L’ingresso
prepotente della tecnologia nel
mondo del pallone, e dello sport
in genere, è fenomeno che non si
può arrestare. Sono tante le
ragioni che ne hanno determinato
l’ingresso in atri e diversi
settori dello sport, a tutte hanno
un denominatore comune: precisione
e accuratezza nella gestione degli
aspetti agonistici delle
manifestazioni. In breve: partite
senza troppi intoppi e
contestazioni.
La
contrapposizione tra l’opzione
che vuole l’impiego della
tecnologia e quella che frena
l’ingresso di tali strumenti
nello sport si risolve in una
dialettica tra la tradizione - che
difende la gestione
"artigianale" del gioco
e dello spettacolo – ed il
progresso, che impone l’ausilio
delle novità che possono aiutare
lo "staff arbitrale" a
gestire meglio la gara.
Chiariamo
subito di essere a favore della
introduzione della tecnologia.
Esistono
validissime ragioni che ne
richiedono l’impiego, e non si
tratta solo di smorzare le
polemiche domenicali
dell’allenatore di turno che
denunzia i torti arbitrali (torti
che generalmente danneggiano
sempre , o quasi, le provinciali).
C’è
soprattutto da dire questo, che il
calcio e lo sport in genere costituiscono
una fonte cospicua dell’intero
prodotto interno, circa il 4%. Non
poco.
Vuol
dire, tradotto in soldoni, che una
parte dell’economia si regge sul
calcio e sull’indotto.
Di
recente, squadre di primissimo
piano, come la Juventus, hanno
visto collocare sul mercato le
proprie azioni, cosicchè tanti
risparmiatori devono le proprie
fortune economiche alle prodezze
della squadra. Già, perché i
risultati sportivi positivi aprono
la strada alla partecipazione alle
competizioni più prestigiose,
soprattutto a livello
internazionale, con significative
ripercussioni sugli introiti della
società e dunque sugli utili.
Più
utili si hanno e meglio è per i
soci. Per tutti i soci.
E
qui entriamo nel vivo.
L’esperienza e le statistiche
suggeriscono che la differenza tra
l’ingresso nell’area della
Champion’s League e nella zona
Uefa è determinato da uno scarto
di un punto o due. Per contro , le
ripercussioni sugli utili della
società sono notevoli. E se gli
esiti del campionato sono influenzati
da qualche svista di troppo, ecco
che, alla luce della valenza che
lo sport assume nella dimensione
dell’economia attuale, tutto
questo non può essere più
consentito.
Bisogna
scegliere. O il calcio si dota di
tutte le misure atte ad eliminare
o almeno minimizzare quelli che
diventerebbero elementi
perturbativi dei mercati azionari
delle realtà calcistiche –
sviste arbitrali, fuorigioco
inesistenti etc.- ; oppure i
risparmiatori troveranno troppo
aleatorio l’investimento,
soprattutto nelle piccole società
, che, anche se ben gestite –
vedi Chievo e Bologna –
vedrebbero frustrate le loro
aspirazioni al raggiungimento di
traguardi correlati all’impegno
profuso ed alle capacità
gestionali dimostrate.
Contrariamente non solo alle più
elementari regole ispiratrici del
mercato, ma soprattutto
contrariamente al buon senso.
Giocoforza
quindi la gestione del campionato
e della gara deve avvenire on
sistemi- tecnologicamente avanzati
dunque - che fughino i dubbi
tipici di quegli episodi
controversi, che però possono far
scivolare l’incontro in un senso
o in un altro.
Se
oggi si può sorridere davanti
alla moviola , commentando un
episodio, domani si sorriderà un
po’ meno, sapendo che
quell’episodio magari ha
alleggerito il portafogli.
di
Marcus