3/10/2005
(l'inviato
Vincenzo Letizia) - Il Napoli vince, ma
continua a non convincere. Emergono ancora
nella squadra diversi problemi, evidentemente
germinali. La squadra azzurra, inutile girarci
troppo a torno, al di là delle buone
prestazioni sciorinate nei tornei estivi e
nella Coppa Italia, contro ragazzini di
compagini di categoria superiore, in
campionato non ha mai prodotto una prestazione
convincente. A nostro avviso, nell’ordine, i
responsabili di questo inizio di film in
bianco e nero, sono ravvisabili in primis, nel
direttore generale Pierpaolo Marino, poi in
Reja ed in fine, in alcuni elementi della rosa
che evidentemente sono più bravi a usare le
parole che non i piedi.
Marino, in sede di campagna acquisti ha
indovinato solo gli acquisti di Iezzo e
Maldonado. Mentre si sono dimostrati, sin qui,
dannosi gli inserimenti in organico di Grieco,
Amodio e soprattutto dell’evanescente
Bogliacino. Savini non è un terzino sinistro,
per cui oltre all’ala mancina, nella rosa
azzurra mancano completamente i ruoli di
terzino mancino fludificante e di esterno
sinistro. Ed in campo queste crepe si notano
tutte, infatti, il gioco del Napoli a sinistra
è pressocchè assente o addirittura
improvvisato e sbilanciato. Dal direttore
generale, allievo del mitico Italo Allodi, mai
ci saremmo aspettati la costruzione di una
squadra monca su un lato.
Nonostante ciò, comunque, il Napoli è
superiore al resto dell’allegra compagnia di
C1, eppure ogni gara si trasforma in
un’estrema sofferenza per i tifosi… Manca
un’organizzazione di gioco accettabile, gli
schemi sono scarni e mal eseguiti, spesso gli
uomini sul terreno verde vengono disposti
fuori ruolo e risultano troppo leziosi: ieri
è sembrato di rivedere in campo il Napoli di
Ventura. Ecco allora che anche le
responsabilità di Reja sembrano pacifiche.
In campo, comunque, ci vanno i calciatori, per
cui, se questi poi, producono prestazioni
desolanti come quella delle ultime due
esibizioni mostrate da Calaiò, allora il
quadro scialbo del Napoli è completo. Ad
esempio, non può accampare più
giustificazioni, alle sue penose performance,
Calaiò. Dopo un anno davvero deludente appena
trascorso, dopo mille promesse di riscatto da
parte del bomber triste di Palermo, purtroppo
Calaiò continua a sembrare in campo un pesce
fuor d’acqua. Il giocatore appare spesso
troppo solo in attacco (colpa di Reja), è
nervoso, spesso litiga con i compagni, non
riesce a trovare i temi giusti e anche la
squadra sembra poco propensa ad assecondarne
le caratteristiche. Purtroppo secondo noi, il
problema di Calaiò è tattico e mentale.
Tattico, perché per caratteristiche proprie
del gioco del Napoli, pochi palloni riesce a
giostrare l’ex attaccante del Pescara;
Emanuele è sempre stato abituato a squadre
che giocavano solo per lui, evidentemente,
Reja non può assecondare quest’esigenza con
Pià e Capparella che pure chiedono spazio per
i loro movimenti d’attacco. Il problema di
Calaiò, ragazzo sensibile ed emotivo, è però
anche psicologico. Il giocatore già l’anno
scorso ha palesato più di qualche disagio a
metabolizzare le tensioni della piazza
napoletana. Evidentemente chi lo ha voluto
trattenere all’ombra del Vesuvio ha
trascurato che a scendere in campo non sono
solo i calciatori, ma anche gli uomini…
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