• EDITORIALE: IL BASKET IN CATTEDRA, IL CALCIO DIETRO ALLA LAVAGNA •

17/7/2005

(Carmine Casella) - Da tempo, nel mondo dello sport italiano, è stato lanciato l’allarme sulla sua condizione economica, in particolare in quelli di squadra, dove gran parte dei proprietari di tali compagini sono sull’orlo della bancarotta , spendendo per la gestione tanto e introitando poco.
Con i suoi non pochi difetti, il basket italico, però, da qualche anno a questa parte, riesce a dare lezione rispetto al ben più ricco calcio. La dirigenza federale della palla a spicchi, a differenza degli omologhi della pedata, si è dimostrata molto più coraggiosa cancellando dalla geografia della pallacanestro piazze storiche come Bologna, sponda Virtus, e Pesaro. Tradotto in termini calcistici, è come se Carraro avesse lasciato fuori società come Inter e Lazio.
Anche la Juve del basket, ovvero l’Olimpia Milano, stava avendo analoga sorte delle due società su-indicate, essendo stata salvata in extremis grazie all’intervento di fior di imprenditori meneghini come Galliani, Moratti e Armani, che hanno affiancato, e rinforzato, la compagine guidata da Giorgio Corbelli.
Questo per dirvi come nel mondo dei canestri ci sia un minimo di serietà nel valutare i bilanci delle società di serie A, senza avere riguardo per nessuno.
Totalmente diversa è l’analisi sulla contabilità calcistica, con i presidenti di A e B autori di una “tremontiana” finanza creativa, coprendo magicamente una passività di bilancio da codice penale, il tutto avallato dai compiacenti vertici di Figc e Lega calcio, buoni soltanto a far giustizia di chi non ha a disposizione un padrino politico pronto ad organizzare una crociata per salvare questa o quella società. Paradossale è stato ciò che è accaduto quest’anno, ovvero uno spareggio per la promozione nella massima serie disputato dalle “bancarottiere” Torino e Perugia.
Per questi motivi, ed anche per altri non citati, ne abbiamo francamente abbastanza di una disciplina dove la distribuzione delle risorse (diritti TV, Totocalcio etc.) non è ripartita in maniera equilibrata, come avviene nel mondo sportivo professionistico per eccellenza, quello americano, che vengono indirizzate invece esclusivamente verso due o tre soggetti. Ne abbiamo le tasche piene di uno sport dove la lotta per vincere il campionato è ristretta a due formazioni, aumentando la noia verso un torneo, quello di serie A, che ha perso tantissimo appeal negli ultimi 15 anni. Soprattutto, ci siamo stufati di vedere maltrattato il pubblico calcistico, ovvero i veri finanziatori del mondo della pedata, non tutelato adeguatamente dai ricorsivi scandali scommesse o finanziari. Stiano attenti, perché la pazienza degli amanti del calcio della nostra Penisola ha pur sempre un limite.
 

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