Nella
battuta
sul
delizioso
companatico
da
parte
del
ministro
Maroni
c’è
tutto
il
fallimento
del
decreto
spalmatasse.
Resta
così
irrisolto
quello
che
per
il
mondo
politico
sembrava
essere
un
problema
prioritario.
“Il
Governo
adesso
è
impotente”
ha
sentenziato
il
Premier
Silvio
Berlusconi
liquidando
così
una
questione
più
spinosa
di
quanto
non
fosse
lecito
attendersi,
la
cui
soluzione
sarebbe
oltretutto
estremamente
urgente
dato
che
le
società
hanno
tempo
sino
al
31
marzo
per
regolarizzare
i
loro
conti
con
il
fisco
e
potersi
così
iscrivere
alle
coppe
europee.
Sebbene
in
Italia
e
nell’ambito
della
stessa
maggioranza
di
Governo
ci
fossero
a
riguardo
delle
divergenze,
il
semaforo
rosso
è
scattato
a
Bruxelles,
nella
sede
dell’Unione
Europea
per
la
non
ultima
ragione
di
salvaguardare
quelle
società
che
hanno
superato
parecchi
ostacoli
ma
alla
fine
sono
riuscite
a
regolarizzare
la
loro
posizione.
Per
la
Serie
A
il
debito
ammonta
a
510
milioni
di
arretrati
nell’ambito
IRPEF.
Solo
il
40%
dei
club
di
A
e
B
naviga
in
acque
tranquille;
il
riferimento
non
è
per
lo
più
alle
grandi,
ma
a
quelle
società
medio-piccole
che
hanno
privilegiato
una
gestione
oculata
anche
quando
si
è
trattato
di
generare
malcontento
tra
i
tifosi.
Per
l’immediato
futuro
c’è
da
attendersi
poi
un
rigido
giro
di
vite
sia
da
parte
dell’UEFA
che
della
Federazione
Italiana.
Non
si
faranno
più
sconti
e
non
verranno
viste
con
occhio
di
riguardo
società
importanti.
Tuttavia
uno
spiraglio
consiste,
per
chi
sfora
il
termine
del
31
marzo,
nel
poter
presentare
un
ricorso
entro
il
30
aprile
o,
in
taluni
casi,
entro
il
31
maggio.
In
Italia,
inutile
dirlo,
il
calcio
è
lo
sport
più
popolare,
più
seguito.
I
guai
cominciarono
per
alcuni
presidenti
colpevoli
di
gestioni
“allegre”
e
di
aver
fatto
passi
più
lunghi
della
gamba,
ma
la
crisi
si
è
poi
allargata
a
macchia
d’olio
coinvolgendo
sempre
più
società,
anche
quelle
che
dall’alto
della
loro
posizione
in
classifica
parevano
inattaccabili.
Il
Bologna
di
Giuseppe
Gazzoni
ha
i
conti
in
ordine;
è
stato
proprio
il
presidente
felsineo
a
scoperchiare
il
pentolone
denunziando
la
presenza
di
bilanci
“dopati”
e
di
squadre
rinforzate
con
denaro
da
destinare
all’IRPEF.
Quando
si
è
visto
che
la
situazione
sfuggiva
ad
ogni
controllo
allora
si
è
cercato
di
studiare
una
soluzione
che
rendesse
meno
gravoso
il
pagamento
del
debito
e
cioè
“spalmare”
il
medesimo
in
più
anni,
stessa
soluzione
adottata
da
alcune
società
per
gli
ingaggi
più
onerosi,
in
maniera
da
garantire
la
sopravvivenza
stessa
del
calcio
in
alcune
piazze.
La
natura
del
provvedimento
e
la
solerzia
con
la
quale
il
problema
è
stato
affrontato
hanno
scatenato
numerose
polemiche:
secondo
alcuni
il
Governo
ha
ben
altre
priorità,
secondo
altri
non
si
vede
il
perché
si
debba
agevolare
chi
non
ha
rispettato
le
regole
o
chi
ha
voluto
strafare
per
garantire
i
superingaggi
ai
calciatori.
D’altra
parte
per
questo
mondo
dove
non
si
pagano
le
tasse,
dove
conta
solo
vincere,
dove
si
pagano
premi
scudetto
con
i
soldi
dei
risparmiatori
non
deve
essere
facile
accattivarsi
simpatie.
Qui
occorre
fare
una
considerazione:
molti
di
coloro
che
si
sono
scandalizzati
solo
al
paventare
un
pagamento
dilazionato
degli
arretrati
fiscali
non
erano
gli
stessi
che
spingevano
i
presidenti
delle
loro
squadre
a
“metter
mano
al
portafogli”?
La
Juve,
che
da
anni
bada
alla
cura
del
bilancio,
all’inizio
non
fu
certo
trattata
bene
dai
suoi
tifosi,
il
presidente
Sensi,
con
Cragnotti
che
nell’altra
sponda
del
Tevere
spendeva
e
spandeva
facendo
felici
i
laziali,
aveva
vita
dura
e
avvisaglie
di
contestazione
giunsero
persino
a
Berlusconi;
i
tifosi
rossoneri
temevano
che
l’elezione
a
Palazzo
Chigi
dirottasse
tutte
le
sue
risorse
alla
causa
del
Paese
piuttosto
che
a
quella
del
Milan.
Una
reazione
analoga
si
ebbe
ai
tempi
di
Tangentopoli
quando
alcune
mogli
di
politici
inquisiti
si
scandalizzarono
ripudiando
i
loro
consorti
“ladri”.
Perché
quelle
signore
non
si
sono
chieste
prima
da
dove
provenissero
i
soldi
dei
loro
gioielli,
delle
loro
pellicce
e
dei
loro
viaggi?
Se
andava
bene
prima
perché
rinnegare
adesso?
Consoliamoci
con
una
bella
fetta
di
pane
e
nutella.
Antonio
Gagliardi