4/11/2007
(EDUARDO LETIZIA) - Al cospetto della
modesta Reggina il Napoli ha confermato i
timori della vigilia di chi temeva che,
contro squadre tecnicamente inferiori, gli
azzurri faticassero a trovare stimoli
importanti per esprimere il bel calcio messo
in mostra contro le cosiddette grandi. Non
si tratta però, com’è ovvio, solo di una
problematica squisitamente mentale, le
motivazioni di tali difficoltà vanno
ricercate anche, e soprattutto, in dinamiche
tecniche. Il Napoli è una squadra che, per
caratteristiche dei propri uomini, riesce a
dare il meglio quando può agire in velocità
sulle ripartenze, sfruttando la profondità
che riesce a dare alla squadra Lavezzi, le
sponde di Zalayeta e gli inserimenti dei
centrocampisti. Quando invece la squadra si
trova obbligata a fare la partita, nelle
gare in casa o contro avversari inferiori,
quando si va incontro a formazioni schierate
con dieci uomini dietro la linea del
pallone, gli spazi per gli inserimenti vanno
restringendosi e nascono le difficoltà. A
questo punto emerge, per il Napoli, la
carenza di determinati tipi di giocatori,
ovvero di esterni capaci di saltare l’uomo e
mettere palloni precisi al centro e di un
cinico attaccante d’area di rigore che
concretizzi al meglio ogni opportunità.
Nonostante ciò, oggi nel primo tempo gli
azzurri avevano dominato l’avversario
creando anche un buon numero di nitide palle
gol, non concretizzate, probabilmente,
proprio per l’assenza di un bomber concreto
di cui s’è detto prima. Il secondo tempo è,
invece, emersa la Reggina e le azioni
offensive degli azzurri hanno perso
continuità. La rete degli amaranto ha
indotto Reja a cambiare modulo. La squadra
passa al 4-3-3 tramite la mossa, poco
felice, dell’innesto di Sosa al fianco di
Zalayeta e Lavezzi. Come già ravvisato in
altre circostanze, dopo pochi minuti, la
compresenza di due torri in area che
intasava troppo gli spazi, induce Reja a
ritornare sulle proprie decisioni, inserisce
così Calaiò al posto di Zalayeta, piazzando
il palermitano sul fronte destro
dell’attacco e Lavezzi sulla sinistra. Il
cambiamento tattico però non apporta
benefici alla squadra, il solo a dimostrare
di poter cambiare le sorti del match è il
solito Lavezzi, nella circostanza non
aiutato nemmeno da Hamsik, autore di un
secondo tempo largamente insufficiente. È
proprio dal Pocho che arriva la rete nel
finale e, grazie a una sua azione
individuale qualche minuto prima, il rigore
del possibile pareggio, che Calaiò si
imporrà di battere, sbagliandolo. Stendiamo
un velo pietoso sulla decisione del numero
11 napoletano di sostituirsi a Domizzi in
occasione della battuta del rigore. Saranno
già tante le critiche che si abbatteranno su
di lui in questa settimana. Certo è che
questo stato di cose che si è venuto a
creare non fa bene né a Calaiò né al Napoli.
Emanuele, probabilmente, si sente un
giocatore all’altezza della situazione e
vorrebbe avere più spazio nella squadra.
Reja evidentemente non lo ritiene adeguato a
ricoprire un ruolo da titolare e, spesso, le
prestazioni dell’attaccante gli danno
ragione. È pur vero che in pochi minuti è
difficile per Calaiò essere determinante (in
positivo intendiamoci), ed il nervosismo e
la frenesia di far bene lo porta talvolta a
far danni, come è successo oggi. Per tale
ragione, in un modo o nell’altro, questa è
una situazione che va risolta: o il
centravanti azzurro si rassegna ad un ruolo
di comprimario o, qualora si stabilisse di
non voler puntare su di lui con decisione,
potrebbe essere utile per entrambe le parti
trovare una soluzione tecnica alternativa.
|