17/1/2008
(EDUARDO LETIZIA) - Stasera gli azzurri
avevano l’occasione di cancellare la
disastrosa gara di Milano e di dare una
piccola soddisfazione ai propri tifosi, al
cospetto di una Lazio molto più simile ad
una squadra di serie inferiore anziché
quella che lo scorso campionato si era
classificata al quarto posto subito dietro
le grandi. Anche questa sera, invece, il
Napoli ha fallito la sua missione,
dimostrando per l’ennesima volta, sotto gli
occhi di un Marino probabilmente
soddisfatto, tutti i limiti e le lacune che
i nostri presentano dall’inizio del
campionato.
Per un ora di gioco gli azzurri hanno
disputato una gara pessima. La squadra non
lasciava intravedere alcuno spiraglio di
gioco. La qualità in mezzo al campo
scarseggiava come neve nel Sahara ed una
qualsiasi azione degna di tal definizione
rimaneva un vago miraggio nei sogni dei
tifosi presenti allo stadio. Questo perché
nulla si potrebbe pretendere da una squadra
incapace di sveltire la manovra in mezzo al
campo e senza esterni di fascia capaci,
quantomeno, di non far danni. Grava e Rullo
sugli esterni hanno gareggiato a chi
riusciva a sbagliare più palloni. In mezzo
al campo il buon Gargano si rivelava ottimo
distributore di palloni per i giocatori
laziali, ridestandosi solo nella ripresa
grazie ad un paio di buone accelerazioni. In
attacco Il Panterone non degnava i suoi
compagni di una minima accelerazione ed il
povero Calaiò si affannava in avanti alla
ricerca di qualche buon pallone, ma al
momento in cui ne conquistava uno, non
trovava compagni con cui giocare, finendo
inevitabilmente tra le fauci dei difensori
biancocelesti. In difesa, dove i due esterni
non davano mai una mano ai tre centrali, per
fortuna bisognava contenere Tare e Vignaioli
che, con tutto il rispetto, non sono certo
giocatori che possano mettere in difficoltà
una retroguardia di serie A. Ecco così che
mossi da velleità misericordiose, di tanto
in tanto, qualche difensore napoletano,
soprattutto Contini, cercava di servire le
due punte avversarie con qualche disimpegno
suicida.
Questo accadeva per tutto l’arco del primo
tempo, in cui, l’unico tra gli azzurri
meritevole di una sufficienza risultava Sam
Dalla Bona, elemento messo probabilmente
troppo in fretta ai margini della prima
squadra.
Nella ripresa cambia poco, anzi, nel momento
in cui il Napoli cercava di impegnarsi a
infastidire un minimo la Lazio, questa
passava in vantaggio gettando nello
sconcerto i tanti tifosi accorsi al San
Paolo. Da questo momento in poi finisce la
partita del Napoli ed inizia quella di
Lavezzi. Con l’ingresso del Pocho la squadra
di Reja cambia volto, vista anche l’uscita
di Rullo e Grava. Al posto del terzino
casertano entra Garics che, seppur manchi di
precisione al momento del cross, al cospetto
di chi gli faceva posto, sembrava un
fuoriclasse. La squadra passa dunque ad un
4-3-3 con il tridente composto da Lavezzi,
Zalayeta e Calaiò e Domizzi spostato sulla
sinistra nella difesa a quattro. La tattica
di Reja pareva ora evidente: palla a Lavezzi
e speriamo bene. In effetti el pocho
cominciava subito a creare grattacapi alla
difesa avversaria e dava vitalità ad una
squadra, fino a quel punto, piatta ed
evanescente. Il problema è che purtroppo
Lavezzi non poteva agire anche da difensore
e dunque, talvolta, si assisteva a singolari
circostanze in cui la retroguardia azzurra
riusciva a subire azioni di contropiede
dall’albanese Tare, che non definiremmo
propriamente un fulmine di guerra…
A forza di cross e di giocate del Pocho, e
grazie alla complicità del buon Muslera, gli
azzurri riuscivano a raggiungere il
pareggio, ma non sapranno andare oltre
questo risultato che comunque condanna
all’uscita dalla coppa gli azzurri.
Alla luce di questa gara si è capito una
cosa. Dire che il Napoli è
Lavezzi-dipendente sarebbe riduttivo…per
Lavezzi. Ci sembra infatti più opportuno
dire che il Napoli sia Lavezzi, almeno in
questa fase della stagione. La squadra di
Reja, priva di esterni capaci di creare
gioco sulle fasce e sprovvista di un regista
di qualità in mezzo la campo, dimostra
palesemente di basare tutte le proprie
iniziative offensive sul suo fuoriclasse,
assistito talvolta dal solo Hamsik, la cui
assenza stasera si è sentita
particolarmente. È un Napoli, quello
dell’ultimo periodo, che pare anche aver
perso la propria tranquillità difensiva,
nonostante la retroguardia schierata con
cinque elementi, e che in mezzo al campo
solo a sprazzi ripropone la grinta e la
lucidità di inizio torneo. Bisogna ritrovare
al più presto lo smalto di inizio torneo e
sarebbe altresì opportuno ricorrere al
mercato per colmare le evidenti lacune
nell’organico. La squadra necessita di
terzini. Giocatori come Balzaretti e Modesto
sono solo due esempi di elementi che
sarebbero adatti al modulo di Reja. Serve
un’alternativa a Lavezzi, un uomo capace di
accendere la luce nell’attacco del Napoli
quando manca il Pocho. Foggia sarebbe il
giocatore adatto, ma questi non sembra mai
essere rientrato nelle grazie di Marino,
quindi quello di Lodi potrebbe essere un
nome più accessibile, che porterebbe poi
alla corte di Reja, finalmente, un giocatore
letale sui calci da fermo. Occorrono inoltre
due innesti a centrocampo: un regista che
sappia dettare i tempi alla squadra e un
incontrista che possa sostituire degnamente
Blasi durante i suoi frequenti turni di
squalifica. I candidati per tali ruoli ci
sarebbero, da Ahumada a Pazienza, ma pare
difficile che Marino voglia concludere
operazioni in questa zona del campo, a meno
che non si lasci partire Dalla Bona, ipotesi
questa che, dopo le due gare in coppa, ci
pare più remota di quanto potesse pensarsi.
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