(RENATA SCIELZO) -
Attenzione!! ...vi racconterò la
storia del pifferaio magico,
sentiamo per ordine come andarono le
cose. C'era una città nella valle
fatata dove ogni persona era
addomesticata a vivere ogni giorno
in modo che la propria condotta
soddisfasse IL RE, in un cielo blu
il sole scaldava i prati, pieni di
fiori gialli e profumati, le case
erano grandi e tutte colorate, calde
d'inverno, e FRESCHE D'ESTATE. Per
ogni abitante non c'era diversità,
secondo i voleri DI SUA MAESTÀ, la
corte decideva il modo di vestire,
LA LINGUA DA PARLARE, la musica da
sentire, e in questa forzata
uniformità non c'era neanche un
barlume di libertà: DIVIETO DI
CANTARE, DIVIETO DI BALLARE, e nei
locali pubblici divieto di pensare,
i soli a non piegarsi a questa
dittatura un pugno di topi in una
fognatura, trasgredivano la legge,
attaccavano il sistema […].
All'inizio erano in pochi ma il
gruppo cresceva, dal pugno che erano
diventarono una schiera […]
Il re era preoccupato per questa
agitazione: temeva l'evolversi in
sovversione, lui sapeva che i topi
erano a conoscenza della crescita
costante della loro potenza. Al
pifferaio magico io devo parlare, al
capo delle guardie disse: VALLO A
CATTURARE, così alla corte quella
sera entrò un tipo strano che teneva
un flauto stretto nella mano. Sua
maestà disse alle guardie potete
uscire: nessuno deve udire quello
che gli voglio dire. Pifferaio
magico STAMMI A SENTIRE, io possiedo
di tutto e te lo sto per offrire LO
SO il talento non ti manca, perché
sprecarlo con quella gentaglia […]
Sarà l'ultima festa per quel
marciume perché li spingerai giù
fino al fiume, saranno così ubriachi
da non poter più nuotare, ed uno
dietro l'altro DOVRANNO ANNEGARE,
eliminata quella feccia dalla mia
nazione creerò una nuova star della
canzone. Il pifferaio magico
rispose: VA BENE, e dopo sua altezza
gli offrì da bere ma so che poi uscì
dalla corte coprendosi il viso per
nascondere l'ombra di uno strano
sorriso.
Il pifferaio magico aveva un piano,
montò sul suo cavallo e galoppò
lontano, e città per città si
fermava a suonare e in ogni posto i
topi faceva ballare. Lo seguirono
tutti nel suo viaggio nel paese,
tornò alla valle fatata ch'era già
passato un mese e dietro lui c'erano
topi A NON FINIRE, un numero enorme
impossibile da dire. Entrò nella via
principale, con il suo strano corteo
arrivò al palazzo reale, aiuto aiuto
aiuto gridò il re terrorizzato, mi
hanno abbattuto, MI HANNO
SPODESTATO. Il pifferaio disse scusi
maestà se ho regalato ai topi la sua
città, ma forse almeno loro sapranno
rispettare la libertà di ognuno di
fare e di pensare ...attenzione!! LA
LIBERTÀ' DI OGNUNO DI FARE E DI
PENSARE. ...attenzione!!!
In molti si chiederanno perché
abbiamo riportato parecchi brani di
una vecchia canzone degli anni ’90
dei famosi Articolo 31.
Presto detto: 1) siamo “ballerinI” e
“vogliamo ballare” e perché non
farlo a ritmo di rap, musica di
protesta e agitazione, 2) il nome
del gruppo che creò questa simpatica
e irriverente rilettura rap del più
famoso “Pifferaio Magico” fa
riferimento all’articolo 31 che
nella costituzione irlandese
sancisce niente poco di meno che LA
LIBERTA’ DI ESPRESSIONE SUI MEDIA.
Le idee iniziano a schiarirsi cari
amici? Qui qualcuno o ci sta
degradando al ruolo dei topastri o è
convinto che alcuni di noi ballerini
possano elevarsi al rango di
pifferai magici, capaci di smuovere
folle oceaniche e svariate migliaia
di anime o ancora si sta divertendo
a indossare l’abito del re e a
cercare di costruire una fantomatica
e ideale valle fatata dove tutti,
vestiti e colorati d’azzurro vivano
felici e contenti, con gli occhi
foderati di prosciutto: non vedano,
non sentano, non parlino, seguano la
corrente, si siedano, ammirino,
cantino a squarciagola inni
prestabiliti e se ne tornino nella
casetta di marzapane azzurro felici
e contenti.
Ma noi non siamo né topastri, né
pifferai, un po’ ballerini forse, ma
ribadiamo, né topastri, né pifferai.
E allora perché trattarci in malo
modo, perché vietare, proibire,
sottrarre quando è palese che noi
non vogliamo DETRONIZZARE,
SPODESTARE NESSUNO, ma soltanto
esercitare il NOSTRO ARTICOLO 31?
Perché? Qualcuno potrebbe
risponderci con una sola pesante
parola: CENSURA, ma noi non ci
crediamo, siamo benpensanti e
diversamente dai bambini della fiaba
“I vestiti nuovi dell’imperatore” –
per intenderci – gli unici a gridare
nella loro bambinesca ingenuità
quella che è la verità, ovvero che
l’imperatore è nudo – noi crediamo
che l’imperatore sia vestito, CI
VOGLIAMO CREDERE.
Non possiamo pensare che di fronte a
quattro critiche mosse per uno
spettacolo calcistico poco dignitoso
si possa arrivare a tanto, non
pensiamo ciò possa accadere nemmeno
nel più grottesco e assurdo dei
film, dunque vivamente speriamo che
le acque si smuovano, che un
provvidenziale deus ex machina,
senza necessità di ricorrere a
sedicenti pifferai magici,
intervenga a modificare lo status
quo.
Ci risulterebbe difficile nonché
fastidioso provare a fare i pifferai
o peggio assumere le sembianze dei
topastri, chiamare tutti gli altri
topastri, organizzarci, protestare,
alzare la voce. Noi siamo
pennivendoli ballerini da strapazzo
e certe cose non sappiamo farle. I
nostri mezzi sono poveri: l’amore
per la squadra, per il bel calcio,
per la cronaca, gli effetti speciali
–quelli no – non sono da noi. Al
cinema sì, ma altrove stonano.
Dove vogliamo arrivare? A
conquistarci quello spazio che
meritiamo in quello stadio che
amiamo e nel quale vogliamo
continuare ad esercitare il nostro
Articolo 31. Nulla più. Né casette
di marzapane, né ricchi premi e
cotillons. Solo la nostra voce,
vera, sentita, appassionata e quanto
più oggettiva possibile. E’ forse
chiedere troppo?