29/9/2005
(MICHELE
CAIAFA) – Si, abbiamo intervistato in esclusiva
per “PianetAzzurro” proprio lui, l’uomo che è
stato il “Presidente” dei due club che domenica si
incroceranno per la prima sfida ufficiale nella storia
del calcio italiano e cioè Napoli e Juve Stabia. Chi
è? Facile a dirlo: Roberto Fiore. Fiore ha deciso di
aprire con noi di “PianetAzzurro” l’album dei
ricordi della sua vita da presidente: nasce il 2
ottobre1924, si proprio il 2 ottobre, guarda caso il
giorno della sfida prossima dei suoi due cuori, Napoli
e Juve Stabia quando il presidente festeggerà il suo
ottantunesimo compleanno.
Vita da presidente in carriera, se così si può dire,
infatti alla giovane età di 18 anni, Fiore acquistò
la squadra del quartiere Vasto e “la portai in
quarta serie. La chiamavano la squadra dei
milionari” esordisce il presidentissimo. Negli anni
60’, nel il Napoli targato Achille Lauro, è stato
dapprima dirigente, e gli azzurri vinsero la coppa
Italia nel 62’ nonostante militassero in serie B. Un
record unico, che ancora appartiene alla società
partenopea. Ne divenne poi presidente dal 1964 al
1967, con il “Comandante” Lauro presidente
onorario. La sua carriera presidenziale si estende
anche negli altri sport. Infatti è da ricordare che,
proprio con Roberto Fiore presidente, il Circolo
Nautico Posillipo vinse il suo primo scudetto nel 1985
ed il presidente ama ancora oggi menzionarlo: “Dissi
all’epoca: rompiamo il ghiaccio con la vittoria del
tricolore nella pallanuoto e poi vedrete che arriverà
anche quello del calcio”. E così fu. Doti magiche?
Tutt’altro, doti da grande manager di sport, infatti
così dice: “Lo sport in genere, ma in particolar
modo il calcio, funziona come la musica; bisogna avere
orecchio per diventare dei bravi musicisti e la stessa
cosa vale per il calcio. Questo sport, anche se dal
1996 con la legge D’Alema è diventato
un’industria a tutti gli effetti con le Spa, non lo
si può gestire come tale, soprattutto per quel che
concerne la direzione dei club. Non li si può
condurre come normali aziende, bisogna – ribadisce
Fiore – imparare come si fa con la musica, a
orecchio. O ci riesci da giovane o non ci riesci più.
Ed io credo di avere sempre avuto questo orecchio. Per
questo però – continua imperterrito il presidente
– fatemi fare una tiratina d’orecchie
all’attuale patron azzurro Aurelio De Laurentiis,
che tra l’altro reputo mio amico. Se avete un po’
di tempo vi racconto la storia dell’incontro tra
Aurelio ed il calcio a Napoli”. Certamente
presidente ci racconti; “Allora: l’amore tra De
Laurentiis ed il calcio inizia nel 1998, quando
invitai lui e l’attore Christian De Sica a vedere
una partita della mia Juve Stabia”. A questo punto
riteniamo doveroso ricordare ai nostri cari lettori,
che dopo gli anni di presidenza del Napoli e del
Circolo Posillipo, il presidente Fiore, negli anni
’90, lo vediamo di nuovo nel calcio, sempre come
presidente, prima dell’Ischia Calcio e poi della
Juve Stabia, società quest’ultima guidata fino al
2002 e che per ben due volte solo per un soffio ha
fallito l’assalto alla B. E precisamente nel 94’,
perdendo la finale play-off contro la Salernitana, e
nel 99’, perdendo la finale play-off contro il
sorprendente Savoia, nonostante fosse arrivata seconda
nella regular season, in quella squadra militava
l’attuale regista azzurro Gaetano Fontana. Di
quest’ultima partita il presidente Fiore così dice
“Noi in pratica eravamo stati promossi in serie B.
Quella partita ci fu scippata dall’arbitro”.
Ma torniamo al filone principale del discorso e su
quello che ci stava dicendo Roberto Fiore sull’amore
De Laurentiis-calcio: “Aurelio rimase stupito
dall’affetto incredibile che mi tributava la gente
di Castellamare, ed è proprio in quell’occasione
che scoccò dall’arco di Cupido la freccia d’amore
tra De Laurentiis ed il calcio. Poi nel 99’,
cercammo di prendere in coppia, io e lui, il Napoli
dalle mani di Corrado Ferlaino. Offrimmo
all’ingegnere la cifra di cento miliardi, ma lui
rifiutò. Aurelio non dovette prenderla bene ed un
po’, non so perché, se la prese anche con me. Fatto
sta che da allora non ci siamo più sentiti. Quando
poi nell’estate del 2004, avvenne il fallimento
della Società Sportiva Calcio Napoli, io, con
l’imprenditore italo-americano Caretti, cercai di
rilevare il Napoli dalla curatela fallimentare. Ma
quando seppi che si era fatto avanti il mio amico
Aurelio, gli feci strada, perché sapevo quanto le sue
potenzialità economiche erano superiori alle nostre,
per cui sarebbe stato molto meglio per gli sportivi
napoletani e per la stessa città che il nuovo patron
azzurro fosse Aurelio De Laurentiis. Anzi – continua
il presidentissimo – lo chiamai anche, ed alla sua
domanda se avesse fatto bene a prelevare dalla
fallimentare il sodalizio partenopeo, gli risposi di sì,
che faceva benissimo. Sarebbe stato addirittura un
affare”.
Ed allora presidente, in cosa consiste la sua tiratina
d’orecchie che ha detto di voler fare a De
Laurentiis? “All’insistenza rispondo. La tirata
d’orecchie ad Aurelio è relativa ai presupposti
iniziali del progetto che erano tutt’altro che
questi. Si parlava di un primo progetto che avrebbe
portato il Napoli nell’Europa che conta in cinque
anni. Ma com’è sotto l’occhio di tutti, il Napoli
è già in ritardo con le premesse, e deve pazientare
un anno in più in serie C. I partenopei arriveranno
comunque nell’arco di due, tre anni, a calcare i
palcoscenici della serie A, ma a quel punto il mio
amico Aurelio avrà speso tanto danaro, che non potrà
più allestire da subito una squadra che punti alle
prime cinque posizioni della classifica, com’è
nelle attuali sue intenzioni, e come feci io nel mio
Napoli”.
Allora suggerisca lei la ricetta giusta, a De
Laurentiis. “Questo l’ho già fatto, ma devo dire
che sotto questo punto di vista, Aurelio è un po’
presuntuoso, ascolta poco o nulla i consigli della
persone che come me, hanno bazzicato per anni in
questi ambienti. Comunque a mio avviso, e lo dissi
anche a lui, che ha speso tanti soldi solo per
acquistare il titolo del Napoli, che è sbagliato
mettere al timone della società un solo uomo, seppur
bravissimo come Pierpaolo Marino. Ogni azienda che
funzioni bene, deve aver un team di lavoro, con
competenze specifiche e di alto livello nei rispettivi
campi d’appartenenza. Vedete cosa succede nel Milan
e nella Juventus. Società organizzate, sotto tutti i
punti di vista, da quello manageriale a quello
prettamente sportivo, e quindi vincenti. L’Inter
invece è stata perdente perchè in passato è stata
società solo danarosa ma certamente meno organizzata
rispetto alle predette due vincenti. Altresi vi dico,
cari amici. Siccome finalmente l’Inter, dopo tanti
anni, ha creduto in un progetto tecnico affidato ad
una persona valida come Roberto Mancini, vi farò
vedere che quest’anno i nerazzurri conquisteranno lo
scudetto, oppure vi andranno molto vicini. Ribadisco
quindi la primaria necessità dell’organizzazione
societaria. Tornando dunque al mio amico Aurelio, deve
anche dire, che lui ha ancora del tempo per costruire
un’organizzazione societaria degna delle grandi
ambizioni che deve avere la società azzurra……
Forza Aurelio”.
Presidente, domenica prossima è il giorno della
partita fra Napoli e Juve Stabia. Lei andrà allo
stadio? E poi il suo cuore, visto che lei è stato un
grande patron della società di Castellamare, cosà
dirà? “Per prima cosa domenica non sarò allo
stadio. Mi dispiace, visto che l’ultima partita del
Napoli a cui ho assistito fa parte di un ricordo
negativo perché è stata la finale di ritorno
Avellino-Napoli dello scorso campionato di serie C,
che sappiamo tutti come è finita. Ma domenica compirò
ottantuno anni, e da tempo, prima di conoscere anche
il calendario della serie C, avevo programmato un
viaggio in Costa Azzurra. Partirò la mattina, quindi
sarò costretto a seguire il risultato della partita
mediante il telefonino. Alla seconda domanda rispondo
con enorme difficoltà. Il mio cuore è perfettamente
diviso a metà, tra Napoli e Juve Stabia, tengo
tantissimo ad entrambe le piazze. Ed allora sapete
cosa vi dico? Mi piacerebbe che la partita terminasse
in parità, ma poiché i programmi del Napoli sono al
momento più ambiziosi rispetto a quelli della Juve,
non so quanto possa far piacere un pari alla squadra
del Napoli. Quindi anche se non proprio con estrema
gioia, mi auguro comunque una vittoria del Napoli.
Scusatemi se divento prolisso – continua Fiore - su
questo argomento della fede, ma voglio anche dirvi che
una partita del genere io non l’avrei mai auspicata,
almeno in gare ufficiali. Non l’avrei voluta in
serie B, figuriamoci in serie C. Infatti nel 99’,
anno della nostra mancata promozione nel torneo
cadetto, è stato anche l’anno della retrocessione
del Napoli in serie B. Io avevo già pensato che in
caso di quella promozione in serie cadetta, avrei
abbandonato seppur a malincuore la mia Juve Stabia per
non essere costretto a dividere il cuore a metà con
un’altra squadra, ovvero con il Napoli, in caso di
scontro diretto Figuratevi quindi voi”.
Presidente visto che stiamo parlando con lei, che è
stato un grande del calcio del passato e lo è ancora
tutt’oggi, infatti Napoli la ama ancora tanto,e per
di più alcuni tifosi giocando con il suo cognome, la
chiamano ancora “Fiore di Napoli”, ci può
raccontare qualche aneddoto del suo passato da
dirigente sportivo, per concludere questa bella
intervista, di cui intanto la ringraziamo di averci
concesso? “Certo che sì. Me ne vengono in mente un
paio. Uno l’ho già raccontato a vostri colleghi in
settimana e mi fa piacere ripeterlo adesso e riguarda
un episodio accaduto nel lontano giugno del 62’.
L’ultima giornata del campionato cadetto, valevole
per il Napoli la promozione in massima serie.
Quell’anno avevamo già vinto la coppa Italia
nonostante militassimp in serie B, e giocavamo
l’ultima partita in quel di Verona allo stadio “Bentegodi”.
La notte precedente alla gara ci tennero svegli per
tutta la notte con del gran casino:squilli di tromba,
clacson di auto, ecc… Il giorno dopo, cioè quello
della gara, dopo il pranzo convocai i miei ragazzi e
al fine di scaricare la tensione chiesi a loro se
conoscevano delle canzoni napoletane. Risposero di sì,
ed allora andammo al “Bentegodi” a piedi intonando
per le vie di Verona la canzone “O surdato ‘nnamurato”.
Tensione stemperata, e guarda caso il Napoli vinse per
uno a zero, con goal del capitano Corelli, e fu
promozione. Il secondo fatto che mi piace ricordare,
riguarda tempi più recenti, e cioè l’epoca di
Maradona a Napoli. Nell’autunno dell’86, incontrai
l’allenatore del Napoli Ottavio Bianchi, che da
calciatore avevo portato io nelle fila partenopee. Si
lamentò con me, dicendomi che adesso lui stava in
albergo, perché aveva già trasferito la famiglia a
Bergamo, visto che per via dell’aria pesante che
tirava nella squadra del Napoli, stava decidendo di
lasciare la panca azzurra. Lo invitai a restare, perchè
quello sarebbe stato l’anno giusto per la conquista
del tricolore. E così fu. Se non sono doti
taumaturgiche queste?. Infine – chiosa il presidente
– mi fa piacere rammentarvi un’ultima cosa. A che
riguardo? Al fatto che sono rimasto molto legato a
gente della mia epoca da presidente e da dirigente del
Napoli. A calciatori come Ronzon, Juliano, Montefusco,
Altafini e Sivori. E proprio ad Omar Sivori è legato
il mio ricordo più affettuoso del pianeta calcio. Era
venuto a mancare da un mese il mio amico Omar quando
mi chiamarono al telefono le sue due nipotine che mi
chiesero di volermi incontrare, perché volevano
conoscere quella persona di cui il loro nonno parlava
sempre tanto bene. Fu così che mi incontrarono e per
me abbracciarle fu una delle mie più grandi emozioni.
Ebbi il cuore gonfio di gioia”.
Questo e tanto altro ancora è per Napoli e per
Castellamare di Stabia, Roberto Fiore, l’eroe dei
due mondi.
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