Sette
anni fa. Appena ieri.
L'ultimo Napoli con la
"N" maiuscola, se
vogliamo lasciarci alle
spalle la bella parentesi
targata Novellino: quello
era sempre un Napolino,
bello e spumeggiante ma in
serie B. L'ultima volta che
si è visto il Napoli, un
Napoli, è stato - appunto -
sette anni fa. In panchina
Gigi Simoni. Cacciato via
per un chiacchierato
pre-contratto con l'Inter di
Moratti, club che con lui ha
vinto l'ultimo trofeo. Una
Coppa UEFA in quel di
Parigi, che grande Inter,
insindacabile 3-0 in una
notte da tregenda per la
Lazio. Rieccolo Simoni,
piacere Simoni. Una scheda
del tecnico di Crevalcore? Utile
ai profani, non a chi segue
un po' di calcio. Ha
allenato dalle Alpi alla
Calabria. Genoa, Cremonese,
Lazio, Pisa, Empoli,
Brescia, Cosenza, Carrarese,
Napoli, Piacenza,
Torino, Inter e Ancona.
Tante le promozioni in A, a
Genova, a Cremona, ad
Ancona. Alè, rieccolo Gigi.
Bentornato Gigi. Finalmente
un tecnico vincente.
Alleluia, si era cantato il
miserere ad Agostinelli già
da mesi, e forse questa
decisione arriva troppo
tardi. Ma chissà, il
campionato è lungo lungo e
l'inopinato avvio può
essere raddrizzato con una
manovra a mano dell'esperto
chirurgo, operando un malato
in stato di coma profondo.
Esperienza da vendere e
cuore azzurro. Un lord
della panchina, di quelli
che a Napoli non se ne
vedevano da tempo. Da molto
tempo. Torna Simoni e si
porta dietro il solito
bagaglio. Esperienza,
carisma, bei ricordi di
Napoli. Così i tifosi, lo
accoglieranno bene.
Napoletani tutti che di
esperienze ne hanno
accumulate solo di negative
in questi ultimi anni. Bei
ricordi di mister Gigi,
l'ultimo grande condottiero
del Napoli in A. Cioè: di
un Napoli da A. Dopo di
lui, il marasma generale, da
Mutti a Galeone passando per
Zeman fino ad arrivare a
Mondonico. Il passato, i più
maligni dicono la
"trash-generation".
Vocabolario d'inglese alla
mano per capire. In ogni
caso, cambia il vento in
poppa per qualche giorno
fino alla trasferta di
Palermo.Ovvio e logico. Da
quando cioè Simoni dovrà
interloquire con il campo
per costruirsi la nuova
reputazione. Parte con il
favore della scheda, se così
vogliamo dire. Più di
quanto avrebbe fatto un
Camolese o un Vavassori. Il
passato conta fino alla
domenica mattina ma
poi, come sempre, è
il campo a parlare,
inequivocabilmente. Le
prossime tre partite
tasteranno, quantomeno, il
polso di Gigi Simoni.
Palermo, Ternana e Atalanta.
Come se una matricola
affrontasse appena entrato
in accademia l'esame per il
dottorato. Simoni però
non leverà gli scudi. Se
è vero che le motivazioni e
carattere non cambiano a
distanza di pochi mesi, il
Napoli non prenderà delle
bambole, come ne avrebbe
prese con un Ago in
panchina. Il ciuccio, meno
asino di prima, deve
reagire perchè punto
nell'orgoglio. Adesso la
squadra non ha più alibi:
lo scomodo pungolo è andato
via, adesso in panchina
siede un signore. Al quale
si chiede prima di tutto una
cosa. Inutile stare a
predicare umiltà e
responsabilità, Simoni è
del quartiere. Sbaglieremmo
palazzo. Quello però che si
chiede al nuovo tecnico,
prima della serie A, è di
riportare la gente al San
Paolo. Incubato fra quattro
blocchi di cemento a
Campobasso e spogliato
dell'ultimo anelito di vita,
il Napoli deve ricominciare
a esistere come squadra di
calcio. Nascosto inutilmente
in uno stadio deserto, due
mesi di esperimenti
all'oscuro buttati alle
ortiche. I tifosi, avessero
visto questo Napoli al San
Paolo, se ne sarebbero fatti un'insalata.
Insipida. Adesso Simoni, si
spera che porterà il sale.
E che nasca un bel piatto
forte, e non il solito
brodino. Degustato senza
protestare fino a domenica
sera. Il tempo del salame è
finito, adesso si banchetta con caviale. In
bocca al lupo, mister Gigi.