• DAMIANO TOMMASI, UN ESEMPIO DA SEGUIRE •

29/11/2005

(RENATA SCIELZO) - Nella domenica avvelenata dai cori razzisti, dagli insulti, dalle polemiche post partita, dalle discussioni spesso vacue e talvolta deprecabili delle tribune sportive televisive, una nota lieta è giunta dal posticipo serale. Allo stadio Olimpico andava in scena Roma – Fiorentina, partita conclusasi con un 1- 1.
Partita che, indipendentemente dal risultato, ha regalato una grossa emozione. Un’emozione per chi ama il calcio, quello giocato, per chi ammira lo sport, per chi sa che sport, e quindi calcio, significano disciplina, sacrificio, rispetto, forza di volontà, capacità di rialzarsi.
Dopo solo 90 secondi va a rete e, con un bel goal, Damiano Tommasi, lo stadio esplode, i commentatori sportivi di qualsivoglia maglia, persino quelli viola, con la voce franta dall’emozione, annunciano il goal del redivivo numero 17 della compagine giallorossa.
Tanto rumore per nulla? Nient’affatto. Un cucchiaio di Totti o i presunti tre rimbalzi sulla traversa di Ronaldinho avrebbero fatto meno rumore. O meglio non avrebbero arrecato brividi lungo la schiena, non avrebbero fatto accapponare la pelle, versare lacrime di commozione.
A segnare non è stato il protagonista della soap della stagione, non è stato un calciatore qualsiasi, ma colui che ha interpretato e interpreta il gioco del calcio per quello che è e dovrebbe essere: UNA PASSIONE, una passione che porta a fare sacrifici e rinunce. Parole sconosciute ai più, che inseguono la fama, facili guadagni e copertine patinate (non ultimi i famosi nazionali di Lippi).
Damiano Tommasi, ex mediano della nazionale azzurra, è uno che non ha alzato particolarmente la voce, anzi. Ma è uno che, con un tono pacato e sempre rispettoso, ha voluto distinguersi dalla massa, affermare la propria opinione e la propria personalità, diventando in passato, anche bersaglio dei suoi stessi tifosi, che lo mettevano alla berlina per la sua fede (dichiarata, ma mai ostentata), per i suoi atti umanitari, per il suo pacifismo ad oltranza, per il suo sposare il motto di Martin Luther King “I have a dream….”.
Damiano Tommasi ha subito un infortunio di quelli che ti segnano, che ti annientano fisicamente e psicologicamente, di quelli che pongono irrimediabilmente fine ad una carriera. Ma ha reagito, ci ha creduto, ha dimostrato a tutti che si può, che abnegazione e forza di volontà possono talvolta contraddire i dispacci medici, le previsioni, le presunte certezze. E lo ha dimostrato continuando ad allenarsi, facendosi trovare pronto non appena il suo mister lo ha chiamato e soprattutto chiedendo espressamente a inizio stagione, viste le sue precarie condizioni di salute, un contratto al minimo sindacale, un contratto da quindicimila euro l’anno, quattrini che un qualsivoglia calciatore, o ex calciatore, percepisce per un solo tiro, o peggio, appena apre bocca in uno dei tanti tribunali sportivi che affollano i palinsesti della nostra televisione.
A Damiano Tommasi era “scoppiato” un ginocchio, durante un’amichevole estiva nell’estate del 2004. Fuorigioco per un’intera stagione, a settembre aveva trovato un accordo con la dirigenza giallorossa: un contratto della durata di dieci mesi al minimo salariale previsto dalla federazione e nessun compenso a gettone. Qualcuno aveva avuto perfino il coraggio di attaccarlo, parlando di mossa studiata a fini pubblicitari, sottolineando che avrebbe guadagnato più di un qualsiasi impiegato, adducendo che tanto era un giocatore finito e avrebbe percepito quella somma, per quanto esigua, in cambio di nulla.
Bene, Tommasi che volendo, sebbene finito, avrebbe potuto riciclarsi in tante maniere come molti nostri calciatori o pseudo calciatori hanno fatto o stanno facendo (vedi Bettarini & co), ha messo a tacere tutti: malelingue, critici, cinici e miscredenti. L’ha fatto con orgoglio, classe e dando un esempio dall’alto valore educativo per tutti gli sportivi e soprattutto per le nuove generazioni
Non è un eroe, perché gli eroi sono quelli che danno la vita per un ideale, ma uno sportivo, uno vero, uno di quelli che vogliono veicolare un solo messaggio: il calcio (lo sport più in generale) vanno amati, vissuti con passione, spirito di squadra, di sacrificio e tanta tanta forza di volontà.
E forse davvero ieri sera una sorta di deus ex machina, qualcuno lassù ha ascoltato questo vero calciatore e gli ha regalato e ha regalato a chi ama il calcio una bella straordinaria emozione. Se è vero che la “domenica sportiva” è stata indigesta per i ben noti motivi di cui sopra è anche vero che Tommasi, il suo gesto, la sua storia ci parlano di un calcio che è ancora degno di chiamarsi tale e che continua a far appassionare milioni di persone in ogni angolo del pianeta. Un calcio che ci fa gioire, urlare ed emozionarci, insomma essere tifosi. Tifosi accaniti, leali, corretti, appassionati.

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