GIANNI
RIVERA SUI MALI DEL CALCIO
E'
amareggiato Gianni Rivera
quando si parla della crisi
del pianeta calcio, lui che
oggi è un brillante uomo
politico. Ex sottosegretario
alla Difesa, deputato per
quattro legislature,
attualmente, l'ex Golden boy,
è consulente per le politiche
sportive del Comune di Roma.
Ha una visione nerissima sul
perchè della generazione del
mondo del pallone e non la
nasconde: " Il calcio è
diventata un attività come
un'altra da cui trarre
profitto economico. Un lascito
che dobbiamo a tutta una
generazione di dirigenti che
negli ultimi anni hanno
trasformato un'attività
agonistica in un'impresa per
fare soldi. La crisi del
calcio la si vede anche nei
campi durante le partite. Non
voglio dire che le partite non
divertono. Ma se, ad esempio
guardiamo alla Nazionale, c'è
un dato che salta subito agli
occhi. Fino a qualche tempo fa
vestire la maglia azzurra era
un vanto per te e per la tua
squadra, una cosa di cui non
potevi che essere fiero e che
ti spingeva a dare il meglio.
Oggi i club hanno tali e tanti
impegni internazionali che le
convocazioni in Nazionale
rappresentano solo una
scocciatura, un pedaggio che
dal punto di vista di molti
presidenti non offre nulla in
cambio. Quanto può sentirsi
motivato un calciatore in
queste condizioni? Non a caso
la Lega Calcio, saltando la
Federazione, ha tentato di
creare dal nulla un campionato
europeo a squadre di club
anzichè a squadre nazionali.
Per fortuna il tentativo è
fallito. Poi c'è l'enorme
problema dei vivai che
scontano la presenza di troppi
stranieri. Selezionare
calciatori per le partite in
Nazionale è diventato molto
più difficile di un tempo. E
le conseguenze si fanno
sentire". In TV il calcio
non 'tira' più come prima:
"Lì credo che sia colpa
dell'eccessivo proliferare di
trasmissioni dedicate al tema
e del conseguente inevitabile
effetto saturazione. La gente
non ne può più. In
Inghilterra, dove giocano un
campionato bellissimo, si
parla di calcio la domenica e
ancora un po' il lunedì: Da
noi si arriva fino al martedì,
mercoledì. E il giorno dopo
iniziano a pensare al turno
successivo". Molti
sostengono che in fondo è
giusto così. Che se le società
devono sottostare alle leggi
di mercato devono anche farsi
carico dei relativi rischi:
"Il problema è che da un
certo momento in poi si è
speso molto più di quello che
si riusciva ad incassare. E
questo nessuna impresa può
sopportarlo, che si occupi di
gioco del calcio o di
laterizi. Se molti dirigenti
sono preoccupati per il
possibile ripetersi di un caso
Fiorentina non devono fare
altro che riguardare la loro
gestione delle società. In
molti casi contano di più i
ritorni personali che la
corretta amministrazione di un
club". Che responsabilità
hanno i tifosi? I tifosi
vogliono solo andare allo
stadio e divertirsi.
Purtroppo, però, hanno
assimilato il modo di pensare
di un sistema perverso per cui
se un presidente non tira
fuori 50 milioni di euro per
comprare il migliore giocatore
del mondo è normalissimo
fargli le barricate contro.
Ma, ripeto, anche loro sono
vittime di una degenerazione
che bisogna in qualche modo
fermare". In che modo la
politica può intervenire?
"Essendo venuta meno la
possibilità di sfruttare il
Totocalcio, che per decenni ha
sopperito alle necessità
finanziarie dello sport
italiano e del calcio in
particolare, occorre che la
politica entri più
direttamente a sostegno
dell'attività
agonistica". E' quello
che hanno chiesto le società
con la dichiarazione dello
stato di crisi. "Non si
tratta di questo. Il Governo
non è in una situazione così
rosea da potersi permettere
aiuti diretti o indiretti. A
mio avviso bisogna ripartire
dal territorio, da quei
campetti di periferia dove
abbiamo tutti imparato ad
amare il calcio. Bisogna,
insomma, intervenire
sull'impiantistica,
incoraggiare una visione dello
sport che sia sganciata dal
business per puntare ad un
agonismo diffuso e popolare.
Senza dimenticare che anche in
questo campo esiste una
questione meridionale, visto
che i migliori impianti
sportivi sono soprattutto al
nord, dove c'è anche un
grande interesse da parte dei
privati".
di
Vincenzo Letizia
9/12/2002
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