• DETTI E CONTRADDETTI –AMENITA’ DALL’OTTAVA DI RITORNO E DINTORNI •

10/3/2008

(RENATA SCIELZO, Foto di Felice De Martino ) – Ci avevamo sperato in un’altra impresa. Ci avevamo creduto. Così non è stato e in questo piovoso e uggioso lunedì non ci resta che leccarci le ferite e guardare avanti, con la consapevolezza, come ha detto il presidentissimo, che la sconfitta ci poteva stare.
Francamente De Laurentiis ci è sembrato un po’ troppo prodigo di complimenti per la compagine guidata da Spalletti e troppo acquiescente in merito alla direzione arbitrale (non sarà mica un po’ romanista…?), ma poi ha giustamente già invitato i suoi ragazzi a pensare alla sfida di Torino, caricandoli per l’ennesimo big match di questo marzo pazzo.
Giocarsela con la vecchia Signora tra le sue mura sarà impresa di quelle ardue. Da lì non sono usciti vittoriosi né i giallorossi, né i nerazzurri. A fare l’impresa in zona Cesarini ci hanno pensato i giovani viola allenati da Prandelli. Chissà che la fortuna, come diceva il grande Machiavelli, non preferisca i giovani, e finisca per arridere ai tanti giovani tra le fila azzurre…chissà.
Scaramanticamente parlando è meglio dir poco, lavorare tanto e incrociare le dita, sperando che qualcuno lassù aiuti gli audaci.
Parlar poco ed evitare dichiarazioni tipo “abbiamo riaperto il campionato, ora lo richiudiamo”. Santacroce dixit. L’inesperienza a volte tira brutti scherzi. E pensare che proprio il povero Fabiano di concerto con Super Gianello ce l’ha messa tutta per chiudere questo benedetto campionato, ma i suoi compagni no, quelli erano su un altro pianeta. Santacroce a tutto campo. Mannini su un altro pianeta…Vero signor Mannini?
Insomma il giovane Santacroce ha detto ed è stato contraddetto. Il giovane Mannini si è preso una domenica di riposo. Lavoro straordinario per il povero Gianello, travestito all’occorrenza da Buffon. Intanto Totti sfilava per la 500ima volta con la maglia della Roma e si metteva il ciuccio in bocca, dopo aver trasformato un rigore dubbio, un po’ meno di quello regalato la sera precedente all’Inter, ma dubbio o quanto meno generoso.
I 60000 imprecavano, ma tutto sommato si godevano uno dei più bei match visti al San Paolo. Alla fine si dovevano accontentare dei complimenti che Spalletti e soci non lesinavano a fine gara. I Complimenti, solo quelli, purtroppo.
A che pro tutto ciò? Per bearci, per crogiolarci al ricordo di belle prestazioni messe in campo quest’anno o per “rosicare”, come dicono a Roma, per la prestazione mancata di ieri?
No, solo per guardare avanti con la consapevolezza che avevamo di fronte un avversario tecnicamente più forte, che ci siamo presi la briga di mettere in difficoltà nel suo stadio e che non tutte le ciambelle possono uscire con il buco.
Questi signori in giallo e rosso venivano dal Santiago Bernabeu carichi e ringalluzziti – già di loro sono spocchiosetti, vedi alla voce Totti - insomma davvero non era semplice metterli a sedere.
Certo, obietterà qualcuno, nemmeno bisognava farsi infilare dopo 1 min e 23 secondi. Vero, ma c’est la vie e come dicono a Roma: “ci ha detto male”. Quel goal a freddo ha annientato i nostri e i dieci minuti di super Pocho Lavezzi (ha giocato dieci minuti da nove, anzi da dieci in pagella) purtroppo non sono serviti contro una sorte che si è palesata avversa sin dai primi istanti, dalle primissime battute del match. Sarà per la prossima.
Peccato per quei 60000 e passa, per i tanti romani che vivono a Roma, che dovranno subire per un' intera settimana gli sfottò romanisti (e chi scrive ne sa qualcosa...), peccato per Gianello e Santacroce.
Ma che bella l’aria intorno al match, fatta di sorrisi e strette di mano tra Carmando, Totti e Panucci, di scambi di maglie, di un Pampa Sosa che solleva in braccio Pizarro, memore dei tempi in cui giocavano insieme a Udine.
Immagini che ci hanno colpito. Immagini che speriamo si possano rivivere e rivedere al più preso, con l’augurio e nella speranza che le due squadre, entrambe rivelazioni del campionato, per diversi motivi, possano ritrovarsi a lottare ad altissimi livelli e le loro tifoserie possano rinnovare al più presto l’antico gemellaggio di un tempo, senza rancori e senza acredini, ma solo sull’onda di simpatici sfottò.
Ormai poco più di un’ora di treno separa Napoli da Roma; sarebbe il caso di sotterrare l’ascia di guerra e di guardare insieme fieri e baldanzosi verso nord, dimostrando che anche al di qua del Po ci sono squadre che sanno giocare al calcio, sanno emozionare e sanno fare spettacolo. Napoli e Roma sono due di queste. Alla prossima e Forza Napoli.
 

INDIETRO