INTRODUCIAMO I PLAY OFF

Non si tratta di novità. Anzi, paradossalmente, la novità sta nel fatto che gli argomenti si ripropongono anno dopo anno, invariati e con maggiore intensità.

Il finale del torneo, che dovrebbe decretare le vincenti, pronte a competere nella massima serie l’anno successivo, viene distorto dalle condotte delle squadre demotivate che hanno raggiunto con anticipo i propri obiettivi o che sono retrocesse anzitempo. Prive di mordente e di anima, queste compagini giocano svogliate contro chi lotta allo spasimo per raggiungere un traguardo.

Differenze tecniche notevoli sono colmate e il risultato è sotto gli occhi di tutti. Ma c’è anche di peggio. Una squadra demotivata è più facilmente preda di offerte di combines, e questo può falsare ancora di più i giochi: i veleni di queste ultime settimane ne sono una testimonianza.

E allora sono nati i play off. L’iniziativa è ben più interessante di quelle scialbe e squallide proposte che sono state fatte – e realizzate in gran parte – per l’innovazione del campionato: anticipi e posticipi vari hanno sconvolto il calendario, senza costrutto.

Il campionato è stato sezionato ad uso e consumo delle televisioni, che hanno fatto un ottimo affare e ricavato grandi profitti, ma la tifoso non è andata proprio benissimo.

Così, separare una regular season dalla fase successiva restituirebbe alle società ed a tifosi una ragione per seguire fino all’ultimo il campionato, facendo sì che il finale di torneo ridiventi la parte più gustosa, e non una insipida appendice di una storia già scritta.

Sarebbero più digeribili, e inciderebbero sicuramente meno, tutte quelle vicende di dubbia limpidità e trasparenza che anno dopo anno si ripetono.

Si allude al caso Empoli – le ricordate le analisi delle urine? –, alle tristemente note  vicende dello scandalo passaporti – la montagna che partorisce il topolino, visto come è andata a finire –, per poi finire con l’episodio della decisione CAF su Siena-Catania: i siciliani guadagnano due punti a tavolino e a cinque giornate dalla fine mettono il turbo!

Un cenno a parte merita la nostra nazionale.

In questo vorticoso giro può accadere che i grandi campioni siano sempre più a rischio stress, con impegni moltiplicati e sempre più pesanti. E si capisce che a farne le spese è la nazionale, che ormai fa audience soltanto per i Mondiali e gli Europei. Tutte le altre gare, ed in special modo le amichevoli, vengono snobbate, e così si fa largo ai rincalzi. Mentre una volta i rincalzi erano giocatori di esperienza, campioni chiusi dai campionissimi, oggi i rincalzi sono i giovani panchinari, che passano dalla Primavera alla nazionale. Difficile pensare alla formazione di un gruppo azzurro ed alla creazione di una continuità di gioco in queste condizioni.

Sono fatti che non piacciono, né al pubblico, né a chi scrive.Quel sottile filo che li lega non porta a nulla di buono, ma ad un deterioramento del calcio vissuto, che forse non sottrae ancora pubblico, ma toglie tanta passione a tutti.

  

  14/5/2003

 Flavio Riccelli

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