Al
caos
non
c'è
mai
fine.
Perché
se
all'ordine,
seppur
maniacale,
c'è
un
limite,
all'entropia
no.
La
vicenda
Napoli
finirà
per
sconvolgere
il
calcio.
Non
solo
perché
il
rischio
concreto
è
quello
di
perdere
una
grande
e
storica
realtà.
Il
problema
più
grande
messo
in
luce
da
queste
settimane
confusionari
è
che
c'è
assolutamente
bisogno
di
un
codice
di
autoregolamentazione.
Chissà
come
si
staranno
mangiando
le
mani
coloro
i
quali
non
avevano
sportivamente
regolato
un
aspetto
giuridicamente
tanto
valido
come
il
fitto
di
ramo
d'azienda.
E
chissà
come
si
starà
rodendo
il
fegato
chi
non
ha
fatto
chiarezza
sul
capitolo
"titolo
sportivo",
dopo
che
anche
il
fantomatico
ed
aberrante
Lodo
Petrucci
ha
finito
di
aggravare
la
confusione
che
regna
in
Federcalcio.
Comunque
vada
a
finire
la
vicenda,
l'estate
sarò
caldissima.
Perché
il
Consiglio
Federale
ha
escluso
delle
società
che
ora
guardano
al
caso-Napoli
con
molta
attenzione.
E'
il
caso
del
Brindisi.
La
società
pugliese
ha
perso
la
C1
dopo
un'amara
finale
play-off
disputata
con
il
Vittoria.
Tutti
erano
convinti
che
il
non
raggiungimento
della
promozione
sarebbe
equivalso
ad
un
suicidio.
Tecnico
ed
economico.
Così
è
stato:
schiacciato
da
pochi
milioni
di
debiti,
il
Brindisi
è
stato
radiato
ed
è
stata
affiliata
all'Eccellenza
pugliese
una
nuova
società.
Le
acrobazie
di
Gaucci
hanno
però
interessato
i
brindisini
ed
alcuni
legali.
L'avvocato
Adolfo
Gianfreda
ha
infatti
convinto
l'ex
presidente
del
fu
Brindisi,
Ubaldo
Novembre,
a
seguire
una
strategia
parallela
a
quella
del
Napoli.
Nei
prossimi
giorni,
si
chiederà
lo
stato
d'insolvenza
del
club
per
consentire
alla
nuova
dirigenza
di
fittarne
il
ramo
d'azienda
ed
il
titolo
procedendo
a
ripianare
i
debiti.
Si
sta
trovando
il
milione
di
euro
per
soddisfare
i
creditori:
l'operazione
sarebbe
accelerata
dal
fatto
che
rispetto
a
quelli
del
Napoli,
i
debiti
del
vecchio
Brindisi
sono
irrisori,
e
l'avallo
dei
creditori
non
presenterebbe
un
problema.
Così,
se
tutto
sarà
ben
fatto,
a
Brindisi
sono
convinti
che
alla
fine
il
loro
Brindisi
1912
giocherà
in
C2,
se
non
in
C1
(ripescaggio).
Questo
potrà
accadere
solo
se
il
Tribunale
di
Napoli
farà
valere
il
diritto
civile
iscrivendo
la
società
alla
serie
cadetta.
Fantastichiamo
un
attimo:
Napoli
in
B,
ergo
Brindisi
in
C
(e
Andria
in
C1) vorrebbe
dire
che
una
squadra
di
D
non
verrebbe
più
ripescata
in
C2.
La
prima
tra
le
aventi
diritto
al
ripescaggio
in
C2
è
la
Pro
Vasto.
Che
ha
presentato
un
ricorso
al
Tar
contro
l'ammissione
del
Taranto
alla
C2
(il
club
ionico
ha
presentato
assegni
circolari
in
luogo
della
fideiussione
richiesta,
e
gli
abruzzesi
contestano
anche
il
reale
reperimento
di
tali
garanzie
"non
preferenziali")
ed
è
pronto
a
presentarne
un
altro
contro
l'ammissione
del
Como
alla
C1.
La
società
lariana
ha
beni
pignorati
in
Lega
per
8
milioni
di
euro,
e
tutti
i
contratti
dei
calciatori
sono
stati
abbattuti.
Il
26
si
discute
il
primo
ricorso.
In
caso
di
niet,
la
società
aspetterebbe
l'ammissione
del
Napoli
in
B.
Che
però
potrebbe
prevedere
quest'altro
scenario,
anche
se
molto
dipenderà
dall'indiscussa
bravura
e
professionalità
dell'avvocato
Edoardo
Chiacchio,
cui
è
stato
dato
mandato
di
curare
gli
interessi
del
Brindisi.
Un'operazione
tortuosa,
che
dopo
i
precedenti
di
Parma,
Foggia
e
Monza
dovrebbe
insegnare
che
le
regole
non
solo
vanno
riscritte,
ma
anche
imparate
a
memoria
da
chi
è
chiamato
a
decidere
su
questioni
delicate.
Se
lo
si
fosse fatto
dall'inizio,
oggi
parleremmo
solo
di
Coppa
Italia.
Marco
Santopaolo
13/08/04