5/12/2005
(RENATA SCIELZO) - Meno di un anno
fa, mi dilettavo a scrivere racconti
e scrissi questo “Memorie di una
bambina con la febbre a 90°”, che,
ora come ora, mi fa venire i brividi
solo a rileggerlo.
Sono in trepidazione, in attesa di
un incontro d’altri tempi, che
finalmente restituirà il Napoli ai
palcoscenici che merita. Un incontro
dal sapore antico: Napoli – Roma. Il
mio Napoli e la mia Roma. Un sogno
che diventa realtà, e che spero
presto possa diventare prassi,
abitudine, come lo era un tempo.
In agosto, ero al caldo sole di
Turchia, ho appreso da un sms dei
sorteggi per la coppa Italia: il
Napoli e la Roma si sarebbero
incontrati. Per me, napoletana
sfegatata adottata dalla capitale e
simpatizzante giallorossa,
un’emozione troppo grande. Una folle
penserà qualcuno. Una falsa tifosa
penserà qualcun altro. Non si
possono amare due squadre, sarebbe
come amare due uomini. Non è
possibile. E invece era quello che
volevo. Provare un tripudio di
emozioni, sapere cosa avrei provato.
Il passato di bambina, ragazzina,
Diego, l’azzurro di Napoli, il
calore e il cielo della mia città e
il presente di quasi trentenne: la
città che mi ha adottata, la
simpatica sbruffoneria dei romani, i
derby all’ultimo sfottò, le belle
giocate del capitano giallorosso.
Avevo scelto già un anno fa, quando
quest’incontro era poco più di un
sogno nella mente fantasiosa di
un’appassionata di calcio. E oggi
sono qui a ribadire la mia scelta.
La mia vera passione, perché i sogni
e le memorie di bambina non si
rinnegano mai.
Napoli, SOLO NAPOLI, e non poteva
essere altrimenti: la mia terra, il
mio mare, le mie origini, i cori
cantati a squarciagola, fino a farsi
mancare la voce, il ricordo del più
grande di tutti i tempi, l’unico, il
Dio del pallone: Diego. Altro che
Totti.
E oggi sono un po’ arrabbiata. So
che al San Paolo i giallorossi
verranno con le riserve, che né
Totti, né Vincenzino Montella
(napoletano, ma non tifoso azzurro,
pare che fosse milanista da bambino
[sigh!!!!]) giocheranno, né forse
giocherà il talento di Bari vecchia,
quello che a sprazzi, talvolta, e
con i dovuti distinguo mi ha
ricordato Diego.
Mi spiace che Roma e la Roma
prendano questa partita sotto gamba.
Vorrei ricordar loro che non sono in
grande spolvero, tutt’altro, e che
il Napoli ed una squadra con il
blasone del Napoli meriterebbero un
altro tipo di considerazione. Siamo
forti in questo momento, come ha
detto Sebino Nela, storica bandiera
giallorossa, ma anche ex del Napoli.
Devono temerci.
Non so come andrà a finire, dentro
ho una speranza, che si chiama
rivincita, fame di vittorie,
desiderio di grande calcio, ma so
che gli azzurri ce la metteranno
tutta, che questo gruppo, allenato
da Mister Reja non mi deluderà e non
deluderà i tanti napoletani che
vivono a Roma e che seguendo il
campionato si serie A hanno scelto i
giallorossi, ma continuano ad amare
il ciuccetto azzurro.
Immagino che molti leggendo queste
parole mi staranno dando
dell’ipocrita, della vigliacca o
peggio, ma non è facile raccontare
quello che si prova dentro, quando
si viene sradicati dalla propria
città, dalle proprie origini per
motivi lavorativi o affini. Si
comincia daccapo, bisogna
integrarsi, ricostruirsi e via
dicendo. Quando mi sono trasferita
nella capitale lavoravo a San
Lorenzo, quartiere storicamente
giallorosso, era l’anno dello
scudetto romanista e come non farsi
coinvolgere in quella festa, ho
rivissuto un entusiasmo sicuramente
minore, ma che mi ha portato di
quasi 15 anni indietro nel tempo,
quando Diego ci fece festeggiare per
la seconda volta.
Non è stata la stessa cosa, ma è
stata una bella festa, un distrarsi
dalle preoccupazioni quotidiane, un
rivivere la grande passione del
calcio. Ma era una festa non mia.
Del resto quanti ne ho subiti di
sfottò e quante volte mi sono
divertita a rispondere che la pazza
Inter non vince uno scudetto da più
tempo del Napoli, nonostante la
continua militanza in serie A.
Quante ne avrei da raccontare di
esilaranti situazioni o di brutte
offese ricevute dai laziali, che poi
hanno contribuito ad alimentare la
simpatia giallorossa. Ma non ne ho
voglia. Ho desiderio di
ricominciare, con un tuffo nel
passato. E non è un paradosso.
Mi sono stancata, voglio tornare
indietro, come se avessi una
macchina del tempo, tornare bambina
e azzurra al 100%. E Per fortuna
pare che della macchina del tempo
non ci sia bisogno.
Basteranno i goal del Pampa, di Pià
e di Calaiò a restituirmi il mio
passato, a farmi riappropriare dei
miei colori, a restituire a Napoli e
al Napoli quello che meritano, a
farli tornare grandi, di nuovo sui
palcoscenici della Serie A. Forza
ragazzi. Bisogna battere e
sonoramente la Roma. Qualunque Roma.
I ragazzi non lo sanno, ma questa
partita ha un grande significato:
riscatto, rivincita, voglia di
piangere, di commuoversi, di
emozionarsi ancora. Mettetecela
tutta. E i tifosi azzurri: una
grande festa, l’8 dicembre di
consueto è la giornata in cui si
fanno l’albero e il presepe, e senza
retorica, al San Paolo vorrei un
tripudio azzurro, una festa di cori
e di colori. Senza rumore, con
tranquillità. Come da tifosi leali,
corretti quali siamo, abbiamo sempre
fatto.
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