30/11/2008
(MARIO IPRI) - La nostra rubrica settimanale
del Saliscendi vede per l’ennesima volta el
Pocho Lavezzi protagonista positivo, mentre
per quanto riguarda il peggiore questa
settimana il pollice verso è rivolto nei
confronti dell’atteggiamento della squadra
nei primi trenta minuti del match in
generale, e nello specifico a Marek Hamsik.
Ma partiamo da Lavezzi. Il funambolo
argentino come sempre è stata la spina nel
fianco degli avversari, dando la sensazione
di poter creare qualcosa ogni volta che
riceveva palla. Ed infatti è stata proprio
un’azione da lui innescata e conclusa,
coadiuvata dal compagno di reparto Zalayeta,
a riaprire il match nel finale del primo
tempo: assist di prima per il Panterone che
ricambia con un tacco, e cucchiaio a
superare Julio Cesar. Bisogna poi
considerare il fatto che sia riuscito a
incutere sempre e comunque timore nella
retrovia nerazzurra nonostante la partita
pressocchè perfetta di Samuel, procurandosi
diversi falli e rimediando anche un dubbio
cartellino giallo per simulazione.
Il Pocho ha dato dunque ulteriore prova di
essere campione vero, anche contro stelle di
primissima caratura. Se Lavezzi risponde
presente all’appuntamento con l’agonismo,
non si può certo dire lo stesso dei suoi
compagni di squadra
Quello che non ha convinto della partita di
oggi è stata l’ennesima promessa non
mantenuta di dar battaglia a chiunque anche
fuori casa. Il Napoli è partito troppo
basso, facendosi schiacciare dall’Inter che
convola a nozze con le squadre che le
permettono di dar risalto alla fisicità dei
suoi campioni. Anche i due esterni di
centrocampo, in particolar modo Mannini a
inizio gara e Maggio un po’ per tutti i
novanta minuti, si sono preoccupati quasi
esclusivamente di coprire, e anche quando si
sono proposti in avanti sono apparsi nervosi
e troppo timorosi di sbagliare anche il più
elementare dei passaggi.
L’icona di questa paura di comportarsi in
maniera sfrontata fuori dalle mura amiche è
stato Marek Hamisk, praticamente mai in gara
e, cosa più grave, apparso totalmente privo
della sua caratteristica vincente, la
personalità. I palloni toccati dallo
slovacco si contano sulle dita delle mani,
mentre i suoi classici inserimenti neanche
su quelle di una.
Per fortuna le squadre dietro gli azzurri
oggi hanno rallentato tutte, ma ciò su cui
deve lavorare Reja è sicuramente l’approccio
della sua squadra nelle partite in
trasferta, dove si può e si deve fare molto
di più.
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