(EDUARDO
LETIZIA) - La 5-5-5... Questa di
“longombardiana” memoria mi pare, facendo
due rapidi conti, l’unico modulo che non ha
azzardato oggi Reja per tentare di evitare
l’ennesima figuraccia. Ebbene: obiettivo
fallito, nonostante la grazia ricevuta da
San Bogliacino questo pareggio rappresenta
solo un'ulteriore prova di come Reja sia
ormai alla deriva e non riesca più a tenere
salde le redini della sua squadra. Di
settimana in settimana la situazione per gli
azzurri si fa sempre più pericolosa e
continuando così ci si potrebbe ritrovare un
sabato fuori dalla zona play-off ed allora
sarà forse troppo tardi per correre ai
ripari.
Si diceva che oggi il buon Reja ha un po’
sperimentato tutti i moduli possibili
sperando di imbeccare prima o poi, se non
fosse altro per una questione statistica,
quello adatto; procediamo ad analizzarli,
per quanto possibile, con ordine.
La squadra è scesa in campo con il 3-4-3,
rispolverando dopo mesi il tridente, senza
però inculcare nei giocatori i movimenti
adatti per renderlo letale. Il risultato era
che De Zerbi ogni tanto andava a prendersi
qualche palla all’altezza del centrocampo
per poi perderla pochi metri dopo, Calaiò
vagava esule ed inoffensivo sul fronte
sinistro dell’attacco, posizione dalla
quale, da anni ormai, ha dimostrato di non
riuscire a rendersi pericoloso e Bucchi,
come al solito, vagava tristemente da solo,
in cerca probabilmente di nuove amicizie tra
i difensori baresi. Il resto della squadra
si disponeva con la difesa titolare,
abbandonate le bizzarre pretese di
trasformare Domizzi in Falcao, e con a
centrocampo la lieta novità dell’esclusione
di Dalla Bona, al quale veniva preferito un
Amodio parso oggi troppo lento e meno utile
di quello che avevamo lasciato in panchina
mesi fa. A mantenere in piedi la “baracca”
nel primo tempo rimanevano i soli Savini,
davvero positivo sull’out di sinistra e
Bogliacino, oggi in versione Holly Hutton (i
più giovani hanno ben presente l’eroico
numero dieci del cartone animato
giapponese), che da solo cercava in mezzo al
campo di inventare qualcosa per mettere in
difficoltà la squadra di Mr. Materazzi.
Considerando lo squallore generale del primo
tempo al ritorno in campo nella ripresa,
trovandosi sotto di una rete, Reja decide di
cambiare. Esce Savini, come detto tra i
migliori nel primo tempo, ed al suo posto
entra Dalla Bona. Il modulo si trasforma in
un 4-2-1-3 con Bogliacino spostato dietro le
tre punte e con Domizzi a fare da quarto a
sinistra nella difesa a 4. Questo assetto
però cambierà subito dopo pochi minuti. Con
l’ingresso in campo di Trotta al posto di De
Zerbi la squadra passa al 4-4-2. Bogliacino
stavolta è dirottato sulla sinistra e Trotta
si posiziona sulla destra. Nulla cambia dal
punto di vista tattico con l’ingresso di
Sosa al posto di Bucchi, la sola differenza
“tecnica” è parsa oggi nel fatto che Bucchi
fino a quel momento era parso del tutto
inutile alla causa partenopea, Sosa invece
si rendeva prezioso prendendo le barelle da
fuori al campo. Come dire il Pampa sa sempre
come rendersi utile.
In pratica le sorti degli azzurri sono come
al solito affidate all’assedio finale ed
alle palle buttate “in the box” per la testa
di qualcuno. Per fortuna dei napoletani una
di queste palle catapultate dalla destra da
Trotta, utilizzato sempre troppo poco,
finisce sui piedi del migliore in campo,
Bogliacino, che riesce a firmare un pareggio
che preserva l’imbattibilità interna del
Napoli, ma non cancella l’opaca prestazione
degli azzurri, giunta, l’ennesima, in un
momento cruciale del campionato, in una gara
in cui era necessario vincere in vista dei
prossimi, e ben più ardui, scontri diretti
contro Bologna e Juventus.