LE CONFESSIONI DI GIRAUDO E GALLIANI

Accordi di cartello creati alla luce del sole, tenuti in piedi nonostante i divieti sanciti dalle leggi sulla libera concorrenza, e regole di bilancio aggirate in maniera disinvolta: si tratta ormai di cose di dominio pubblico nel calcio italiano. Ma se ad ammetterle sono due tra i massimi dirigenti, i soliti due che indirizzano le sorti del mondo del pallone da dieci anni esatti, Antonio Giraudo e Adriano Galliani, l’effetto è certamente macroscopico. Sono forse dichiarazioni in qualche modo estorte o rese in privato o, peggio, travisate? Macché: è tutto scritto nero su bianco. E il luogo delle ammissioni è stata addirittura la commissione parlamentare di indagine conoscitiva sul calcio professionistico, che si appresta a concludere i suoi lavori entro la fine del mese con un documento finale: difficile trovare un luogo più istituzionale. C’è da restare allibiti: chi non credesse a ciò che sta per leggere è pertanto invitato a fare un salto sul sito internet della Camera dei Deputati. Procediamo con ordine, partendo da Antonio Giraudo: l’amministratore delegato bianconero si è distinto nella sua audizione per una dichiarazione certamente clamorosa e di stretta attualità. Il tema è quello caldissimo dei diritti televisivi, per i quali sono sempre più maturi i tempi di una nuova legge, che sancisca il ritorno alla contrattazione collettiva in luogo di quella individuale, che ha creato sperequazioni evidenti: «L’accordo a tre per la cessione dei diritti televisivi, raggiunto da Juventus, Milan e Inter, può essere considerato giusto o sbagliato: noi (Juventus n.d.r.) non potevamo fare altrimenti». Affermazione, si badi bene, dell’11 maggio: dunque, riferita al rinnovo, siglato in fretta e furia, del contratto televisivo con Sky, in scadenza il 30 giugno 2005, cioè oltre un anno dopo. Le Autorità garanti della concorrenza, sia quella italiana che quella europea, presiedute rispettivamente da Giuseppe Tesauro e da Mario Monti, possono partire da questa affermazione limpida: non vi è dubbio che «accordo a tre» sia sinonimo di cartello, a maggior ragione ove si consideri che le tre squadre valgono all’incirca i due terzi della somma totale preventivata da Sky per acquisire i diritti tv criptati di tutto il campionato. Per cancellare qualunque dubbio residuo, il 28 giugno le solite tre hanno stipulato un accordo anche con Mediaset, relativo alla trasmissione in digitale terrestre delle loro partite casalinghe di serie A, possibile solo dal torneo 2005-2006,  alla cifra complessiva di 86 milioni di euro: 32 alla Juve, 27 ciascuno a Inter e Milan. Ma anche l’omologo di Giraudo, Adriano Galliani, si è lasciato andare ad affermazioni altrettanto clamorose. Qual è il significato del verbo occultare? Secondo il Devoto-Oli, «sottrarre alla vista o anche alla considerazione o intuizione altrui, per lo più nel quadro di una manovra difensiva o anche fraudolenta». Ebbene, proprio il verbo occultare è stato usato da Galliani nella sua audizione, svoltasi il 18 maggio. Richiesto di spiegazioni sulle plusvalenze fittizie, e in particolare sugli scambi a tre milioni e mezzo di euro, effettuati nel giugno 2003 tra Inter e Milan, di otto carneadi (Brunelli, Deinite, Giordano, Toma, Ferraro, Livi, Ticli e Varaldi), il geometra di Monza ha risposto candido: «Mentre in altri settori tempo fa qualcuno cercava di occultare i ricavi, stranamente nel mondo del calcio si occultano le perdite: quindi non è che ci sia un aggravio o qualcuno evada. E’ evidente che se si scambiano due giocatori spendendo due milioni di euro anziché un milione, ciò riduce un po’ la perdita». Quel po’ di cui parla Galliani è ammontato, nel bilancio del Milan chiuso al 30 giugno 2003, a 28 milioni e 908mila euro. E in quello della Roma al 30 giugno 2002 a 95 milioni e 384mila euro. Come dichiarazione, davvero niente male: uno dei maggiori dirigenti del calcio italiano, il plenipotenziario del presidente del Consiglio alla guida del Milan, nonché presidente della Lega calcio, una sorta di Confindustria del pallone, ha ritenuto quasi meritorio il fatto di «occultare le perdite»: insomma, che ci sarà mai di così disdicevole? Peccato che i princìpi sui quali si basa la redazione dei bilanci, oltre a quello fondamentale della prudenza nelle valutazioni delle singole voci, siano la chiarezza, la precisione, l’evidenza e la verità: giusto l’esatto contrario di quell’«occultare», usato con somma disinvoltura da Galliani. Cosa volete che siano le disposizioni del legislatore, che traggono il loro fondamento dalle teorie di economia aziendale? Nulla di nulla, per i massimi dirigenti del nostro calcio. E’ fin troppo facile osservare che la riduzione delle perdite di bilancio attuata tramite il ricorso alle plusvalenze fittizie non vìola solo le norme del codice civile sui bilanci: ma produce anche un immediato vantaggio materiale per gli azionisti di maggioranza, i quali devono ripianare le perdite per un importo minore rispetto a quello che risulterebbe senza gli artifici contabili dell’ultimo minuto. 

 

S. Nap.

 

Beati monoculi in terra caecorum. E’ la massima applicabile da tempo ai conti della Juventus, sempre che si voglia leggerli con un briciolo di attenzione. Ma lo ha finalmente ammesso anche Antonio Giraudo davanti alla commissione parlamentare di indagine conoscitiva sul calcio italiano: lo scorso 11 maggio, commentando le ragioni che avevano portato la Juventus a rinnovare il contratto con Sky, in scadenza il 30 giugno 2005,  l’amministratore delegato è stato categorico: «Era doveroso per noi concludere quel contratto, anche per la prevista anticipazione di parte del pagamento. Se così non fosse avvenuto, nel mese di giugno ci saremmo trovati con una gravissima situazione finanziaria, dovendo decidere immediatamente un aumento di capitale». E il 28 giugno la Juventus ha ripetuto l’affare, stavolta con Mediaset: ha concluso un accordo triennale, valido fino alla stagione 2006-2007, per la cessione dei diritti tv relativi al digitale terrestre, pari a 32 milioni, ricevendone immediatamente 20. E l’offerta commerciale partirà dalla stagione 2005-2006. Insomma, solo incassando con almeno un anno di anticipo fette consistenti di ricavi (circa 150 milioni e mezzo di euro nel bilancio 2001-2002, saliti poco oltre i 165 milioni in quello 2002-2003), in corso Galileo Ferraris riescono a mantenere l’equilibrio finanziario. Per rispettare quello economico, il 30 giugno dell’anno scorso, la Juve ha venduto il 27,2% della Campi di Vinovo Spa, ottenendo una plusvalenza di 32 milioni e mezzo di euro e concendendo all’acquirente il diritto di rivendere proprio alla Juve la stessa quota allo stesso prezzo: ciò ha permesso al bilancio di chiudere con un modesto utile pari a 2 milioni e 150mila euro. Vedremo se quest’anno inventeranno un marchingegno altrettanto geniale per non finire in rosso.  

 

Salvatore Napolitano                                              7/7/2004

 

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