LE
PARTITE IL SABATO
Alla
fine di ogni stagione, ossia dei campionati di “A”, “B” e “C” si
tirano le somme su tutto ciò che è stato e che non è stato, su chi ha vinto,
su chi ha perso e su chi non ha né vinto né perso sopraffatto dalla propria
mediocrità.
Durante
l’estate, oltre alle “bombe” di mercato, vera e propria salvezza per il
lavoro di un cronista sportivo, si studiano riforme, novità e tutto ciò che
potrebbe migliorare questo straordinario “giocattolo” per l’anno a
venire; puntualmente, ritorna in discussione l’ormai annosa questione circa
l’eventuale anticipazione delle giornate di campionato al sabato.
In
Italia, a differenza di altre nazioni calcisticamente importanti, il calcio è
sempre stato un rito domenicale; proprio come la Messa, il pranzo a casa dei
parenti, la gita fuori porta (rigorosamente con la radiolina), 90° MINUTO,
chiudendo poi con la moviola.
Ma,
da quando le pay-tv hanno acquistato
i diritti per la messa in onda delle partite versando nelle casse delle società
fiumi di miliardi, facendo sì lievitare a livelli principeschi gli ingaggi dei
calciatori, ma anche spezzettando ogni singola giornata con anticipi e
posticipi, scelti a volte con criteri ben poco razionali, questa sacralità è
stata messa in serio pericolo.
La
novità è stata sperimentata nella stagione appena conclusa per la Serie
“B” nella quale gli incontri si sono disputati il sabato alle ore 20,30.
Risultato,
un’infinità di polemiche; per molti il sabato è giorno lavorativo, giocare
alla luce dei riflettori non piace a tutti, alcuni incontri a rischio incidenti
che con il buio serale diventano vieppiù pericolosi per l’ordine pubblico,
l’incubo nebbia e le basse temperature in alcune città del Nord Italia. In
poche parole, si sono scontentati tutti.
Gli
esercenti, dal momento che non tutti i locali hanno la possibilità di
attrezzarsi per la visione delle gare in apposite sale, sostengono che la
partita il sabato sottrae clienti ai locali pubblici, le società lamentano una
minore affluenza di pubblico negli stadi quando c’è “la febbre del sabato
sera” e gli stessi spettatori quando, subendo all’inizio della bella
stagione sia il richiamo del campionato che entra nella fase decisiva che
quello, non meno allettante, delle località di villeggiatura, si ritrovano
tormentati dall’amletico dubbio: partita o week-end?
Qui
a Napoli, poi, è subito venuto al pettine il nodo della viabilità; provate ad
aggiungere al classico caos della movida
il traffico pre- e post
partita ed il gioco è fatto.
Per
concludere, ci si domanda perché, pur essendo il calcio
sempre più un business e l’apporto economico degli spettatori sempre
meno influente, si sta eliminando la parte più genuina del pallone togliendo
ad esso la sacralità domenicale raffreddando così l’interesse degli
spettatori che preferiscono godersi lo spettacolo (quando c’è) dalla
poltrona della propria casa al mare o in montagna piuttosto che dai distinti o
dalle tribune.
10/6/2003
Antonio
Gagliardi
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