5/11/2007
(VINCENZO LETIZIA) - Il
calcio per definizione è uno sport
di squadra che si gioca non solo in
undici, ma rispettando determinate
gerarchie, i compagni di squadra che
sono in campo, in panchina ed in
tribuna e soprattutto le
indicazioni, per non dire gli
ordini, dell’allenatore. Se si parte
da questo presupposto l’imposizione
di Calaiò di calciare il penalty
contro la volontà di tutti, compreso
i tifosi che quando hanno visto
Emanuele (non nuovo ad errori del
genere, ricordiamo quelli
dell’esordio in C e quello contro il
Modena) sul dischetto hanno chiuso
gli occhi e pregato, è un azione
sovversiva contro le gerarchie del
gruppo. Il primo rigorista era
Domizzi, autore stoico di due
trasformazioni da applausi contro la
Juve, il secondo a limite sarebbe
dovuto essere Hamsik. Comprendiamo
la frustrazione di un calciatore che
è stato protagonista in C ed in B,
ma non è questa la reazione che i
tifosi si aspettavano
dall’attaccante palermitano.
Litigare con i compagni e
disattendere gli ordini
dell’allenatore, che è il
condottiero del gruppo, è azione
talmente grave che sarebbe dovuta
essere condannata anche nel caso in
cui Calaiò avesse realizzato il
rigore. Non ci piacciono neanche le
dichiarazioni di Marino, di Reja e
di De Laurentiis che a fine match
hanno cercato di mitigare la
situazione. Marino ha detto che non
si poteva fare a botte per un calcio
di rigore e che se fosse stato il
padre (il mister?) gli avrebbe detto
di non calciare il rigore. Reja ha
addirittura affermato che i rigori
li batte chi si sente di farlo,
quando dalla tribuna si è visto
benissimo che il tecnico goriziano
non voleva che Calaiò calciasse il
rigore. De Laurentiis poi
addirittura vorrebbe ‘premiare’
l’indisciplina di Calaiò
proponendolo in campo contro il
Palermo e fa lezioni di psicologia e
gestione del gruppo all’allenatore.
L’atto di ‘ribellione’ di Calaiò
invece andrebbe stigmatizzato
(multato) e non giustificato e visto
che non è il primo scricchiolio che
scrutiamo nel gruppo dopo le botte
tra Sosa e Domizi ci auguriamo che
anche Reja ripristini la propria
autorità ed il controllo sul gruppo.
E Calaiò deve comprendere che lui
diventa un giocatore utile alla
squadra se si mette a disposizione
dei compagni e dell’allenatore,
senza far rumori o casini. Anche
perché in estate non si volle
puntare ad esempio su giocatori
particolari come Cassano perché si
disse che il suo caratterino avrebbe
disturbato lo spogliatoio. A
Cassano, tecnicamente fuoriclasse
vero, forse qualcuno avrebbe pure
perdonato qualche marachella (come
si tollerarono a suo tempo i
comportamenti fuori dal campo di Re
Diego), ma francamente il buon
Calaiò in serie A ha finora
dimostrato poco o niente, seppur nei
pochi minuti in cui è stato chiamato
in causa, deludendo puntualmente le
attese. In questo periodo il ragazzo
è moralmente un corpo estraneo alla
squadra e non era nelle condizioni
di scendere in campo, figurarsi di
calciare un penalty decisivo. Forse
è stato finora poco aiutato dal
tecnico che gli ha offerto
effettivamente poche chances per
mettersi in mostra, ma premesso che
Reja è pagato per fare delle scelte
ponderate su tutto il gruppo di cui
poi si assume le responsabilità,
l’episodio di ieri ha dato torto a
Calaiò che pretende più spazi. A
gennaio Calaiò sarà ceduto, per il
bene del Napoli, che non vorrà far
deprezzare ulteriormente un tale
patrimonio, e soprattutto del
ragazzo che andrà a giocare in
prestito da qualche altra parte.
I tifosi però, vista anche le
difficoltà di Zalayeta a trovare la
rete, si augurano che Marino faccia
due doverosi interventi sul mercato.
Dotare la squadra di un bomber vero
e anche di un esterno, possibilmente
destro, capace di andare sul fondo e
crossare decentemente. E’ questo di
cui la squadra ha bisogno per essere
all’altezza delle prime sei del
campionato. La squadra c’è, il
gruppo per ora tiene, nonostante
qualche lieve scossa di
assestamento, sarebbe davvero un
peccato troppo grande sciupare tutto
per una gestione accondiscendente di
certi comportamenti e soprattutto
non apportare i doverosi e giusti
correttivi all’undici presunto
titolare.
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