• CRONACA DI UN ADDIO ANNUNCIATO - AZZURRO, IL POMERIGGIO E’ TROPPO AZZURRO E LUNGO • 

20/7/2007

Cerco l'estate tutto l'anno
e all'improvviso eccola qua.
Lei è partita per le spiagge
e sono solo quassù in città,
sento fischiare sopra i tetti
un aeroplano che se ne va.

Azzurro,
il pomeriggio è troppo azzurro e lungo per me.
Mi accorgo di non avere più risorse, senza di te,
e allora io quasi quasi prendo il treno
e vengo, vengo da te,
ma il treno dei desideri
nei miei pensieri all'incontrario va.

(RENATA SCIELZO) - Si è consumato sotto il solleone di luglio un addio da tempo annunciato, che polemiche e frasi dette a metà, interventi a proposito e a sproposito di addetti e non addetti ai lavori, amici e non amici, compagni e non compagni, estimatori e invidiosi, hanno sicuramente contribuito ad affrettare. Forse il diretto interessato ci avrebbe anche pensato un altro po’, ma la fretta – si sa – è cattiva consigliera e, stanco anche lui di “vengo/non vengo”, “gioca/non gioca” “è convocato/non è convocato”, “parla Donadoni, parla Riva, parla Albertini, parla Abete, parla Matarrese”, “interviene Zambrotta e passa la palla a Materazzi, continua Oddo”, si scatena Platini (che pensasse all’addio di Zidane o ancor meglio che stesse zitto), ha detto picche.
"Ho deciso di smettere per non creare alcun problema al gruppo e allo staff tecnico; l'ho presa per motivi fisici e non tecnici. Ho valutato la cosa per un anno dopo il Mondiale e ho deciso di smettere. Per me la mia salute è la cosa più importante. Un tot di partite all'anno non riesco a farle, a qualcosa devo rinunciare. Quindi alla Nazionale. È una decisione che fa più male a me che ad altre persone. A qualcosa devo rinunciare e purtroppo devo dire alla nazionale perché alla Roma non posso, la Roma ha la priorità".
Troppo azzurro e lungo il pomeriggio, troppo azzurro nell’aria.

L’addio era ormai prossimo e di sicuro le tante polemiche sollevate intorno alla questione non hanno contribuito alla serenità di un calciatore da questo punto di vista non troppo maturo e di sicuro - per chi ha imparato ad apprezzarlo - un po’ permaloso. Un altro clima, di maggiore comprensione e apertura, forse avrebbe portato il numero dieci giallorosso ad un altro tipo di decisione, più meditata e meno sofferta.
Perché sbaglia chi pensa che a Totti della nazionale non interessi nulla, sbaglia chi pensa che la neo scarpa d’oro non abbia ancora fame di riscatto e di vittorie, soprattutto con quella maglia che pare essergli stata sempre troppo stretta o ancora essere sempre stata foriera di sventure piccole o grandi. Avrebbe continuato, se solo avesse trovato non quello che ha a Roma e che la sua Roma gli dà, ma un po’ di stima in più, un po’ di affetto sincero.

Ma non siamo qui per fare i difensori d’ufficio di Totti, sarà lui stesso con le sue battute talvolta incomprensibili e con il suo sorriso sornione, o con il volto accigliato del dopo Manchester a spiegare per almeno un altro milione di volte. Inutile negarlo, anche adesso che l’addio è definitivo, che Roma ha avuto la priorità su tutto - come lui stesso ha detto e in molti con sarcasmo ribadiranno - e che tutto sommato di carne da mettere al fuco ce n’è tanta con il calciomercato - pioveranno critiche e domande che si protrarranno per l’intera stagione. Tutta manna dal cielo per giornali, pseudo giornali e salottini televisivi. CRONACA DI UNA NOIA ANNUNCIATA.

Torniamo all’addio. Un addio che alcune immagini farebbero rivivere in maniera più vivida e completa, meglio ancora se accompagnate dalle tante, troppe dichiarazioni e dicerie su una delle questioni che ha tenuto più banco nell’ultima stagione calcistica (e da qui a posteriori si deduce quanto poco entusiasmante sia stato il campionato appena trascorso). Vorremmo avere la possibilità di utilizzare tutte le forme di comunicazione per alternare cucchiai e sputi, occhi di ghiaccio contro l’Australia e tiri sbilenchi nelle prime partite mundial, polemiche ravvicinate e a distanza. Ci scapperebbero qualche lacrima e un po’ di risate per un caso creato ad arte dai nostri media, in cui tutti hanno detto la loro e che si sarebbe potuto risolvere con poche telefonate e qualche dichiarazione.
E’ invece ne è venuta fuori una telenovela degna della nostra Italietta del pallone, quella stessa che compra i giornali scandalistici e segue ancora gli sviluppi della liaison Albano – Lecciso, quella stessa che trova persino da ridire sul nome che Totti dà ai propri pargoli.

Basterebbe poco per capire. Basterebbe accendere play sulla traccia di Azzurro, la celebre canzone di Paolo Conte, magistralmente interpretata dal molleggiato di casa nostra, per capire Totti e la nazionale, per capire Totti e l’azzurro, per capire che Totti non è un calciatore viziato, è un calciatore tifoso. E le due cose sono ben diverse. Nulla vieta che si possa condividere o biasimare il suo atteggiamento, ma lo ribadiamo, è tifoso. Ha Roma e la Roma nel cuore, ha fatto una scelta che ha perseguito fino alla fine…ed è così: PRENDERE O LASCIARE. POLLICE SU O POLLICE VERSO.
Obiezioni certe: sarà chiamato in causa Daniele De Rossi, atteggiamento diverso, ossequioso, qualche stagione orsono ottimi risultati in nazionale e più discutibili nella Roma. Tutto vero e giusto. Peccato che a Daniele sia stato sempre riconosciuto il suo talento, peccato che Daniele sia stato sempre portato sugli allori da media ed esperti. Anche in occasione delle brutta gomitata mundial è stato perdonato, tutto è stato come dimenticato. Ha persino timbrato la vittoria ai rigori…ma se quella gomitata l’avesse rifilata Totti al malcapitato di turno…sarebbero ancora fulmini e saette…
Onde evitare fraintendimenti chiariamo subito che a De Rossi riconosciamo tutto quello che c’è da riconoscere, tra cui anche la fortuna e il privilegio di avere un rapporto più disteso con la stampa e di veder riconosciuta e stimata la sua bravura. Totti no. Totti ha sempre fatto parte di quel manipolo di giocatori che non rientrano nel novero di “THE UNTOUCHABLES” quanto nel novero di “suonare la carica = dargli addosso”. Sebbene con dei distinguo, come Del Piero o come Baggio, andando un po’ indietro nel tempo. Insomma come i migliori campioni di casa nostra. Forse aveva ragione il buon Oscar Wilde: “che se ne parli bene o che se ne parli male, l’importante è parlarne”?

Il pomeriggio è stato davvero troppo azzurro e lungo, Totti quel treno, nonostante quello dei desideri andasse all’incontrario, l’ha preso, e in questa calda estate romana è arrivato al capolinea e ha scelto lei (mi accorgo di non avere più risorse senza di te..e allora io quasi quasi prendo il treno e vengo vengo da te…): la sua Mamma Roma. Prego signori ultima fermata, accomodarsi e non dimenticare i bagagli a bordo. HAPPY END.
E se il viaggio è stato lungo, stancante e noioso…chiediamo venia anche noi, finalmente il treno è arrivato.
Godetevi le vacanze ed esercitatevi con l’inglese:
“Ah! Don’t say you agree with me. When people agree with me I always feel I must be wrong”.
 

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