di
Antonio
Clausi
(direttore
del
magazine
Cosenza
Tam
-
Tam)
“Basta
con
la
mafia
di
Carraro”.
Questo
è
il
messaggio
che
proviene
da
una
città
un
po’
più
a
sud
di
Napoli.
Anche
lì
hanno
bucato
il
pallone
ai
tifosi
della
squadra
locale
e
cancellato
ogni
speranza.
Cosenza
è
stata
offesa,
illusa
e
poi
mortificata.
La
storia
della
squadra
rossoblu
è
singolare,
diversa
dalle
altre:
i
casi
di
Napoli,
Lazio,
Ancona…
non
possono
essere
presi
in
esame
per
fare
confronti.
Il
Cosenza
non
è
fallito,
né
tanto
meno
è
a
rischio.
Semplicemente
non
ha
un
posto
tra
i
professionisti,
pur
essendovi
affiliato.
Qualcuno
si
gratterà
il
capo
per
cercare
di
capire
com’è
possibile.
Effettivamente
non
lo
è,
o
almeno
non
dovrebbe
esserlo.
Ma
per
Carraro
lo
è,
eccome.
L’anno
scorso
di
questi
tempi,
per
la
prima
volta
nella
storia
del
calcio,
una
società
(il
Cosenza
per
l’appunto)
fu
esclusa
dal
campionato
di
appartenenza
pur
non
essendo
fallita.
Con
una
squallida
manovra
politica
di
sottofondo,
si
sfruttò
l’impotenza
societaria
del
sodalizio
silano,
dettata
dalla
detenzione
preventiva
nelle
carceri
di
Vibo
Valentia
del
presidente
Pagliuso,
per
riportare
in
auge
la
Fiorentina.
Come
se
non
bastasse
il
posto
del
Cosenza
in
C1
fu
preso
dal
Catanzaro,
nemico
storico
e
rivale
di
una
vita.
Per
permettere
ai
tifosi
bruzi
di
vedere
“calcio”
la
Lega
cercò
di
riparare
al
torto
commesso,
iscrivendo
(con
il
benestare
di
politici
locali)
una
nuova
squadra
nel
C.N.D.
,
nata
dalle
ceneri
dell’U.S.
Castrovillari.
Nelle
prime
sei-sette
giornate
si
registrano
di
fila
record
di
spettatori
(15000
per
la
stracittadine
col
Rende!)
e
record
di
abbonati
(più
di
2000
le
tessere
sottoscritte)
per
la
categoria.
Ma
come
ogni
cosa
nata
male,
la
fine
non
poteva
essere
che
pessima.
I
tifosi
ben
presto
si
accorsero
del
marcio
che
c’era
dietro
questa
nuova
società
e
gradualmente
se
ne
allontanarono,
attratti
anche
dai
proclami
che
provenivano
dai
dirigenti
dell’altra
squadra
(quella
esclusa)
che
promettevano
il
ritorno
nei
campionati
professionistici.
Il
25
Marzo
1500
cosentini
andarono
a
Roma
per
protestare
contro
Carraro
e
chiedere
la
riammissione
della
propria
squadra
in
C1.
Le
presenze
potevano
essere
decisamente
più
numerose
se
il
treno
speciale
organizzato
dagli
ultrà
non
fosse
stato
bloccato,
dopo
violenti
tafferugli
scoppiati
alla
stazione
di
Paola
e
proseguiti
tutta
la
notte
per
le
strade
del
paese,
dalla
polizia,.
Tra
ricorsi
e
manifestazioni
si
arriva
al
2
Luglio
scorso
quando
una
sentenza
del
Consiglio
di
Stato
stabilì
che
bisognava
trovare
un
posto
tra
i
professionisti
al
Cosenza
1914.
Forti
della
sentenza
avvocati
e
dirigenti
incontrarono
dapprima
Carraro
e
poi
Pescante,
i
quali
si
mostrarono
disponibili
ad
applicare
quanto
stabilito.
La
città,
forse
prematuramente,
scese
in
piazza
a
festeggiare.
Il
27
Luglio
la
doccia
fredda.
“Abbiamo
deciso
all’unanimità
di
far
ripartire
il
Cosenza
dai
dilettanti”
ha
dichiarato
Carraro.
Ora
però
la
questione
si
fa
rovente.
La
Ficg
dovrà
rispondere
di
una
mancata
applicazione
di
una
sentenza
del
Consiglio
di
Stato,
la
quale
è
inappellabile.
Da
Cosenza
fanno
sapere
che
sarà
un
commissario
ad
acta
a
far
rispettare
la
sentenza.
Ciò
significa
che
se
Carraro
si
opponesse
ancora,
interverrebbe
la
Forza
Pubblica.
Resta
da
capire,
comunque,
chi
e
perché
ha
effettuato
pressioni
affinché
in
Ficg
si
arrivasse
a
questa
scellerata
e
volgare
decisione.
Carraro
più
volte
è
rimasto
implicato
in
scandali
e
accuse
di
corruzione
ma,
chissà
come,
ne
è
sempre
uscito
pulito.
La
cosa
più
logica
è
pensare
che
anche
questa
volta,
come
si
suol
dire,
“abbia
le
spalle
coperte”
e
che
quindi
sia
al
riparo
da
eventuali
ricorsi
e
denuncie.
Un’altra
ingiustizia
è
stata
perpetrata,
l’accanimento
contro
il
Cosenza
Calcio
1914
ed
il
suo
presidente,
custode
di
numerosi
segreti
della
camera
dei
bottoni
in
quanto
ex
consigliere
di
Lega,
hanno
prodotto
solo
un
cosa:
una
città
e
una
provincia
senza
calcio.
30/7/2004