SENSI
BLA,
BLA,
BLA
Questa
scritta
comparve
su
uno
striscione
ironico
in
Curva
Sud
qualche
anno
fa;
i
curvaioli
giallorossi
contestavano
il
loro
presidente
accusandolo
di
promettere
mari
e
monti
ma
di
non
fare
poi
nulla
di
concreto
per
rafforzare
la
“maggica”.
Erano
i
tempi
dei
quattro
derby
persi
in
una
sola
stagione
contro
la
Lazio
che
era,
anche
economicamente,
su
altri
livelli
ed
al
popolo
romanista
bruciava
soprattutto
questo:
il
gap
societario;
i
cugini
non
solo
erano
più
forti
ma
erano
anche
più
“potenti”.
Passaportopoli
ed
il
crack
della
Cirio
ridimensionarono
le
ambizioni
della
Lazio
e
Sensi,
contemporaneamente,
decise
di
mettere
mano
al
portafogli.
L’arrivo
di
Batistuta
fu
la
ciliegina
sulla
torta;
era
proprio
l’asso
di
Reconquista
la
promessa
mancata
rinfacciata
dai
tifosi
al
presidente
poi
innesti
indovinati
ed
un
Totti
sempre
più
leader
e
sempre
meno
pupone
scucirono
lo
scudetto
dalle
maglie
dei
rivali.
Lo
scudetto,
una
squadra
competitiva
ed
il
ritrovato
predominio
cittadino
fecero
scoppiare
la
pace
tra
Sensi
ed
il
pubblico
dell’Olimpico.
E
pace
sembrava
esserci
anche
tra
la
Roma
ed
il
Palazzo;
sarebbe
più
esatto
dire
tra
Roma
ed
il
Palazzo.
Gli
scudetti
della
Roma
nel
2001,
della
Lazio
nel
2000
dopo
quello
perso
sul
filo
di
lana
nel
1999,
interruppero
bruscamente
la
dittatura
“bipolare”
Milan-Juventus;
ma,
“sembrava
esserci”
perché
la
cuccagna
non
durò
a
lungo.
Roma,
il
terzo
polo,
si
trovò
presto
in
difficoltà;
la
Lazio
finì
impelagata
nello
scandalo
passaporti
e
nelle
traversie
finanziarie
di
Cagnotti
e
Sensi
continuò
da
solo
ad
affrontare
il
“vento
del
nord”
non
potendo
nemmeno
contare
su
Moratti,
persona
da
lui
stimatissima
ma
non
abbastanza
battagliera
per
questo
calcio.
L’anno
scorso,
poi,
riscoppiò
la
guerra
fredda.
Dichiarazioni
piuttosto
pesanti
circa
la
regolarità
del
campionato
(va
detto
che
la
Roma,
soprattutto
all’inizio,
non
usufruì
certo
di
favori
arbitrali),
botte
e
risposte
ai
limiti
dell’insulto
personale
con
i
nemici
giurati
Moggi-Giraudo
non
tralasciando
nemmeno
Galliani
in
qualità
di
presidente
della
Lega.
Il
punto
più
basso
fu
toccato
proprio
la
scorsa
estate;
prima
che
la
Roma,
a
causa
di
fideiussioni
irregolari,
rischiasse
la
non
iscrizione
al
campionato,
Totti
fece
intendere,
nemmeno
tanto
velatamente,
di
essere
pronto
a
cambiare
aria
se
l’andazzo
fosse
rimasto
lo
stesso.
Il
fuoriclasse
di
Porta
Metronia,
sempre
più
simbolo
della
squadra,
aspira
al
Pallone
d’oro
e
per
assicurarselo
deve
vincere;
ma
non
potrà
mai
vincere
se
la
sua
società
è
guidata
da
un
presidente
che
litiga
con
tutti
e
tutto.
Meno
tempo,
quindi,
speso
per
attaccare
le
società
rivali
e
più
energie
profuse
per
il
potenziamento
della
squadra.
L’ultima
uscita
di
Sensi
è
quella
relativa
al
presunto
accordo
per
il
pareggio
nella
sfida
Milan-Juventus.
Dichiarazione
che,a
priori,
potrebbe
non
sembrare
poi
tanto
peregrina
ma,
viste
le
parate
di
Dida
e
l’animosità
in
campo,
appare
evidente
come
le
due
squadre
abbiano
cercato
di
superarsi.
“Si
sarà
confuso
pensando
alla
partita
tra
noi
dirigenti
alle
11
di
mattina”
è
la
piccata
risposta
di
Giraudo,
amministratore
delegato
della
Juve,
“Questo
calcio
non
merita
mio
marito”
è
l’accorato
manforte
della
signora
Sensi.
Al
confronto,
sono
sicuramente
rimpianti
i
botta
e
risposta
dei
vecchi
tempi;
i
righelli
d’oro
ed
i
centimetri
violesi
sono
davvero
lontani
anni
luce.
Antonio
Gagliardi
02/11/2003