C’ERA
UNA VOLTA IL
“POROMPOMPERO”
Fa
uno strano effetto vedere il San
Paolo semideserto. Quello stesso
stadio che si univa alla sua folla
creando un insieme non possibile
altrove pur con gli stessi prodotti.
Il risultato di quella formula ha
dato vita al “dodicesimo” uomo
in campo, a quella che è sempre
stata la principale fonte di
sostentamento di una società già
di per sé molto più “pesante”
rispetto a quella attuale.
Oggi
non ci sono più gli 85mila, non
c’è più quel sostentamento perché
è ridotto anche lo
stadio inteso come impianto
sportivo.
Era
tutta un’altra cosa quando vi era
il tabellone luminoso, quando la
capienza era maggiore, quando non vi
era quella pseudo-copertura, ma i
lavori di ammodernamento in vista
dei Mondiali del ’90 nel tentativo
di rendere la struttura più
accogliente e confortevole hanno di
fatto peggiorato di tutto un pò.
Chi non ricorda il Napoli costretto
all’esilio a Benevento per alcuni
mesi a causa del San Paolo messo KO
da un acquazzone? Sembra quasi che
la decadenza dello stadio sia legata
a filo doppio con quella di società
e squadra.
Lo
sciagurato maquillage
del San Paolo fu completato nel
’90; in data 8 giugno, giorno
della partita inaugurale
Argentina-Camerun, lo stadio fu
consegnato alla FIFA; solo un mese
prima il Napoli aveva conquistato il
secondo scudetto, scudetto che non
fu capace di difendere l’anno
successivo e per la conquista del
quale non è stato più competitivo.
Mondiali
amari per l’Italia e non meno per
l’Argentina di Maradona che scelse
proprio l’impianto di Fuorigrotta
per le proprie gare.
E
amari furono anche per gli
albergatori ed i ristoratori
napoletani che non saltarono certo
di gioia quando appresero che la
composizione del Girone B poneva
l’Argentina contro Camerun, URSS e
Romania; scarso afflusso turistico a
causa di tre Nazionali senza massa
di tifosi al seguito.
Il
Napoli, abbiamo detto, da allora non
fu più competitivo, eccezion fatta
per il campionato 1993-94 quando,
alla guida di Lippi, la squadra
composta da un giusto mix di
veterani e giovani promesse centrò
sia pure all’ultima giornata
l’ultima qualificazione UEFA.
Quella
squadra fu smembrata e le giovani
promesse, chi prima chi dopo,
vendute a peso d’oro per tamponare
le enormi falle prodotte dalla
gestione societaria. Una
provvidenziale bombola di ossigeno
fu l’allora ambizioso Parma; fu
creata una corsia preferenziale per
le manovre di mercato tra le due
società che permise agli emiliani
di emergere definitivamente e ai
partenopei di rimanere a galla.
Quando a fine del campionato 2001
questa corsia si scoprì essersi
interrotta il Napoli affondò
definitivamente ed il Parma pian
piano si ridimensionò fino al crac
di oggi che tutti conosciamo.
Ma
un’altra cosa preme sottolineare;
che fine hanno fatto alcuni tifosi?
Non
ci riferiamo di sicuro a quelli che
ancora, ed anche a prezzo di
sacrifici, si recano al S. Paolo, ci
riferiamo ai VIP; a quei very important people che non esitarono a mostrarsi in TV, ad
esternare la loro passione esultando
su un carro vincitore.
Solo
per citarne alcuni, Marisa Laurito
che, negli Studi di Domenica In,
alla sovrimpressione del risultato
Napoli-Pescara 8-2 interruppe le
telefonate con i telespettatori ed
iniziò a ballare il Porompompero
con una moltitudine di ragazze,
Massimo Lopez presente il 10 maggio
1987 al San Paolo e ora scomparso
anche dai palinsesti televisivi e
Renzo Arbore che, napoletanamente,
sembra di nuovo assorbito soltanto
dalla musica.
Poi
i politici, uno dei quali ci propinò
un giocatore rivelatosi un bluff
così come fu un bluff
il suo ingresso in società.
La
situazione ora è quella che è ed
attira poco, però si continua a
chiedere alla gente di “stare
vicino alla squadra”.
Appello
che non vale certo per quei
personaggi ora disamorati, che negli
anni dei trionfi, con
biglietti-omaggio, hanno presenziato
ed esultato.
Appello
che vale per la gente comune, perché
segua il Napoli facendo sacrifici,
presenziando senza esultare e
pagando il biglietto.
Antonio
Gagliardi
30/1/2004
|