• DETTI E CONTRADDETTI - AMENITA' DALLA 37.A DI CAMPIONATO E DINTORNI •

12/5/2008
 

RENATA SCIELZO/ foto di Felice De Martino) - Calcio del cuore vs calcio dei milioni 3- 1. O se vi piace di più, a citare il grande Troisi, “Ricomincio da tre”.
Forse è la giornata più bella da quando abbiamo intrapreso questo percorso del lunedì con voi lettori, regalandovi qualche battuta più o meno divertente, qualche tirata più o meno acida.
Questo lunedì forse è più bello di quello dopo la festa promozione, perché è il lunedì del cuore. All’Olimpico andrà di scena la partita del cuore tra la nazionale cantanti e la squadra 6UNICA con uno strano ct, Totti, e con in campo certi signori i cui nomi mettono i brividi: Zico e Maradona.
Ma una partita del cuore si è già giocata ieri sui campi di serie A ed è stato il risultato del S. Paolo ad orchestrare una delle più belle giornate di pallone che si ricordino, che ha dato il la ad un campionato aperto fino all’ ultima giornata e all’ultima stilla di sudore, un campionato che nemmeno un rigorazzo dell’ultima ora è riuscito a rovinare.
3-1 ha fatto il Napoli, 3 le squadre che si sono salvate grazie a cuore e sudore: Reggina, Cagliari e Torino. 3 le grandi che senza troppi milioni e troppi lustrini hanno esultato: il nostro Napoli delle meraviglie, un tempo umiliato, un tempo offeso, oggi fiero e “castigagrandi”; la giovane e ultimamente troppo sfortunata Fiorentina (non ce ne vogliano i tifosi azzurri, immaginiamo l’acredine maturata contro i viola per il diverso trattamento ricevuto in altri tempi, ma non c’entrano questi ragazzi, non c’entra Prandelli); lo spirito di gruppo della Roma di capitan Futuro de Rossi vs le spocchiose individualità interiste.
Forse nessuno avrebbe immaginato che al fischio finale ieri sarebbe finita così: tra lacrime e sangue. Lacrime di gioia o di tristezza. Sangue speso in corsa sul campo o rovesciato addosso negli spogliatoi, per un rigore che si è voluto tirare a forza, per un rigore che si è sbagliato, per un rigore che, come al solito, non c’era. E l’Inter stellare diventava d’un tratto umana e nervosa: tra gatti neri investiti, le urla di Moratti e Mancini, i litigi tra Julio Cruz e Materazzi e la parabola di quest’ultimo da eroe mondiale a capro espiatorio di una giornata storta. Avrà riso Zidane, perché la fortuna, come sempre, dà e toglie, e quando meno te l’aspetti ti mostra il conto.
E nessuno avrebbe immaginato che due “neopromosse” potessero divenire rispettivamente ago della bilancia per lo scudetto e il quarto posto Champions. Nessuno. Mentre il Napoli spediva il diavolo all’inferno, costringendolo con buone probabilità ad una Champions vista in poltrona, Alex Del Piero all’89 spingeva una palla in rete che lasciava tra color che son sospesi il Catania e dava ancora qualche speranza al Parma altrimenti retrocesso. Era dagli scarpini di Del Piero che usciva quel sassolino che né Zenga, allenatore del Catania, né Mancini e gli interisti avrebbero mandato giù a fine serata. Si consumava la festa della sportività, in cui nessuno faceva regali e tutti giocavano la loro partita. Segno che almeno qualcosa è cambiato. Niente pastette e saldi di fine stagione.
Di fatto una zampata riapriva il campionato, regalando agli appassionati del pallone uno dei più bei finali che si ricordino con incroci da fare spavento e un tricolore che sarà assegnato per una differenza minima o addirittura a pari punti, basandosi sull’esito degli scontri diretti. E qui si aprirebbe la questione spareggio, la questione “cambiamo le regole”, ma oggi, sinceramente, non ci interessa, anche perché non ci riguarda e non è a questo che adesso dobbiamo dedicare spazio e tempo.
Parole infatti ne abbiamo già dette tante, ma ancora nessuna ne abbiamo speso per il primo che arrivò nel nuovo Napoli, colui che ci ha accompagnati per mano dall’inferno al Paradiso, colui che ama e non dimentica, colui che ci ha fatto talvolta imprecare per la sua proverbiale lentezza, ma ci ha fatto più e più volte urlare di gioia per le sue incornate, costruendo e regalandoci il sogno che Napoli aspettava: un sogno di lacrime, sudore e fatica che è la più bella risposta che si potesse dare al calcio dei bottoni e dei milioni, allo strapotere del nord, alla recente vittoria della lega. Napoli c’è, Napoli non è solo “munnezza” – come ben ha detto De Laurentiis – Napoli sa sognare e si sa rialzare. E tutto ripartirà da qui, da uno stadio con 65000 persone che hanno urlato con le lacrime agli occhi: GRAZIE PAMPA.
E oggi lo ringraziamo anche noi per le emozioni che ci ha dato, per l’affetto incondizionato che ci ha regalato. Grazie campione. In quell’Olimpo straordinario che contempla le divinità azzurre, un posto d’onore accanto al grande Diego non può che spettare a te: grande condottiero, grande gladiatore e immenso cuore.
Solo tu potevi andartene in un giorno così, che segna la fine di un ciclo, per altro meraviglioso, e simbolicamente ne apre un altro, proprio con la vittoria contro quella squadra che l’altro argentino del cuore aveva spesso trovato a intralciargli il cammino.
Una domenica così potevano regalarcela solo ragazzi dal cuore grande: dal talento di Hamsik e Lavezzi all’incredibile miracolo compiuto dall’assist man Montervino e dal realizzatore Garics. Nemmeno nel più bello dei sogni. E prendevamo due legni. E un goal nel finale che serviva solo a lavare l’onta della vergogna dalla faccia degli avversari.
Non vorremmo aggiungere altro, le lacrime di commozione bagnano la nostra tastiera. Ci auguriamo che domenica i ragazzi sapranno regalarci un’altra soddisfazione contro la Lazio e che l’Italia del pallone assista ad altre vittorie del cuore. E allora ci schieriamo: Roma e Catania, se esiste anche una sola possibilità che la parte medio - bassa dello stivale festeggi, noi speriamo che sia proprio quella a realizzarsi.
In ogni caso comunque vada, saremo qui a scrivere e a ringraziare i nostri ragazzi per un campionato vissuto alla grande, tra qualche polemica, molte emozioni e tanti goal.
E scusate se stavolta vi abbiamo regalato lacrime e non battute e ilarità.
 

INDIETRO