• CURVE CHIUSE AL SAN PAOLO, DOV’È LA GIUSTIZIA? •

10/9/2008

(GIUSEPPE PALMIERI) - Provvedimenti restrittivi per fermare la violenza del calcio, per risolvere un problema che è più di civiltà e di giustizia che legato al mondo dello sport. Stavolta sono curve chiuse fino al 31 ottobre al San Paolo. Nonostante una sfilza di provvedimenti punitivi, susseguitisi negli ultimi anni, nei confronti di una società sportiva sempre più competitiva, sempre più collaborativa nei confronti delle autorità, il problema è ben lungi da una risoluzione. Questa volta il giudice sportivo Tosel ha ritenuto fondamentale punire i settori popolari dello stadio di Fuorigrotta, quelli dove secondo lui ci sono i teppisti, ma dove ci sono anche undicimila abbonati e tanta brava gente che sceglie quelle zone dell’impianto sportivo per risparmiare qualche euro.
Il fattaccio è la domenica di Roma, quella dove i tifosi azzurri sono tornati all’Olimpico dopo sette anni. Un totale disastro organizzativo. Nessun treno speciale, tifosi sconsigliati ad andare con i pullman, invitati da Trenitalia a lasciar stare i due convogli diretti nella Capitale la mattina di domenica, ma che alla fine propendono per la seconda opzione cercando di andare tutti insieme accompagnati dalle forze dell’ordine. La società ferroviaria vende biglietti per tutti, tranne che per i soliti furbi e la follia è incontrollabile. Quattro ore di ritardo, passeggeri diretti a Torino costretti a scendere, tensione alle stelle, duecento pregiudicati a bordo (quale era lo scopo del filtraggio?) e vagoni del treno danneggiati dall’inciviltà di tante persone che non mi interessa siano tifosi. Perché da normale cittadino non posso prendere a martellate un treno senza pagarne conseguenze. La domenica non è un giorno di riposo anche per lo stato di diritto. Se il treno lo distruggo il lunedi subisco vengo incriminato e processato, se lo faccio con una sciarpa di una squadra di calcio mentre mi reco allo stadio, squalificano le curve della mia squadra del cuore. Come se realmente mi interessasse. Non funziona cosi uno stato dove la giustizia dovrebbe tutelare i deboli,cosi i deboli si puniscono, si impedisce di andare a godere dello spettacolo per si sono sborsati dei soldi, tanta gente che a Roma neppure c’era. Tanta gente che non tirerebbe mai petardi allo stadio. Perché secondo Tosel il motivo era questo: lo scoppio dei petardi. E come hanno fatto tanti tifosi controllati decine di volte, tante da farli arrivare all’inizio del secondo tempo, ad entrare accompagnati dalle forze dell’ordine con dei petardi pronti a scoppiare. Doveva essere il Napoli a levarglieli dalle mani? Che strano concetto di responsabilità oggettiva. I teppisti, perché io non li chiamo tifosi, vanno puniti, severamente, non generalizzati, puniti in maniera capillare, personale. Mentre come al solito, a differenza di altri casi, ad esempio l’assalto degli ultras romani dopo la morte di Gabriele Sandri, viene punita la società azzurra, totalmente estranea ed impotente ai fatti.
Iniziamo a punire le persone, come ogni giorno della settimana, in qualsiasi stato di diritto che si rispetti. Il senso di disagio e di impotenza, con tanto di pizzico di vergogna, la manifesta tutta il presidente De Laurentiis con il suo “Adesso lascio tutto”, appena appresa la notizia.
In questi giorni ne sapremo di più, tra ricorsi e nuove decisioni. Sperando che la giustizia inizi a punire i veri colpevoli. E lasci in pace chi non c’entra.
INDIETRO