ATTILA SALLUSTRO, IL DIVINO

 

     

 

Avete presente la popolarità da “divo” che avvolge la vita sportiva e non di David Beckam, neo acquisto del Real Madrid? 

Bene, negli anni ’30 nella nostra città Attila Sallustro, nato ad Asuncion (Paraguay) da genitori italiani e sbarcato giovanissimo in Italia, raggiungeva (fatte le dovute proporzioni in ossequio al tempo che fu) la stessa intensità di venerazione da parte dei media di cui oggi gode il fuoriclasse britannico. 

Bello, di alta statura, biondo di capelli, aveva un ottimo scatto e tiro non accompagnati però da una preparazione fisica particolarmente adeguata, che non gli consentì di andare oltre i 30 anni nel corso della sua pur splendida carriera. 

Napoli impazziva per quell’uomo mite e ombroso, oltre che per le sue doti pallonare, anche perché rappresentava in qualche modo il ripetersi della favola di Cenerentola, con Attila nella parte del principe azzurro. Infatti appassionato del teatro di varietà, si innamorò (ricambiato) della soubrette di origine russa Lucy D’Albert, che da lì a poco divenne sua moglie. 

Si narra che quando Sallustro entrava in teatro ad ammirare la sua amata, lo spettacolo addirittura veniva sospeso in omaggio al “divino”! 

Tutto sommato per lui il calcio era un gioco e poco più. Questo comunque non gli impedì di realizzare ben 106 reti negli incontri con la maglia azzurra (ancora oggi è il cannoniere principe di tutti i tempi del Napoli). 

Solo 2 le sue presenze in Nazionale (1 rete), e poi la maglia n. 9 finì sulle spalle di Peppino Meazza. I napoletani si arrabbiarono moltissimo (se la presero a male), tanto che partirono in massa per andare a … fischiare “il balilla” in Italia-Svizzera, giocata a Roma, scatenando (e qui entriamo nel campo della leggenda) le ire della mamma di Meazza, che prese ad … ombrellate (!) i più esacerbati fans napoletani di Sallustro. 

Per la verità Meazza in quella partita segnò 2 gol e da allora cominciò la sua “escalation” diventando 2 volte campione del mondo. 

Tornando a Sallustro, va detto che il suo aspetto e i suoi modi signorili ne facevano (detto senza ironia) un vero Rodolfo Valentino in versione partenopea, ammirato dagli uomini ed idolatrato dalle donne. 

Terminata la carriera si ritenne doveroso offrirgli, in omaggio alla sua figura e al suo passato, il ruolo di Direttore dello Stadio S. Paolo. Si accomodò anche sulla panchina azzurra in più periodi, sempre in momenti difficili. Era diventato un grande tifoso del Napoli e chi lo ha conosciuto bene, nonostante il suo apparente distacco, sottolinea come soffrisse e gioisse per le peripezie della sua squadra del cuore. 

Pensionato, si trasferì a Roma dove si è spento nel 1983 a 75 anni. 

Circa mezzo secolo prima rischiò involontariamente di rompere il “feeling” matrimoniale di un venditore ambulante, che preoccupatissimo della voce che voleva Attila in partenza verso la Capitale (per seguire la sua bella impegnata in teatro) lo scongiurò di restare perché se fosse andato via, lui voleva seguirlo! Ma come avrebbe sistemato la questione con la moglie? (All’epoca non c’era il divorzio).

 

Attila Sallustro: “il Beckam d’Antan”.

   

Emanuele Orofino

                                                                        04/8/2003

 

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