QUATTRO CALCI DI COERENZA

 

     

Far valere il Codice Civile a commi alterni per risparmiare il più possibile ed evitare il ricorso alle fidejussioni bancarie. E’ la filosofia di Luciano Gaucci applicata al contratto di affitto d'azienda, escogitato per far restare il Napoli in serie B. Una nuova battaglia contro la Federcalcio e le sue regole. La prossima parola spetta al Coni e poi, eventualmente, al Tar del Lazio e al Consiglio di Stato. Un punto è difficilmente contestabile: il Codice Civile vale più di qualunque regolamento calcistico, da quando, nel 1996, le società di calcio sono state trasformate in Spa a fini di lucro. E dunque non ha più senso pretendere il rispetto delle Noif (le norme organizzative interne federali), che vietano il fitto d’azienda. Per l’articolo 52, «in nessun caso il titolo sportivo può essere oggetto di valutazione economica o di cessione». Nell’articolo 16 si legge che «costituisce grave infrazione all'ordinamento sportivo la violazione dei fondamentali princìpi, quali la cessione o comunque i comportamenti intesi a eludere il divieto di cessione del titolo sportivo». Al contrario, il Codice Civile prevede questa fattispecie: ma non secondo la convenienza di Gaucci. I termini dell'accordo, stipulato con l'amministratore unico della Ssc Napoli, Paolo Bellamio, sono noti: Gaucci verserà, tramite la nuova società Napoli Sportiva, cinque milioni di euro come affitto annuo per cinque anni, più 21 milioni nel 2009 per il riscatto. In cambio, otterrà il Centro Paradiso di Soccavo, il marchio e i dipendenti. Lascia i debiti alla vecchia gestione. L'accordo è subordinato a una condizione principale: il Napoli dovrà essere iscritto alla serie B. C’è un'altra clausola importante: i debiti pregressi dei calciatori saranno pagati solo per il 30% e quelli futuri per la metà. Il Napoli ha ancora 18 giocatori sotto contratto oltre all'ex allenatore Franco Scoglio. Ma cosa dice il Codice Civile, tanto invocato da Gaucci, al primo comma dell'articolo 2112, nella versione più recente introdotta dal decreto legislativo 18 del 2 febbraio 2001? «In caso di trasferimento d'azienda, il rapporto di lavoro continua con il cessionario e il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano. Il cedente e il cessionario sono obbligati, in solido, per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento». Si potrebbe eccepire che il testo parla di «trasferimento d'azienda». Ma nello stesso comma è specificato che «si intende per trasferimento qualsiasi operazione che comporti il mutamento nella titolarità di un'attività economica organizzata, a prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base dei quali il trasferimento è attuato, ivi compresi l'usufrutto o l'affitto d'azienda». Dunque, altro che tagli del 70% e del 50%. Altro che debiti lasciati in carico alla Ssc Napoli. Altro che calciatori da scaricare. Curiosità: lo stesso decreto legislativo prevede, a modifica dell'articolo 47 della legge 428 del dicembre 1990, che, nelle aziende con più di quindici dipendenti, in caso di trasferimento dell'azienda, il cedente ed il cessionario debbano darne «comunicazione per iscritto almeno 25 giorni prima» del perfezionamento del contratto. Altrimenti si parla di comportamento anti-sindacale: se accertato, il rischio è quello di un'ammenda. Nessun avviso è giunto, né all'Assocalciatori né alla Camera del Lavoro di Napoli. Quisquilie e pinzellacchere, avrebbe commentato Totò. E le garanzie prestate? Un’ipoteca sulla Concord Service Immobiliare, società il cui valore sarebbe di 12 milioni di euro. Il Tribunale aspetta una perizia. Non sarebbe stato più credibile fare l’operazione con una banca, ottenendo una fidejussione?  Troppo costoso, nella migliore delle ipotesi. Ineffabile Luciano Gaucci. La coerenza non è il suo tratto distintivo: l’estate scorsa lottava spavaldo nelle aule dei tribunali per mantenere in serie B il «suo» Catania a spese del Napoli. Una macchinazione ordita, per il presidente del Perugia, dall'acerrimo nemico Franco Carraro: «Conflitto d'interessi. Come Mediocredito centrale dà i soldi a Napoli e Lazio, poi fa di tutto per salvarle- sentenziava al settimanale L'Espresso- Per carità, non sono nato ieri, si tratta di grandi club, realtà importanti, capisco dargli una mano. Non ci sto quando, per salvare il tuo Napoli, affossi il mio Catania». Vabbè, si dirà, chi ha stabilito che la coerenza sia necessariamente un pregio? E, a distanza di un anno, può capitare di cambiare idea. A Gaucci, accade però nella stessa giornata: da presidente del Perugia ricorre perché il Parma sarà iscritto alla serie A, anzitutto grazie all'applicazione di una legge dello Stato, la cosiddetta Marzano. Da presidente della Napoli Sportiva ricorre perché la Federcalcio non vuole applicare le leggi dello Stato sull'affitto del ramo d'azienda. Anche in questo caso, quanto a scarsità di coerenza, nulla può essere addebitato a Gaucci: non è lui il rappresentante legale del Perugia, ma il figlio Alessandro. 

 

Salvatore Napolitano                                     19/07/2004

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