GLI ARBITRI E LA SUDDITANZA PSICOLOGICA

 

 

Forse non tutti sanno che il modo di dire, divenuto comune anche nella vita di tutti i giorni, “sudditanza psicologica” è stato creato dalla fervida fantasia di quello scrittore prestato al calcio che rispondeva al nome di Gianni Brera. 

L’avv. Prisco a chi gli domandava se esisteva o no per davvero, rispondeva: “Ma la sudditanza psicologica c’è nella vita di tutti i giorni; state pur certi che se in un parcheggio pieno arriva Ornella Muti un posto per lei lo si trova di sicuro!”. 

Provate ad osservare con quale entusiasmo il ragazzo del bar serve un caffè ad un uomo o ad una bella donna; cercate di cogliere la diversità dell’atteggiamento di un bancario verso un cliente possessore di un bel gruzzoletto o verso chi zoppica vistosamente sul piano economico. Di esempi così chiunque di noi potrebbe esporne a bizzeffe. Ne siamo in prima persona autori o vittime a seconda delle circostanze. 

Quindi, perché gli arbitri, uomini come noi, dovrebbero essere immuni dalla sudditanza psicologica? Si dirà: “Ma gli arbitri sono giudici inappellabili, anche perché dovrebbero essere sempre imparziali” … certo, e la maggiore parte delle volte lo sono. C’è chi lo è quasi sempre (Lo Bello l’altro ieri, Agnolin ieri, Collina oggi) e viene ricordato come un fuoriclasse della categoria. Gli arbitri ottimi, buoni, modesti o scarsi che siano, crediamo che, in virtù (e ben venga la retorica) di quel senso di giustizia che inevitabilmente posseggono per aver scelto un mestiere così difficile, cercano di esserlo il più possibile. 

Ma in casi dubbi (come quello del rigore su Nedvèd in Brescia-Juventus di sabato scorso), anche un buon arbitro come Paolo Bertini sceglie la soluzione migliore per la squadra più forte e potente. 

Poi però, forse assalito dal dubbio di non aver preso la decisione più giusta, ha avuto il coraggio di “rischiare” facendo ribattere con estrema pignoleria 3 volte il rigore a Miccoli. Immaginate le polemiche di parte bianconera se il rigore fosse stato alla fine sbagliato e la Juventus non avesse fatto risultato!

In conclusione, forse tutti noi dovremmo avere più simpatia per questi uomini, che hanno il coraggio (o l’incoscienza) di esporsi alle critiche e alle maldicenze di 56 milioni di commissari tecnici e grandi esperti di calcio. 

Mica tutti possono essere dei Collina, o no?

 

Emanuele Orofino                               8/3/2004                     

 

  

 

  

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