
giusto che sia.