6/4/2008
(EDUARDO LETIZIA) - Se questa di oggi fosse
stata una partita di inizio o metà
campionato la conseguenza di una prestazione
del genere sarebbe dovuta essere la cacciata
dell’allenatore e la sostituzione dei dieci
undicesimi della squadra. Invece una
spiegazione, che tuttavia non può
giustificare gli azzurri, alla disfatta
odierna c’è: la prevedibile differenza di
motivazioni tra le due formazioni. Il Napoli
è infatti entrato in campo senza voglia,
privo di qualsiasi volontà di rendere
difficile la conquista dei tre punti al
Catania. I siciliani, da parte loro, hanno
invece fin dal primo momento impresso il
loro ritmo alla gara ed hanno saputo
sfruttare al meglio le palesi difficoltà
tattiche degli azzurri. Il 4-5-1 mandato in
campo da Zenga ha difatti annullato il
centrocampo azzurro e la mossa di schierare
Vargas più avanzato, nella posizione di ala
sinistra, ha praticamente fatto saltare
tutti i meccanismi difensivi della
retroguardia di Reja. Un Mannini in palese
difficoltà in fase difensiva ed un
Santacroce in posizione ibrida tra settore
centrale e di destra difensivo hanno
consentito all’esterno peruviano di fare il
bello e il cattivo tempo sul suo lato. Le
cose non sono andate meglio in altre zone
del campo; nel centro Cannavaro e Domizzi
sono parsi terribilmente in affanno al
cospetto del solo Spinesi, mentre sulla
destra Colucci, con l’aiuto delle
sovrapposizioni di Sardo, mandava
sistematicamente in crisi Savini.
Anche in fase di costruzione le difficoltà
del Napoli sono state enormi. Al centro
Gargano e Hamsik si sono fatti notare
esclusivamente per la loro imprecisione e
svogliatezza, mentre Pazienza, pur
risultando oggi paradossalmente il più
propositivo, non è un giocatore in possesso
di caratteristiche che gli consentano di
creare seri pericoli alle difese avversarie.
In avanti le uniche iniziative nascono da
giocate di Lavezzi. Soprattutto nella
ripresa il Pocho cercherà continuamente di
andare a prendere palla in mezzo al campo
per tentare di costruire e concludere da
solo azioni degne di nota, vista la
collaborazione nulla da parte dei compagni
di reparto. Né con il 3-5-2-, né con il
passaggio al 4-3-3, con lo spostamento di
Mannini sul settore sinistro dell'attacco,
la squadra è riuscita a mettere in
difficoltà l’ottima retroguardia rossazzurra,
in cui Sardo, Terlizzi, Stovini e Sabato
sono parsi ostacoli insormontabili, seppur
favoriti da un Sosa che oggi più che la
prima punta del Napoli sembrava il quinto
difensore del Catania.
Qualcosa in più gli azzurri sono riusciti a
creare sul 3-0, a partita ormai chiusa,
quando con l’ingresso di Calaiò la squadra
si è schierata con un tridente in cui
Lavezzi agiva alle spalle del Pampa e del
nuovo entrato. Tuttavia se l’ingresso di
Calaiò ha donato un nuovo sbocco tattico
alla squadra, d’altra parte la sua
prestazione è stata macchiata da due errori
macroscopici, di cui uno a porta vuota ed
uno a tu per tu con Polito. Probabilmente
nella ripresa gli azzurri avrebbero meritato
almeno la rete della “bandiera”, ma senza
dubbio la sconfitta rimane ampiamente
meritata.
Quello della mancanza di motivazioni
comunque non potrà essere un alibi per le
prossime gare di campionato. Seppur la
salvezza pare un traguardo acquisito è
improponibile affrontare il finale di torneo
con una mentalità del genere.
Questa gara deve inoltre servire da lezione
in chiave futura. Giocatori come Gargano e
Hamsik hanno dimostrato nell’arco della
stagione di possedere buone qualità, ma dei
limiti enormi dal punto di vista della
costanza e della maturità, come oggi è parso
evidente. Se si vorrà davvero fare un salto
di qualità nella prossima stagione, a parte
3-4 elementi di altissimo livello, si dovrà
pensare a rifinire l’organico con giocatori
che possano dare il cambio a questi giovani
nei loro periodi di scarsa forma. Se poi si
vorrà fare un altro campionato di
centro-classifica il discorso è differente.
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