GIANFRANCO
ZOLA, “L’EREDE DI MARADONA”
“Magic
Box”, “Zolinho”, “Marazola”,
“Little Magican”, “Godzola”,
Mark Hughes attaccante di Manchester
United, Barcellona e infine del Chelsea
con Gianfranco ha dichiarato: “devi
fare brutti pensieri su te stesso se non
giochi bene con a fianco uno come
Zola”.
Già
qualche tempo prima di lasciarci, Diego
affermò: “non serve che il Napoli
cerchi un mio sostituto: c’è Zola!”
La
storia di Gianfranco sembra davvero una
favola, di quelle raccontate dai nonni
vicino al fuoco nelle fredde serate
invernali. Nato ad Oliena (Nuoro) paese
di 8.000 anime situato in Barbagia, una
delle zone più aspre della Sardegna, il
piccolo Zola trascorre ore ed ore a
palleggiare e a giocare nel classico
spiazzo sotto casa.
Del
resto il calcio è una malattia di
famiglia: suo padre è il presidente
della squadra locale, la “Corrasi”.
La
statura (è alto m. 1,68) ne condiziona
inizialmente la crescita professionale,
ma alla fine, quando sta per compiere 18
anni, viene ingaggiato dalla Nuorese
allora militante in interregionale. Solo
però nel campionato 1985-’86 Zola
viene impiegato con una certa continuità
tanto da realizzare 10 reti in 27
partite.
L’allora
allenatore della Torres di Sassari
Lamberto Leonardi lo vede giocare in una
rappresentativa giovanile a Roma e
convince la società sarda ad
acquistarlo immediatamente.
Alla
fine del 1° campionato con la maglia
rossa blu arriva la promozione in serie
C/1; Gianfranco trafigge per 8 volte i
portieri avversari. Dopo una stagione
altalenante (1987-‘88), anche perché
condizionato dalla pubalgia, il suo nome
comincia a circolare con una certa
frequenza fra gli operatori di mercato,
tanto che, quando la Torres gioca a
Caserta, sono presenti molti osservatori
di grandi squadre.
Nonostante
Zola riesca a trascinare i suoi compagni
alla vittoria realizzando una doppietta,
non convince pienamente nessuno per il
solito discorso sul fisico non
propriamente da gladiatore. Luciano
Moggi però non la pensa come i suoi
colleghi e, giocando di anticipo, non
perde tempo a mettere nero su bianco e
acquista il suo cartellino.
Appena
lo vide Diego commentò: “finalmente
c’è qualcuno più basso di me!…
Nel
suo 1° ritiro con gli azzurri, data la
perdurante assenza di re Diego, comincia
ad attirare subito l’attenzione su di
sé giocando qualche buona amichevole. I
giudizi sono positivi, ma prudenti; è
pur sempre calcio d’agosto. Ma, oltre
a Diego, anche Alemao e Careca si fanno
attendere in quanto impegnati nelle
qualificazioni con il Brasile per
l’Italia ’90.
Così
Gianfranco inizia da titolare il
campionato 1989-’90. Il Napoli si
presenta al ritorno dei 3 stranieri già
1ª in classifica anche grazie al suo
apporto. Chiaramente nel prosieguo del
torneo è costretto a ritornare in
panchina, disputando solo alcuni
spezzoni di partita.
Non
manca però di lasciare la sua
“griffe” sullo scudetto realizzando
2 gol; la prima volta è contro l'Atalanta
di Emiliano Mondonico. Riceve palla al
limite dell’area, la lascia sfilare
liberandosi con una finta di corpo della
marcatura del libero Progna, e, con una
magistrale conclusione di interno destro
a mezz’altezza infila l’angolo sul
secondo palo (per la cronaca quel giorno
il Napoli vinse 3-1).
Il
2° gol riveste un’importanza
fondamentale nella corsa al titolo.
Napoli-Genoa è ferma sull’1-1, il
pubblico comincia a contestare i
giocatori deluso ed amareggiato dalla
prestazione degli Azzurri. In pieno
recupero però ecco la lieta novella: su
una palla sporca in seguito ad una
furiosa mischia in area ligure, in
semirovesciata volante (un gol in
“bicicletta” avrebbero detto i
Brasiliani), Gianfranco realizza dal
lato destro dell’area piccola. E’ il
2-1; così il Napoli può mantenere
inalterato il distacco di 2 punti dal
Milan.
Conclusa
la sua 1ª stagione in serie A con il
raggiungimento del massimo traguardo,
all’inizio di quella successiva sembra
fatto il suo passaggio al Lecce della
“matricola” di Zibì Boniek. Ma,
all’ultimo momento, la società,
considerando le non ottimali condizioni
psico-fisiche di Maradona, ritiene che
Gianfranco potrà ancora essere molto
utile alla causa Azzurra.
Pian
piano il nome di Zola lo si trova sempre
più spesso fra gli undici titolari,
arrivando addirittura a vestire la
maglia n. 10 il 17 febbraio 1991 a Pisa
dietro consegna diretta di Maradona, che
quel giorno (incredibile ma vero!)
preferì indossare la maglia n. 9.
Durante
Napoli-Bari del 17 marzo 1991 avviene il
simbolico passaggio di consegne fra
Maradona e Zola, dato che, grazie ad un
assist del primo, il secondo realizza la
rete decisiva del match. La gara
rivestirà un’importanza storica;
perchè sarà l’ultima disputata da
D.A. Maradona al S. Paolo, in
conseguenza alla sua riscontrata
positività al controllo anti-doping
effettuato al termine dell’incontro.
Gianfranco
e tutto il Napoli però non accusano il
contraccolpo, tanto da arrivare a
sfiorare la zona U.E.F.A. L’anno
seguente, con Claudio Ranieri
allenatore, è quello della definitiva
consacrazione.
La
squadra tira al meglio concludendo il
campionato al 4° posto, e Gianfranco
disputa tutte le partite (smentendo chi
dubitava della sua tenuta atletica)
realizzando 12 reti, cifra bissata anche
nella stagione seguente (1992-’93). Le
cose però per il Napoli non vanno allo
stesso modo, tanto che si assisterà ad
un cambio di allenatore (Ottavio Bianchi
subentrò dopo 9 partite all’attuale
tecnico del Chelsea).
La
squadra chiuderà la stagione solo
all’undicesimo posto. La crisi
economica della società comincia a
manifestarsi in modo sempre più palese.
E così Gianfranco insieme a Massimo
Crippa lascia, dopo 4 stagioni condite
da 32 gol e uno scudetto, la nostra città
per salpare alla volta di Parma.
Qui,
dopo qualche normale difficoltà di
ambientamento, Zola continua a far
vedere di che pasta è fatto. Memorabile
la sua prestazione in casa del Milan nel
ritorno della super Coppa Europea vinta
per 2-0 che consentì agli emiliani di
iscrivere il loro norme anche
nell’albo di questa manifestazione.
La
delusione per la sconfitta in finale di
Coppa delle Coppe contro l’Arsenal
(1-0) non intacca l’immagine di
squadra ormai stabilmente entrata nello
stretto novero delle grandi del calcio
italiano. Zola schierato prevalentemente
da punta pura va a segno per 18 volte in
33 partite.
Ancora
più ricca di soddisfazioni sarà la
stagione seguente, con i gialloblù in
lotta su tutti i fronti fino all'ultimo
contro la Juventus. Arrivano secondi in
campionato e in Coppa Italia, ma
conquistano la Coppa U.E.F.A. impattando
1-1 in trasferta dopo aver sconfitto i
bianconeri 1-0 fra le mura amiche.
Gianfranco
fa registrare il suo personale primato
in fatto di marcature: ben 19. Difficile
invece risulta la stagione successiva,
coincisa con l’arrivo dal Barcellona
del Bulgaro Hristo Stoichkov. un
fuoriclasse certo, ma arrivato a Parma
già gratificato dai successi in terra
Iberica.
Oltretutto
occupa grossomodo la stessa posizione in
campo di Zola, causando inevitabilmente
un dualismo tattico fra i due. I suoi
altissimi guadagni in relazione a quelli
dei suoi compagni generano un certo
malumore nello spogliatoio. Tutto
questo, unito ad una certa stanchezza
dell’ambiente nei confronti di Nevio
Scala, l’allenatore dei trionfi, rende
deludente la stagione di Zola (10 gol) e
della squadra (6° posto finale).
Carlo
Ancelotti come allenatore, Thuram in
difesa, Crespo e Chiesa in attacco sono
le novità maggiori per i gialloblù
nella stagione 1996-’97. Gianfranco
pensa di tornare all’antico ruolo di
trequartista, ma gli schemi
dell’attuale tecnico milanista lo
vedono bene schierato da punta o da
esterno (o ala d’appoggio che dir si
voglia).
Non
avverte più la completa fiducia da
parte dell’ambiente, e decide, con un
colpo di testa clamoroso nel novembre
’96, di accettare le offerte del
Chelsea dove trova G. Luca Vialli e
Roberto Matteo già in forza
dall’estate ai “Blues” allenati da
Ruud Gullit. 22 miliardi più un
ingaggio quadriennale da 2.500 milioni a
stagione rappresentano il compenso
riconosciuto al “nostro” per il
trasferimento.
In
Italia infuriano le polemiche nel veder
partire uno dei migliori talenti
indigeni del nostro calcio, ma bisogna
tener presente che in piena epopea
sacchiana il ruolo del fantasista sembra
ormai fuori tempo. Comunque, il divorzio
Ancelotti–Parma/Zola porterà bene ad
entrambi, visto che i gialloblù
arriveranno secondi, e il Chelsea grazie
al sensibile apporto del “nostro”
arriva sesto in campionato e soprattutto
dopo 27 anni trionfa in Coppa
d’Inghilterra sconfiggendo per 2-0 il
Middlesbrough di Ravanelli.
Gianfranco
è decisivo nell’azione del 2° gol,
quando con un magistrale colpo di
esterno col tacco libera Newton per la
conclusione vincente. L’anno
successivo, con Vialli allenatore al
posto di Gullit, è invece lui, entrato
in campo da appena 17 secondi (!) a
realizzare l’unico gol di
Chelsea-Stoccarda finalissima di Coppa
delle Coppe (17-5-1998). In campionato
invece i “Blues” arrivano quarti con
8 reti messe a segno da Gianfranco.
Il 30-8-1998 il Chelsea vince anche la
supercoppa Europea, sconfiggendo
addirittura un mito del calcio mondiale:
il Real Madrid.
Zola propone l’assist decisivo a Poyet
a 3 minuti dalla fine. A Natale i
londinesi sono primi in classifica; alla
fine termineranno al 3° posto
confermando ormai la loro presenza fissa
fra la “crema” della premier League.
13 le reti del fantasista sardo in
quella stagione. Il 1999-’00 porta
finalmente Gianfranco e il Chelsea tutto
a disputare la Champion League.
La bella avventura termina a Barcellona
il 19-4-2000 nei quarti di finale contro
lo squadrone di Figo e Rivaldo. Il
Chelsea però si riscatta immediatamente
rivincendo dopo 3 anni la Coppa
d’Inghilterra battendo, grazie a
Roberto Matteo, l’Astonvilla per 1-0.
Il
Napoli risalito dopo 2 anni in A
stuzzica Gianfranco per un suo ritorno
da trionfatore, ma la distanza
domanda-offerta risulta alla fine
nettamente sbilanciata e così
Gianfranco prosegue la sua avventura da
emigrante di lusso in riva al Tamigi.
Nel
frattempo ritrova Claudio Ranieri come
allenatore, dopo l’esonero di
Gianluca Vialli all’inizio della
stagione. 6° posto con i suoi 9 gol in
quel 2000-’01. Il 2001-’02 risulterà
essere il peggiore della sua milizia
inglese (solo 3 reti) impreziosite però
dallo straordinario, irripetibile gol di
tacco al volo durante un match di F.A.
contro il Nordwich. I tabloid inglesi
affermano persino che non c’è stato
gol più bello nella storia del calcio.
Lascia un segno indelebile nella storia
del Chelsea, disputando una meravigliosa
ultima stagione a Stamford Bridge con la
sua squadra in Champions League (4°
posto finale) con 14 reti messe a segno
(suo record personale in premier).
Decide (è storia di oggi) che è
arrivato il momento di far ritorno a
casa; la maglia rossoblù del Cagliari,
tanto sognata da bambino, è finalmente
sulle sue spalle con il numero più
classico della storia: il 10.
Auguri
Gianfranco!
GIANFRANCO
E LA NAZIONALE
Era
arrivato da appena 3 mesi in
Inghilterra, quando si ritrovò ad
indossare la maglia azzurra contro la
sua “nuova” Patria calcistica; il
12-2-1997 nel mitico stadio di Wembley
era in programma per la qualificazione a
Parigi ’98 Inghilterra-Italia. Ebbene
proprio Gianfranco raccogliendo col
sinistro, un lunghissimo lancio
difensivo di Billy Costacurta al 18°
del primo tempo riesce a fulminare il
portiere inglese Walker sul palo di sua
competenza.
Questa rete, come da lui stesso
dichiarato, cancella 2 macchie
precedenti. Durante Italia-Nigeria dei
Mondiali americani del 1994 venne
assurdamente espulso perché accusato di
aver commesso un fallo che invece aveva
subito! L’altro “buco nero”
riguarda invece il rigore sbagliato
all’inizio di un incontro con la
Germania, che costò l’eliminazione
dell’Italia “sacchiana” dagli
Europei inglesi del 1996.
Fu proprio il tecnico emiliano a
convocarlo per la 1ª volta per il suo
esordio alla guida della nazionale (Italia-Norvegia
del 13-11-1991). 10 reti in 35 presenze
il suo “score” in maglia azzurra.
Buono certo, ma forse poteva essere
migliore.
Gianfranco ha dapprima sofferto il
dualismo con Roberto Baggio e
successivamente a causa di una volontà
“politica” che spingeva verso una
“non utilizzazione” di giocatori
militanti all’estero; non ha neanche
ricevuto la convocazione per i mondiali
del 1998, nonostante fosse stato
l’“eroe” della qualificazione
grazie allo “storico” gol di Wembrey.
Gran parte della sua storia
“tricolore” è strettamente legata a
quella di Arrigo Sacchi, suo grande
estimatore sia come giocatore, che come
uomo.
Emanuele
Orofino
11/2/2004