E’
finita? Sembrerebbe
proprio di si, al di là
dei drastici titoli di
alcuni giornali e del
rammarico di Carraro,
paragonabile a quello del
medico che nella corsia
dell’ospedale dice ai
parenti del paziente “mi
dispiace, abbiamo fatto
tutto il possibile”.
E’
finita nonostante la notte
dei quarantamila del San
Paolo accorsi per un
ultimo, disperato appello,
per battere quel colpo che
significa “noi
siamo qui…e vorremmo
continuare ad esserci”
Gli
anni con il 4
finale sono
significativi per la
storia del Napoli;
vent’anni fa, 1984,
l’atterraggio di Maradona,
dieci anni fa, 1994,
l’ultimo ingresso in
Europa di una società che
cominciava a zoppicare, le
prime messe in mora da
parte dei giocatori, gli
ultimi a dare, da queste
parti, la parvenza di
essere una squadra. E
pazienza se poi quell’11
è stato smembrato o
peggio ancora svenduto. A
loro non è certo andata
male: il tecnico, dopo
dieci anni, si ritrova tra
le mani il timone della
Nazionale ed i giocatori,
alcuni dei quali
napoletani, costretti ad
emigrare per raccogliere
quella gloria e quelle
vittorie che qui non
sarebbero state possibili.
In
attesa della decisione del
TAR del Lazio, ultimo
appiglio di Gaucci,
assistiamo ad una sorta di
arrembaggio da parte di
chi finora se ne è stato
alla finestra attendendo
che le cose si mettessero
in un certo modo.
È
comprensibile, da un punto
di vista imprenditoriale,
aspettare la morte
giuridica di un’azienda
oberata dai debiti,
rilevarla ripulita da
questi e ripartire da
zero. Ma è anche
comprensibile l’ira di
Gaucci che ha
coraggiosamente
tentato di salvare la
barca per poi vedersi, una
volta inghiottito dal
gorgo, circondato da
persone finalmente pronte
a dare quella tanto
invocata mano.
Cordate,
imprenditori singoli,
napoletani, italiani,
europei, americani,
asiatici; tra questi ce
n’è sarà uno capace di
fare bene? Ma soprattutto
ce n’è sarà uno? O
sono tutte persone in
cerca di pubblicità per i
loro affari personali?
Da
quando le società di
calcio sono diventate
S.p.A. tutti gli
imprenditori si sentono
capaci di rilevare un club
e di avere la forza per
portarlo in alto: è stato
così per Naldi,
membro di una famiglia di
solidi imprenditori
alberghieri, che non è
riuscito a gestire il
Napoli nella maniera in
cui avrebbe voluto e
creduto e per il Como
calcio dove stanno ancora
sgombrando il campo dalle
macerie lasciate da Preziosi
prima che questi
acquistasse il Genoa.
Napoli,
Ancona, Como e Varese,
quattro tra le undici
società non ancora
iscritte al campionato;
società dal passato
importante, anche
glorioso, per le quali è
notte fonda. Le ultime due
poi rappresentano città
tra le migliori per la
qualità della vita,
province di una Lombardia
opulenta, lavoratrice che
non è riuscita a trovare
chi potesse evitare un
fallimento.
In
questo calcio dove può
succedere oggi una cosa e
domani la cosa opposta
cancellando così ciò che
si è fatto il giorno
prima, nessuno sa come
andrà a finire. Se si
ripartirà da zero sarà
certo uno smacco per la
storia di questo sport a
Napoli, ma almeno il
peggio sarà passato.
Ma
nel buio s’intravede la
base di un programma
tecnico e con una società
solida al timone la notte
potrebbe pure non essere
così oscura.