SALVIAMO I VIVAI!

Finalmente qualcosa di sensato dai vertici dello sport italiano.

Il CONI ha varato un provvedimento per la salvaguardia del calcio italiano; il decreto, subito battezzato “salvavivai”, andrà in vigore dal 2006.

Ci sono molte ragioni per credere che un’iniziativa del genere giacesse nel cassetto della scrivania del presidente Gianni Petrucci già da diverso tempo e che dopo il naufragio azzurro sulle coste portoghesi, ipso facto, è stato tirato fuori.

La delibera, che pur se approvata all’unanimità ha scatenato le immancabili polemiche, obbliga le federazioni a garantire la presenza in campo di almeno il 50% dei giocatori provenienti dai vivai nazionali.

È un’iniziativa ad ampio raggio, non riguarda solo il calcio; riguarda molto da vicino anche il basket dove il ridotto numero di giocatori in campo e, nel contempo, la massiccia presenza di stranieri, comunitari e non, ha posto in luce il problema.

Nel calcio le frontiere si riaprirono nella stagione 1980-81 e fu subito massiccia l’ondata di calciatori provenienti oltre confine. Molti sono stati bravi, alcuni hanno rappresentato la storia del calcio, di altri non ce ne siamo neanche accorti. Da quando è stato abbattuto il tetto delle tre presenze straniere in campo è successo di tutto ed abbiamo assistito ad una folle corsa che ha contribuito ad uno sperpero di denaro, all’ingresso di calciatori mediocri e sopravvalutati con procuratori avvoltoi a farla da padroni.

L’opinione pubblica ha cavalcato l’onda, lo straniero era visto quasi come uno status symbol, un nome da esporre sulle magliette nelle partite tra amici con le società di calcio che si servivano del mercato estero per ostentare agganci di livello internazionale nonché risorse economiche illimitate.

Ricordiamo il Piacenza che disputò l’intero campionato 1996-97 in Serie A con una rosa interamente italiana; se non ricordiamo male quel Piacenza si salvò a danno del Cagliari con lo spareggio al San Paolo, ma ricordiamo benissimo lo scetticismo che accompagnò l’11 emiliano durante tutta la stagione proprio a causa della totale “italianità” della squadra…quasi fossero 11 stranieri.

Forse, abbiamo detto, l’infelice esito di questi ultimi Europei ha dato il là all’iniziativa, forse si è visto uno scarso attaccamento ai colori azzurri da parte di elementi di spicco già appagati dal conto in banca o comunque maggiormente stimolati a far bene a livello di club. Altrimenti non si spiegherebbe perché da anni la Under21 si esprime su ottimi livelli mentre la Nazionale maggiore ha vinto l’ultima volta quando il direttore ed il sottoscritto  andavano ancora a scuola ed i colleghi Borrelli e Santopaolo non erano  nati.

A lungo raggio, l’obiettivo è proprio questo: anche a beneficio della Nazionale, incrementare la presenza di giocatori italiani in campo, favorire lo sviluppo dei vivai per far in modo che abbiano un peso sempre maggiore in un calcio economicamente crollato potenziando così le squadre di atleti non presi chissà dove e non pagati chissà quanto.

Sulle accennate polemiche, sollevate da chi non vede questo provvedimento in linea con i tempi, con l’Europa unita, rispondiamo che, visti i danni che ha comportato lo scriteriato arrembaggio allo straniero, non c’è nulla di anacronistico nel voler privilegiare i giovani del posto e cioè i vivai delle squadre di un campionato che tutto si può dire che sia fuorché xenofobo.

                               

 

Antonio Gagliardi                                                       16/7/2004

 

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