Questa
sera
all'Olimpico
gara
d'andata
della
finale
contro
la
Juventus.
Ma
i
problemi
economici
del
club
biancoceleste
restano
sul
tavolo:
le
perdite
aumentano,
i
compratori
si
nascondono,
i
piccoli
azionisti
tremano.
Ieri
il
titolo
è
stato
sospeso
a
tempo
indeterminato.
Lazio
sospesa
dalle
negoziazioni
di
Piazza
Affari
a
tempo
indeterminato.
Lo
ha
comunicato
in
tarda
serata
la
Borsa
Italiana,
che
ha
confermato
il
provvedimento
con
cui
aveva
già
escluso
il
titolo
dalle
contrattazioni
della
seduta
di
ieri.
La
decisione
è
stata
presa
in
conseguenza
dell'approvazione
dei
conti
al
31
dicembre
2003,
che
hanno
evidenziato
un
patrimonio
netto
negativo
per
22
milioni
e
300mila
euro
a
causa
delle
perdite
subite
nel
semestre
luglio-dicembre:
è
la
fattispecie
prevista
dall'articolo
2447
del
Codice
civile,
che
si
riferisce
alla
riduzione
del
capitale
sociale
sotto
il
limite
legale.
Ciò
è
causa
di
scioglimento
della
società,
a
meno
che
esso
non
venga
ricostituito:
ma,
come
sottolineato
dalla
nota
della
Borsa
Italiana,
la
Lazio
non
ha
ancora
provveduto
a
dare
esecuzione
all'aumento
di
capitale,
e
inoltre
non
risultano
rilasciate
garanzie
sulla
sottoscrizione
che
rimuovano
la
causa
di
scioglimento.
Infine,
si
attende
ancora
il
nuovo
piano
industriale
che,
nelle
intenzioni
dei
vertici
biancocelesti,
servirà
a
conseguire
l'equilibrio
economico-patrimoniale
nel
medio
periodo.
Insomma,
ha
tutta
l'aria
di
essere
un
record
mondiale,
per
lo
meno
in
ambito
calcistico:
in
appena
sei
mesi,
ossia
dal
30
giugno
al
31
dicembre
2003,
la
Lazio
ha
dilapidato
più
della
metà
dei
soldi
ottenuti
tramite
l'aumento
di
capitale
dello
scorso
luglio.
Non
bruscolini,
ma
110
milioni
di
euro:
68
milioni
e
100mila
euro
sono
già
stati
persi.
E'
tutto
scritto
nella
relazione
semestrale,
chiusa
appunto
al
31
dicembre
2003,
approvata
dal
consiglio
di
amministrazione
della
società
biancoceleste.
Una
sorpresa?
Niente
affatto.
Solo
chi
in
questi
mesi
ha
raccontato
favole
sui
conti
biancocelesti
può
farlo
credere.
Ma
i
numeri
sono
crudi,
e
lo
sono
da
tempo:
103
milioni
e
50mila
euro
di
rosso
nell'esercizio
2001-2002,
121
milioni
e
860mila
euro
nel
2002-2003,
68
milioni
e
100mila
euro
nel
primo
semestre
del
2003-2004.
Come
si
evince
facilmente,
le
perdite
mensili
si
sono
addirittura
incrementate,
passando
dagli
8
milioni
e
587mila
euro
dell'ultimo
bilancio
dell'era
Cragnotti,
ai
10milioni
e
155mila
euro
della
breve
epoca
Baraldi,
agli
11
milioni
e
350mila
euro
dell'ultimo
semestre.
Nessun
taglio
dei
costi
è
stato
realizzato,
nonostante
il
tanto
sbandierato
piano
Baraldi,
che
ha
semplicemente
procrastinato
nel
tempo
i
debiti
per
gli
stipendi
dei
giocatori.
In
questa
situazione,
si
nota
il
colpevole
ritardo
della
Consob
nonché
la
leggerezza
con
la
quale
molta
stampa
tratta
le
vicende
della
Lazio:
in
tempi
in
cui
si
parla
di
proteggere
i
risparmiatori,
i
70mila
piccoli
azionisti
biancocelesti
hanno
visto
dilapidare
il
loro
investimento.
La
commissione
di
controllo
sulle
società
quotate
è
in
attesa
di
ulteriori
informazioni
sui
conti
laziali:
ma
i
numeri
sono
terribili
da
più
di
due
anni.
Come
definire
altrimenti
una
società
che,
per
ogni
euro
incassato,
spende
in
media
2
euro
e
20
centesimi?
A
proposito
dei
risparmiatori
e
dell'andamento
del
titolo,
negli
ultimi
mesi
si
è
assistito
a
un
folle
saliscendi,
orientato
in
base
alle
anticipazioni,
finora
tutte
seccamente
smentite
dai
fatti,
su
acquirenti
in
procinto
di
salire
sul
ponte
di
comando
della
Lazio.
Da
diverso
tempo
per
esempio
si
parla
dell'interesse
verso
il
club
romano
di
Ernesto
Bertarelli,
il
patron
miliardario
di
Alinghi,
l'imbarcazione
svizzera
che
ha
conquistato
l'ultima
Coppa
America
di
vela.
Tra
i
tifosi
della
Lazio
circola
da
giorni
la
voce
che
sia
solo
questione
di
ore,
dettagli.
Poi
il
salvatore
biancoceleste
uscirà
allo
scoperto.
I
giornali
lo
scrivono
tra
le
righe.
Dagli
interessati,
solo
bocche
cucite.
Che
fine
ha
fatto
l'articolo
181
del
Testo
Unico
della
Finanza,
la
cosiddetta
legge
Draghi
del
1998?
E'
il
reato
di
aggiotaggio:
vi
si
legge
che
«chiunque
divulga
notizie
false,
esagerate
o
tendenziose,
ovvero
pone
in
essere
operazioni
simulate
o
altri
artifici
idonei
a
provocare
una
sensibile
alterazione
del
prezzo
di
strumenti
finanziari
o
l'apparenza
di
un
mercato
attivo
dei
medesimi,
è
punito
con
la
reclusione
fino
a
tre
anni
e
con
la
multa
da
uno
a
cinquanta
milioni
di
lire».
La
pena
è
raddoppiata
se
il
fatto
è
commesso
«dagli
azionisti
che
esercitano
il
controllo,
dagli
amministratori,
dai
direttori
generali,
dai
dirigenti,
dai
sindaci,
dai
revisori
dei
conti
di
imprese
di
investimento
o
di
banche
che
esercitano
servizi
di
investimento,
oppure
a
mezzo
stampa
o
mediante
altri
mezzi
di
comunicazione
di
massa».
E'
la
descrizione
esatta
di
ciò
che
è
accaduto
da
almeno
un
anno
al
titolo
Lazio.
Dire
ai
piccoli
azionisti
che
la
salvezza
della
società
dipende
da
loro
è
una
sorta
di
ricatto:
sarebbe
piuttosto
doveroso
spiegare
che,
fino
a
quando
i
conti
avranno
questo
andazzo,
ogni
anno
toccherà
rimettere
mano
al
portafoglio
per
almeno
100
milioni
di
euro
complessivi.
Senza
peraltro
migliorare
la
situazione
debitoria:
al
30
settembre
2003,
i
debiti
superavano
i
crediti
di
circa
250
milioni
di
euro.
Questa
sera,
comunque,
la
banda
Mancini
affronta
la
Juventus
all'Olimpico
nella
gara
di
andata
della
finale
di
Coppa
Italia.
Chi
vince,
mette
una
toppa
tricolore
a
una
travagliata
stagione.