LUCIANO CHIARUGI, CRAZY HORSE

              

Negli anni ’70 il ruolo di ala pura era componente fondamentale nello schieramento di quasi tutte le squadre italiane, grazie anche a straordinari interpreti che rispondevano ai nomi di Causio, Claudio Sala, Domenghini etc. Ma, accanto a questi, non si può dimenticare il nome di Luciano Chiarugi, toscano purosangue nato a Ponsacco (PI) il 13-01-1947, qui preso a simbolo dell’imminente Fiorentina-Napoli. 

            All’età di 13 anni veste già la maglia della Fiorentina; dopo aver compiuto tutta la trafila nelle giovanili, esordisce il 30.01.1966 a Brescia nella prima edizione di quella Fiorentina ye-ye, così chiamata per la giovane età media dei suoi protagonisti, allenata da Beppone Chiappella. 

            Giocatore assolutamente atipico, gioia di tecnici e tifosi per lo scatto, il grande talento, l’estro geniale che risolveva le partite, ma a volte, per i suoi stessi estimatori, disperazione per le palle perse dovute a dribbling infiniti, per la sua incostanza, la completa abulia in alcuni  momenti della partita. 

            L’anno d’oro coincide con l’arrivo da Napoli di Pesaola il quale completa l’opera di svezzamento Chiappelliana conducendo i Viola al loro 2° scudetto nel 1968-69; per la verità, per buona parte del torneo “Cavallo pazzo” non viene schierato dal “Petisso” che gli preferisce Rizzo. 

            La riscossa di Chiarugi comincia in una giornata decisiva del campionato che vedeva i Toscani appaiati in vetta alla classifica a Cagliari e Milan. Il Cagliari perde, il Milan pareggia e, grazie a 2 reti del redivivo Luciano, i Viola si impongono per 3-1 sul Varese. 

            Da quel momento, nell’undici titolare il Riccioluto di Ponsacco troverà sempre posto arrivando a realizzare 7 gol in sole 18 partite. 

            Nel 1972 il gran salto al Milan di Nereo Rocco e, nei 4 anni trascorsi in riva ai navigli, Chiarugi esprime il meglio della sua notevolissima classe. 

            Con i Rossoneri vince una Coppa delle Coppe (suo il gol decisivo nella finale con il Leeds), una Coppa Italia entrambe nel 1972-’73 e realizza anche il suo record personale di segnature in campionato (12) in quello che è l’anno della “fatal Verona” per il Milan.

Nel 1976, scambiato con Giorgio Braglia, eccolo a Napoli; “con i suoi cross Savoldi segnerà un sacco di gol ed il Napoli vincerà finalmente lo scudetto!…” era il commento generale in estate. 

            Le cose però non andarono come previsto, e il povero Luciano si trovò ad essere considerato come il Re dei cascatori dopo un’incauta dichiarazione del famoso arbitro Michelotti, che bollò il non perfetto equilibrio dei giocatori italiani in area etichettandolo come “chiarugismo”. 

            In totale, in due stagioni con gli Azzurri realizza 7 gol (straordinario quello infilato all’Inter il 12-2-1978) in 33 partite. Chiude a 36 anni in C/2 con la Massesse, dopo aver vestito anche le maglie di Sampdoria, Bologna, Rimini e Rondinella. 

            Tre le sue presenze con la Nazionale maggiore di Ferruccio Valcareggi. Conclusa l’attività, ha fatto parte per molti anni dello staff tecnico della “sua” Fiorentina, allenando per un breve periodo anche la prima squadra nel 1992-’93. 

 

 

 

Emanuele Orofino                                       21/5/2004  

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