• LA RIVINCITA DER PUPONE DI PORTA METRONIA •

27/6/2006

(RENATA SCIELZO) - Corri capitano e non aver paura di sbagliare un calcio di rigore/ non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore/ un giocatore lo vedi dal coraggio, dall'altruismo e dalla fantasia.
[F. De Gregori]

Per i suoi numerosissimi detrattori il Francesco nazionale è quello dello sputo a Poulsen, è quello delle reazioni a caldo, è quello degli eccessi, è il sopravvalutato, è quello dei mondiali di Corea finiti male, è quello che a livello internazionale non ha vinto nulla, è quello che ha vinto ancora troppo poco con la sua casacca giallorossa, è quello che fuori del GRA (grande raccordo anulare) non conta nulla, è lo sbruffone esibizionista, icona pop di una Rometta, come hanno detto in molti, che fatica ad esser grande e che raccoglie record, ma non vince nulla, è quello che va in tv a fare la vittima per le caviglie martoriate, è quello su cui Lippi avrebbe puntato costringendo l’Italia a giocare con un uomo in meno, è quello che non maturerà mai, perché i campioni sono altri, fuori e dentro il campo, e si chiamano Alex Del Piero. Alex il corretto, il buonista, quello che non alza mai la voce, quello che non risponde alle provocazioni, quello che ha vinto tanto con la sua Juventus (e che Juventus…), quello che ha messo su muscoli e non pancia, quello che dice di sentirsi come Achille, di essere al 100%, di meritare un posto da titolare, quello che ha conquistato molto più di Totti la fiducia di Lippi, che ieri, da gran prestigiatore (perché questo è il mestiere del nostro ct…), – coup de theatre – ha schierato il bianconero nell’undici iniziale.

Ma per essere dei campioni non bisogna solo vincere e non è necessario chiamare in causa il vecchio adagio di Pierre de Coubertin “L’importante è partecipare”. CAMPIONI FORSE SI NASCE. E’ qualcosa che hai dentro.
E Francesco Totti è un CAMPIONE e soprattutto è un giovane uomo che sta crescendo. E lo sta dimostrando. Sul campo e fuori, anche se talvolta manca agli appuntamenti importanti, anche se delude proprio quando deve dare il meglio.
E’ un CAMPIONE UOMO. Un campione con le sue fragilità, le sue debolezze, le sue piccole grandi intemperanze, i suoi indimenticabili lampi di genio, le sue iniziative di solidarietà, mai ostentate come si dice in giro, ma nella maggior parte dei casi condotte in sordina e sottobanco..
Non è un fuoriclasse - perché se si cerca la parola sul vocabolario, accanto non ci si trova il significato, ma due nomi e un cognome: DIEGO ARMANDO MARADONA - ma è uno è uno che ha messo il cuore dentro alle scarpe e corre più veloce del vento, come dice un altro Francesco (De Gregori).

E’ uno che ha saputo rialzarsi dopo la più brutta delle cadute, l’infortunio più grave della sua carriera, in un momento in cui la Roma andava a mille e a pochi mesi dai mondiali che avrebbero dovuto consacrare una stagione che fino al 19 febbraio era stata esaltante. Il numero dieci ha trascorso gli ultimi mesi tra fisioterapia, dieta e allenamento con un solo obiettivo: giocare i mondiali di Germania. E forza di volontà, caparbietà, abnegazione l’hanno portato direttamente in terra di Germania, ma non sono bastate tuttavia a spegnere e sedare le solite, ovvie, stanche, stantie critiche del giorno dopo e non solo, di giornalisti più o meno da strapazzo, più o meno improvvisati, di ex giocatori votati ad una carriera da commentatori, che si preannuncia peggiore di quella non sempre esaltante condotta sul campo.
Ieri finalmente, dopo non giorni, ma anni di polemiche e contestazioni, di critiche spesso ingiuste e talvolta provocatorie e cattive, Er Pupone de Porta Metronia, come con fare dispregiativo lo chiamano ormai solo i suoi detrattori, si è preso la sua rivincita.
Ha calciato il più pesante dei rigori. Un rigore che significava o dentro o fuori e l’ha calciato da fuoriclasse. Teso in volto, ha preso una piccola rincorsa e poi freddo e impassibile ha tirato spiazzando il portiere australiano. Lo stadio di Kaiserlautern è esploso, la gioia degli azzurri è stata incontenibile, l’Italia intera ha festeggiato. In molti hanno temuto che Totti facesse il cucchiaio o che sbagliasse il rigore e molti, Buffon compreso, non hanno voluto guardare, ma Totti ha messo a tacere tutti. E qualcuno ancora dirà che era un rigore e che chiunque poteva segnarlo, Totti comunque l’ha segnato.
Lungi da noi ad oggi volerlo elevare al rango di eroe nazionale, come stanno facendo proprio coloro che fino a ieri l’avevano braccato, bistrattato e criticato persino per essersi portato il parrucchiere di fiducia (ma saranno pure fattacci suoi…), noi vogliamo soltanto restituirgli quello che più volte gli è stato tolto e negato: la dignità di un campione che non ha nulla da invidiare a quelli che giocano in club più blasonati e vincenti, la dignità di un campione uomo che vuole vivere tra la sua gente, che ama la sua maglia e i suoi colori, che ha fatto una scelta d’amore legandosi alla Roma a vita, che ha resistito e lottato per giocare questi mondiali e che, nonostante non sia in forma, potrebbe, anche con una sola giocata, portarci lontano.
Ieri Totti ha vinto la sua partita più importante: non ha reagito alle provocazioni della stampa prima, degli avversari poi, ha risposto alla grande all’esclusione di Lippi, facendosi trovare pronto e carico, ha tirato il rigore più importante. E per favore non chiamiamolo più Pupone, ma Francesco, come è giusto che sia.
 

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