10/7/2006
(RENATA SCIELZO) - E’ l’ora dei
festeggiamenti, non delle polemiche.
E’ brutto percepire un clima di revanscismo
soprattutto nei confronti di un campione
come Zidane. Lungi da noi voler difendere il
suo gesto inconsulto, ma ancor più lungi da
noi volerci accanire sul campione,
sull’uomo, sul giocatore.
Deve essere la nostra vittoria e non la
sconfitta altrui.
Chi sbaglia paga e gli errori, quali che
siano, non si classificano.
Abbiamo vinto sul campo ed è ciò che conta.
Va bene il sentimento di rivalsa,
l’orgoglio, la soddisfazione, la revanche
direbbero oltralpe, ma non il
neorevanscismo.
Pensiamo a noi, godiamoci questo momento,
godiamoci la storia.
Non vogliamo ergerci ad avvocati difensori
di Zizou, né chiamare in causa la rabbia
delle banlieues, semplicemente non troviamo
giusto questo elencare gli sbagli di un
campione: le testate, il calpestare
l’avversario, il “come farà Zidane a
raccontare quello che ha fatto”, lo
scandalizzarci perché la Fifa gli assegnato
comunque il Pallone d’oro dei mondiali.
Basta! “Ma che ce frega, ma che ce ‘mporta”
recita un romanissimo stornello nostrano.
Diamogli seguito. Braccare Zidane, sulla
scia del politically correct, oggi come
ieri, non conduce da nessuna parte. Chi è
senza peccato scagli la prima pietra.
La storia è sempre la stessa: la mano de
Dios, lo sputo di Totti, le testate di
Zidane.
Sono campioni? Sì.
Ma sono uomini.
Non sono uomini qualunque.
Devono essere di esempio.
Sono sportivi, devono avere i nervi saldi e
non reagire alla provocazioni, rispettare le
regole. Vero.
Ma chi non ha mai perso le staffe?
Lasciamo correre una volta tanto e anziché
inveire contro un campione, pallone d’oro,
che ieri giocava la sua ultima partita, e
che chissà cosa ha provato - dalla periferia
di Marsiglia all’Olympiastadion di Berlino –
festeggiamo i nostri di campioni.
Ci sarebbe piaciuto sentire Totti non
giustificare Zizou, ma spendere una parola
per lui, per
un campione uomo, che ieri ha sbagliato di
grosso, perché ha fatto prevalere l’istinto
sulla ragione, “macchiando” - come hanno
detto in molti - la sua ultima prestazione
in maglia bleu.
Macchiata forse sì, ma cancellata no. Un
rigore da fuoriclasse, una partita da
campione.
Ricordiamoci che Zidane è colui che ha
regalato alla Francia il suo primo ed unico
mondiale, è colui che ha iniziato a giocare
sui campi polverosi della periferia di
Marsiglia, è l’orgoglio degli immigrati
algerini, della Francia multietnica, è il
campione che dopo Maradona ha illuminato
quest’ultimo ventennio del pallone.
E allora basta Zizou, riprendiamoci la
nostra festa, lasciamo il nemico a piangere
la sua sconfitta e comportiamoci da uomini
d’onore e da popolo illuminato: guardiamo in
casa nostra, non affondiamo il coltello
nella piaga, tributiamo il giusto onore
all’avversario che ha lottato sul campo fino
all’ultima stilla di sudore.
Dimostriamo di essere diversi da certa
stampa e da certi paesi che per vendere
giornali fomentano inutili e pericolose
polemiche, come hanno fatto in Germania,
offendendoci dal primo all’ultimo istante,
o, come oggi ha fatto il “The Guardian”,
pubblicando la presunta provocazione di
Materazzi ai danni di Zidane (frase
pericolosissima).
Certi episodi non vanno ingigantiti, non
hanno bisogno di casse di risonanza, al
contrario vanno lasciati cadere nel
dimenticatoio a vantaggio di una sana
competizione e di una sana festa di sport.
Lo sport è di esempio per i giovani si
continuerà a dire e Zidane non può veicolare
certi messaggi. Siamo pienamente d’accordo.
Ma c’è stato il cartellino rosso, ci sono le
sanzioni e i luoghi deputati per punirlo.
Oggi, per cortesia non mettiamolo alla
gogna, non cerchiamo il capro espiatorio,
non ci abbassiamo a livelli così infimi.
Mostriamo di essere campioni sul campo,
dentro e fuori, uomini e caporali, vincitori
e non giudici. Non abbiamo bisogno di un
nemico da umiliare.
Zidane sa sicuramente che ha sbagliato, noi
sappiamo che abbiamo vinto. E solo quello
oggi deve interessarci, solo quello oggi
merita la nostra attenzione.
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