• DETTI E CONTRADDETTI – AMENITA’ DALLA SETTIMA DI RITORNO E DINTORNI •

3/3/2008

(RENATA SCIELZO / foto di Felice De Martino) – La classe operaia va in Paradiso e Cadono gli dei.
Festa mesta al S. Paolo per la prima della classe. Mesto il popolo dei salottieri della tv.
Bisognava assegnare definitivamente il tricolore all’Inter delle meraviglie, mantenendo inalterato a 9 lunghezze il distacco dalla seconda, inseguitrice in affanno.
Bisognava mettere a segno l’ennesima vittoria in vista del centenario.
Bisognava bearsi e crogiolarsi nella propria ostentata superiorità di rosa e di forza fisica, al di là delle ultime performance non proprio stellari.
Bisognava, per l’appunto.
Invece qualche infortunio di troppo e un arbitraggio non politically correct sbarravano la strada alla pazza Inter. Questo è quello che qualche impavido salottiero in tv ha avuto il coraggio di sostenere. Risate a crepapelle? No. Un sentimento di tenerezza di fronte a cotanto sragionamento e ad un evidente Alzheimer in fase galoppante.
La serata, anticipata dal pomeriggio festoso e dai caroselli di Firenze, per la vittoria all’ultimo minuto della Fiorentina sulla vecchia signora a Torino, come non accadeva da venti anni, si è rivelata ancor più prodiga di emozioni, in una giornata di campionato in cui “la classe operaia andava in paradiso” e si realizzava “la caduta degli dei”. Cronisti faziosi e salottieri da strapazzo accusavano il colpo e potevano provare a sostenere le loro assurde tesi e giustificazioni solo al prezzo di palesi sragionamenti e idiozie.
Fiorentina e Napoli assurgevano a protagoniste di due epiche vittorie. Vecchia Signora e Nuova Signora, in affanno e difficoltà, scendevano sulla terra tra i poveri mortali. Finalmente beffate, finalmente colpite, finalmente affondate.
I nerazzurri, anzi, tifosi compresi, che a Milano ci avevano accolti con striscioni razzisti e sacchetti di immondizia, affondavano sotto il peso della stessa, autori di una prestazione che definire una “munnezza” è un eufemismo.
Una sola squadra scendeva in campo al S. Paolo e mostrava ieri la sua superiorità, grazie ad un solo speciale ingrediente: IL CUORE; il cuore di chi è sceso in campo, il cuore di chi si è sgolato dagli spalti.
Si consumava la prima sconfitta stagionale degli imbattibili, cadevano record e dei, si festeggiava a Napoli come a Roma, dove i giallorossi, Totti compreso, come dichiarato, erano dinanzi allo schermo a tifare Napoli.
La Roma, protagonista il sabato di una goleada contro il Parma e vittima di una beffa contro la prima della classe nel turno infrasettimanale, attendeva con ansia il verdetto del S. Paolo.
La Roma che aveva conosciuto all’Olimpico il più bel Napoli della stagione (con la traversa della porta difesa da Curci che sta ancora tremando) sperava.
A fine serata, con il pensiero rivolto alla sfida/stagione con il Real, ringraziava e gioiva. Ma senza troppi entusiasmi.
Proprio alla Roma infatti un calendario burlone riservava per la prossima settimana la bolgia del S. Paolo.
E come brillantemente ha sottolineato il giovanissimo Santacroce (prego signori in piedi e applausi) il Napoli ha riaperto il campionato, ma lo stesso Napoli potrebbe chiuderlo definitivamente, assurgendo dalle polveri della serie B ad arbitro del campionato di A. Battere la Roma sarebbe per la squadra di Reja l’ennesima grande soddisfazione e il segno tangibile di un progetto che guarda lontano e che mira ad ascrivere i nostri nel firmamento dei grandi.
Ma non andiamo troppo oltre e godiamoci il momento. Davvero tanta carne a cuocere in un weekend del pallone che ha fatto gioire i presunti somari ai danni dei presunti primi della classe. Spiegata in termini scolastici è quella gioia che si prova quando il primo della classe, il “soggetto” con coccarda e grembiule lindo e pinto, prende una fantasmagorica cantonata, seguita da un sonoro e brutto voto. Aggiungere altro? Avrebbe poco senso. Ci si porta dentro la gioia indescrivibile di aver fatto cadere tra le mura amiche avversari storici come la Vecchia e la Nuova Signora e la consapevolezza di poter dire la nostra. Il Napoli di quest’anno è una sorta di mina vagante, può colpire e essere affondato, ma chissà perché quando vede bianconero, nerazzurro o giallorosso, mette l’abito delle grandi occasioni, dimentica “munnezza” e affini, si affida al cuore e impavido stende e ubriaca l’avversario. Sono quelle piccole grandi soddisfazioni, cari lettori, che rendono –come dire – quasi impalpabile l’inizio della settimana lavorativa.
Buona settimana a tutti e come sempre forza Napoli.

P.S. Delle cassanate nulla abbiamo detto, perché già molto si è detto e contraddetto e perché ci hanno davvero stancato certe scenette da guappo e da bulletto. Una sola piccola postilla per chi diceva Cassano, Cassano al Napoli. "IL POCHO FOR EVER".

 

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